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Benevento, 19-03-2025 15:06 ____
I gravi dissesti sismici non sono un problema strettamente locale che possa risolversi con interventi circoscritti a quel territorio traballante
Non bastano i pur indispensabili interventi di emergenza, serve invece un vero e proprio piano di riequilibrio territoriale tra fascia costiera e dorsale appenninica. E' giunto il momento di convincerci che potranno essere proprio le zone interne a salvare l'area metropolitana esposta a tanti disastrosi rischi
di Roberto Costanzo
  

Non è facile capire che i gravi dissesti sismici, che negli ultimi tempi colpiscono ripetutamente l'area dei Campi Flegrei (nella foto la Protezione Civile), non sono un problema strettamente locale che possa risolversi con interventi circoscritti a quel territorio storicamente traballante.
Non bastano i pur indispensabili interventi di emergenza, serve invece un vero e proprio piano di riequilibrio territoriale tra fascia costiera e dorsale appenninica.
In verità, oltre a chi si preoccupa soltanto dell'emergenza, vi è pure qualcuno, come Giannola, che parla di "ricollocazione sull'asse Napoli-Bari della popolazione partenopea a rischio... piuttosto che congestionare centro e periferie dell'area metropolitana... puntando proprio sulla valorizzazione delle aree interne".
Allora è giunto il momento di convincerci che potranno essere proprio le zone interne a salvare l'area metropolitana esposta a tanti disastrosi rischi.
Quello che leggiamo sulla stampa ci riporta alla mente i piani di fuga predisposti già una decina di anni fa per far fronte ai danni di una probabile eruzione del Vesuvio.
Si pensava anche a un esodo forzato, sia dai colli del Vesuvio che dai Campi Flegrei, con sfollamenti della dimensione di ben oltre un milione di persone, di cui 550mila dall'area strettamente napoletana (lo dice appunto Giannola, che è presidente dello Svimez).
Tanto premesso, dovremmo chiederci se è possibile per i Campi Flegrei e per i colli del Vesuvio, esposti agli incontenibili rischi attuali e prossimi futuri, continuare a sopportare un eccessivo insediamento prodotto dalla presenza del 60% della popolazione campana su uno spazio che rappresenta soltanto l'otto per cento della superficie regionale.
In una simile situazione è ovvio che l'instabilità del suolo diventa più pericolosa e meno controllabile.
Indubbiamente, in caso di emergenza si deve innanzitutto pensare a salvare vite umane ma quando finirà l'emergenza non dovremo credere che tutto sia risolto e sistemato, in quanto è proprio quello il momento di impostare una più razionale gestione del territorio.
Non è possibile che in una simile rischiosa area vi sia una concentrazione umana di circa tremila abitanti per chilometro quadrato a fronte di una media regionale di 400 e di soli 110 nelle aree appenniniche.
Una concentrazione umana determinata anche dagli eccessivi insediamenti di servizi quali i policlinici, le sedi universitarie ed altri impianti e infrastrutture.
Occorre quindi un'urbanistica antisismica nell'ambito di un organico piano di assetto territoriale, fondato sul riequilibrio tra le varie zone della regione.
Qui non si vuol dire che i disastri del terremoto dei Campi flegrei e dell'eruzione del Vesuvio potrebbero essere impediti e resi meno dannosi soltanto da un programma di sviluppo delle zone interne.
Tuttavia è incontestabile che certi eventi catastrofici provocherebbero meno danni su un territorio poco intasato.
Appunto per superare l'intasamento dell'area metropolitana è necessario spostare una parte consistente di strutture e infrastrutture verso le aree interne; non solo fughe di popolazione.
E' fuor di dubbio che una concreta rianimazione della dorsale appenninica contribuirebbe a rendere più vivibile e meno pericolosa la fascia costiera.
Va detto infine che per assicurare questo ruolo alle aree interne certamente non possono bastare le misure del Servizio Nazionale Aree Interne (Snai), ossia piccoli progetti di sostegno ai piccoli Comuni, così come non possono bastare i consolidamenti edilizi e l'organizzazione delle fughe di emergenza di popolazione dall’area metropolitana.
Questa non vuole essere una proposta di rianimazione delle zone interne fondata sulla desertificazione, cosa impossibile, dell'area metropolitana ma soltanto un'idea per riportare quel territorio ad una civile ed efficiente condizione attraverso una razionale ed equa politica di insediamenti, ossia un riequilibrio di tutta la regione.
La Campania, per far valere la propria grandezza e far fronte ai disastri del bradisismo e dell'eruzione vulcanica, deve saper valorizzare la parte più estesa e più ricca del suo territorio, ossia la dorsale appenninica che rappresenta il 75% della superficie regionale e dispone d'immense risorse che finora non sono state adeguatamente valorizzate, anzi sono state soltanto sfruttate.

comunicato n.169700



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