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Benevento, 18-01-2025 20:29 ____
Angelo Massaro in carcere da innocente per 21 anni per una intercettazione trascritta male ed interpretata peggio, ospite di Domenico Russo
La stragrande maggioranza dei magistrati e delle Forze dell'ordine svolge il proprio lavoro con grandissima abnegazione e serieta' ma tutti insieme devono porsi il problema di risolvere il dramma di tanti gravissimi errori giudiziari che distruggono le vite di numerosi cittadini. Ad alimentare la speranza sono uomini come Massaro che, pur dopo aver subito un torto cosi' grande dalla vita, non si scoraggiano ma raccontano la loro tragedia, affinche' se ne possano evitare altre in futuro
di Maria Gabriella Russo
  

Nell'Auditorium "Giovanni Paolo II" del Seminario Arcivescovile, gremito di persone, si è svolto il convegno "Tutti possiamo diventare "pesi morti"", secondo della serie sulle "Storie di errori ed orrori giudiziari", organizzato da Domenico Russo (nella foto di apertura con il suo ospite), avvocato, componente dell'Osservatorio Nazionale sull'errore giudiziario dell'Unione delle Camere Penali Italiane e past president della Camera Penale, insieme all'Ordine degli Avvocati, all'Università "Giustino Fortunato", alla Scuola di Formazione Forense e alla Camera Penale.
L'evento è stato arricchito da diversi interventi, non semplicemente istituzionali, provenienti da professionisti preparati, che si sono rivelati fondamentali ai fini della riflessione comune che mirava a produrre questo incontro.
L'ospite speciale e protagonista dell'appuntamento è stato Angelo Massaro, vittima di un errore giudiziario, per cui ha scontato ingiustamente ben 21 anni in carcere.
Per iniziare, è stato invitato sul palco Paolo Palumbo, docente dell'Università "Giustino Fortunato", che ha voluto iniziare con un consiglio sentito, rivolto a tutti i circa cinquecento presenti, di tenersi in guardia dal diventare vittime del pregiudizio e ha suggerito di cercare di vedere sempre, oltre le carte, le persone che si trovano davanti.
Inoltre ha invitato Massaro a continuare il suo percorso di studi in Giurisprudenza, che aveva interrotto.
A seguire, Stefania Pavone, presidente dell'Ordine degli Avvocati, si è mostrata entusiasta che la nostra città oggi sia stata al centro di una riflessione importante per scuotere le coscienze di tutti, dai giovani studenti agli adulti professori e agli avvocati presenti in sala, anche se si è detta rattristata della scarsa presenza di magistrati, a questo evento come ad altri.
Si è aggiunta a questa riflessione anche Simona Barbone (nella prima foto in basso), presidente della Camera Penale, che ha affermato con forza che lo sbaglio non è legato al diritto ma ad errori umani commessi da alcuni magistrati che spesso non lo ammettono.
Ha, poi, sottolineato che, proprio con lo scopo di risvegliare le coscienze, si sta occupando del progetto scuola, che le dà la possibilità di dialogare con i giovani per far comprendere loro che quelle raccontate quest'oggi non sono storie ma stralci di vita vera.
In seguito ha preso la parola Angela Abbamondi (nella seconda foto in basso), direttrice della Scuola di Formazione Forense, che ha riportato una riflessione del vescovo di Sant'Agata dei Goti, Sant'Alfonso Maria de' Liguori, patrono degli avvocati, secondo cui se il giudice in cuor suo sente che l'imputato è colpevole ma le prove processuali dicono che è innocente lo deve assolverle e deve lo stesso mandarlo assolto quando le prove processuali dicono che è colpevole ma lui sa che è innocente.
Perché è un peso sociale meno grave lasciare un colpevole libero piuttosto che un innocente in carcere.
Eì stato poi il turno di Katia La Regina (nella sesta foto in basso), presidente del Corso di Laurea magistrale in Giurisprudenza dell'Università "Giustino Fortunato", che ha ribadito, anche con un pizzico di rabbia, che l'articolo 533 del Codice di Procedura Penale prevede che il giudice pronunci sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio.
Inoltre, ha sostenuto che in tragedie come quella di Massaro anche i cittadini sono responsabili, perché, per scardinare la cosiddetta "macchina del fango", serve un passaggio culturale, in quanto il processo fatto dai cittadini, che senza neanche informarsi giudicano colpevole un uomo solo perché rinviato a processo, può distruggere una persona.
Ha, infine, portato i saluti del sindaco Mastella, ancora convalescente a seguito di alcuni problemi di salute, il vicesindaco Francesco De Pierro (nella settima foto in basso), con una riflessione sentita sul tema dell'evento e dichiarando tutta la sua stima e la sua vicinanza ad Angelo Massaro e alla moglie Patrizia Macripò per quello che hanno passato ed affrontato.
Terminati i saluti, Domenico Russo, ringraziato da tutti gli intervenuti per l'organizzazione di questo nuovo evento, ha invitato a salire sul palco Valentino Maimone e Benedetto Lattanzi (entrambi nella quarta foto in basso), giornalisti e fondatori dell'associazione "Errorigiudiziari.com", molto esperti in questo campo, i quali hanno mostrato i risultati delle loro ricerche, riguardanti i numeri delle vittime innocenti di errori giudiziari e di ingiusta detenzione che si aggirano intorno alle mille all’anno e per le quali lo Stato, negli ultimi trent’anni circa, ha dovuto pagare quasi un miliardo di euro di risarcimenti.
