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Benevento, 25-01-2025 15:26 ____
Che amarezza registrare l'abbandono alla devastante follia dei vandalizzatori di una struttura che fu simbolo della capacita' attrattiva del Taburno
Anche per il rispetto che si deve a chi nel secolo scorso guardo' con grande fiducia alla risorsa forestale, ambientale e turistica di queste nostre montagne, ci si dovrebbe preoccupare di bloccare il triste abbandono e l'incomprensibile scempio in cui sono ridotti quello spazio e quell'edificio. Ci sara' qualcuno che si senta autorizzato ad andare a murare quelle porte e finestre sbrancate ed innanzitutto a rendere ne' superabile ne' apribile il cancello?
di Roberto Costanzo
  

Qualche innamorato della montagna innevata se ne sarà andato, in questi giorni, in giro sui monti del Taburno (nella prima foto in basso è proprio Costanzo in auto sulle nevi del Taburno) per gustare la veduta e l'aria di un bel bosco pitturato di neve.
La scorrevole strada dal Taburno a Camposauro è diventata quasi impraticabile a causa della nevicata, per cui si è obbligati a fermarsi e ad osservare le immense secolari piante di faggi che tendono ad abbassare i lunghi rami innevati.
La foresta del Taburno in linea di massima è ben curata e ben tutelata, senza soluzione di continuità dai tempi degli anni Cinquanta del secolo scorso, quando divenne foresta demaniale statale.
Successivamente, negli anni Settanta, passò alla Regione Campania, che senza cambiare granché sia nei boschi che negli accoglienti impianti turistici, continuerà comunque a dedicare notevole attenzione al Taburno come ad altre montagne.
Ciò si accentuò durante il trentennio di dirigenza di Guido De Filippo, prima come comandante del Corpo Forestale provinciale e poi come primario dirigente regionale di tutto il sistema montano e forestale.
Fu nella seconda metà degli anni Cinquanta che si avviò una vera e propria strategia di sviluppo turistico montano dell'area del Taburno, appunto all'epoca in cui Mario Vetrone era sottosegretario al Ministero Agricoltura e Foreste.
Fu allora che furono realizzati la strada rotabile che parte dalla provinciale Campoli-Montesarchio, e quindi l'impianto turistico alberghiero del Monte Taburno: Una struttura unica in quei tempi, per ampiezza, funzione ed estetica.
Difatti per tutti gli anni Sessanta ed anche nel decennio successivo, quell'area turistica sarà molto frequentata sia d'estate che d'inverno.
Furono costruiti molti villini privati che erano occupati anche per i fine settimana.
Negli anni Settanta, ad opera della Regione, oltre ad ampliare i lavori geoambientali furono migliorate le infrastrutture viarie, collegando direttamente il Taburno con Camposauro e quindi con la Valle Telesina da una parte e con quella Vitulanese dall'altra.
Quell'attraente ostello (dalla sesta foto in basso, dell'archivio storico di "Gazzetta", le immagini del suo antico splendore negli anni Settanta mentre nell'ultima è il rifacimento di "oggi" che solo all'apparenza restituisce dignità a quel luogo) fu sede non solo di eventi privati, matrimoni ed altro, ma anche di manifestazioni culturali e politiche, con l’intervento di note personalità nazionali. Fu anche sede di una Festa nazionale della Montagna.
Questa, sommariamente, è la storia della seconda metà del secolo scorso, allorquando con il sostegno del Ministero dell’Agricoltura e della Regione Campania il Monte Taburno era diventato un sito turistico di grandi prospettive.
La situazione di oggi non è più quella del secolo scorso e non solo perché l’attività turistica alberghiera è finita, ma quello che più rammarica è il triste abbandono in cui è ridotto l'edificio, il grande edificio, dell'Hotel Taburno.
Un amatore di montagna che in questi giorni si recasse lungo quella strada innevata e si fermasse ad osservare la bellezza degli alberi di faggio superimbiancati di neve, sentirebbe aumentare in sé l’attrazione per il Monte Taburno, ma se si fermasse all’ingresso di quel che rimane dello spazio dell’albergo, verrebbe colpito da una forte amarezza e non solo per l'abbandono, quanto piuttosto per la evidente mancanza di un minimo di attenzione per un edificio di grande valore.
Oggi il cancello è divelto, il piazzale è invaso da rottami vari di arredi ed altro, sottratti all'albergo, le porte e le finestre sfondate, all'interno delle sale vi è non solo un senso di abbandono e devastazione ma anche una prova di invasione e distruzione quasi terroristica.
Abbiamo fatto alcune foto che in parte alleghiamo a questo articolo, le quali parlano da sé e quindi ci chiedono: Ma come è possibile che nessuno che abbia una qualche preoccupazione di questo spazio montano-forestale e turistico-ambientale si ponga il problema non tanto di riabilitare l'impianto ma almeno di evitare la fatiscenza, l'abuso, l'offensiva devastazione.
Ci sarà qualcuno che si senta autorizzato ad andare a murare quelle porte e finestre sbrancate ed innanzitutto a rendere né superabile né apribile il cancello?
Anche per il rispetto che si deve a chi nel secolo scorso guardò con grande fiducia alla risorsa forestale, ambientale e turistica del Taburno, ci si dovrebbe preoccupare di bloccare il triste abbandono e l'incomprensibile scempio in cui sono ridotti quello spazio e quell'edificio.

 

 

 

 

 

   

comunicato n.168637



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