Russo ha sottolineato, considerata la presenza di numerosi studenti in sala, che neanche i minorenni sono indenni da errori giudiziari, raccontando esempi d'ingiustizie a danno di minorenni.
Ha poi precisato che tutti gli avvocati sono convinti che la stragrande maggioranza dei magistrati e delle Forze dell'ordine svolgano il proprio lavoro con grande abnegazione e serietà ma tutti insieme devono porsi il problema di risolvere il dramma di tanti gravi errori giudiziari che distruggono le vite di numerosi cittadini.
Si è poi passati alla visione del docufilm "Peso Morto", che ha mostrato la terribile vicenda di Angelo Massaro, dal suo arresto nella notte del 15 maggio 1996 a dopo la scarcerazione, avvenuta nel 2017.
Il protagonista ha ripercorso tutti i suoi passi e ci ha portati dentro la sua commovente vicenda, arricchita dalle voci dei testimoni della sua storia a partire dalla moglie, la madre e il figlio per arrivare alla direttrice di una delle carceri in cui è stato trasferito, al suo psicologo e a molti altri.
Così, tra le lacrime, Massaro ha raccontato come una "s" della parola "muers", che in dialetto pugliese significa un oggetto ingombrante, scambiata per una "t", nel corso di una intercettazione, abbia stravolto il suo destino, sottraendogli ben 21 anni di vita ingiustamente.
Alla conclusione della proiezione nella sala è rimbombato il lungo applauso seguito dalla standing ovation del pubblico, durante il quale Domenico Russo, ha chiamato Angelo Massaro commosso sul palco, esordendo, anche lui con la voce spezzata, con: "Non far piangere me, oggi concediti di piangere tu dopo non averlo fatto e aver tenuto duro per 21 anni".
I due, poi, sono stati raggiunti sul palco, tra gli applausi che continuavano, dai due giornalisti per dare il via al dibattito.
A questo punto, Russo ha invitato la sala ad indirizzare un applauso anche a Patrizia, la moglie di Massaro, definendola coprotagonista sia del docufilm che della tragedia giudiziaria.
Tutti i presenti hanno immediatamente risposto tributando anche a lei un caloroso e lungo applauso.
Pertanto, è stato avviato il dibattito e i due giornalisti Maimone e Lattanzi hanno iniziato facendo riferimento a una frase del docufilm con la quale Massaro affermava che mentre passava in mezzo alla gente si sentiva osservato come se le persone sentissero la puzza di carcerato, e gli hanno quindi chiesto se pensa che la sentano.
Massaro ha risposto che appena scarcerato ne era convinto, perché era come un bambino che doveva essere educato alla vita, perché il mondo, che a lui sembrava essersi fermato per 21 anni, era andato avanti, quindi si sentiva un disadattato qualsiasi cosa facesse. Anche ciò che a noi sembra banale come andare al centro commerciale gli causava attacchi di panico e si vergognava ma ad oggi si è reso conto che quelle non dovevano essere vergogne sue, bensì di chi aveva commesso il fatale errore.
Ha poi continuato in relazione al tema del suicidio nelle carceri affermando che è stato testimone in prima persona di suoi compagni che hanno compiuto tale gesto e, tra le lacrime, ha raccontato di come vicino al petto di ognuno c'era sempre la foto della famiglia, proprio quella che, invece, a lui aveva dato la forza di non compiere questo gesto estremo, anche quando degli agenti penitenziari gli lanciarono una corda sul letto e lo spronarono a suicidarsi perché "nessuno voleva passare guai per lui".
Domenico Russo è intervenuto sul punto affermando la solidarietà di tutti i presenti con la stragrande maggioranza degli agenti di Polizia Penitenziaria che sono a loro volte vittime di un sistema carcere che non funziona e che causa un elevato tasso di suicidi anche tra gli stessi poliziotti.
Massaro ha poi urlato a gran voce che oggi il sistema penitenziario italiano è fallimentare e non è in grado di rieducare nessuno, anzi al contrario il carcere annulla totalmente la persona.
Dopo tutte le altre interessanti domande, l'evento si è concluso con quella di Russo che, facendo un paralallesimo con il conte di Montecristo, ha domandato a Massaro come abbia fatto a canalizzare la rabbia in una battaglia costruttiva e a non sfociare anche lui nell'odio e nel desiderio di vendetta.
Massaro ha riferito che la sua forza più grande è stata la famiglia e la moglie, che non lo hanno mai abbandonato, e che la sua volontà inarrestabile di dimostrare la sua innocenza lo ha fatto andare avanti, andando a letto e svegliandosi sempre con lo steso pensiero. Sono seguite altre interessanti domande, formulate anche da persone presenti in sala, tutte evidentemente coinvolte dal convegno, a cui sono seguite le risposte di Angelo Massaro.
Così si è concluso l'evento tra applausi e tanti occhi lucidi degli spettatori, grandi e piccoli, ed è proprio questo che ci fa capire che anche in questo sistema giudiziaro evidentemente malato, in cui un uomo è stato condannato per omicidio senza nemmeno il ritrovamento del cadavere, sulla base di una unica intercettazione male interpretata ed ignorando i testimoni della difesa, forse c'è ancora una speranza, e ad alimentarla sono uomini come Angelo Massaro che, pur dopo aver subito un torto così grande dalla vita, non si scoraggiano ma raccontano la loro tragedia, affinché se ne possano evitare altre in futuro.

Le foto sono di Antonio Caporaso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

comunicato n.168515



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