Benevento, 10-06-2024 19:09 |
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Il problema non sono cittadini privi di senso civico ma una cultura, non solo politica, che li pretende esattamente come sono
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Redazione |
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Nicola Sguera (foto), scrittore e docente, ci ha inviato una nota per rispondere all'intervento di Domenico Russo che ha commentato il dato relativo all'astensione al voto alle ultime elezioni europee.
"Caro direttore - si legge - sento il bisogno di rispondere alle riflessioni di Domenico Russo pubblicate su "Gazzetta", valente avvocato, presidente di un'importante azienda partecipata dal Comune, la Gesesa, amico.
La tesi, esternata all'indomani delle elezioni europee, è che l’alto numero di astenuti non sia ascrivibile solo alla politica, ai suoi vizi o limiti, bensì alla scarsa coscienza civile di una parte consistente dell’elettorato.
A mio avviso, una tesi da rigettare nettamente, che nasce da una visione assai parziale del fenomeno e da una sorta di assoluzione preventiva della politica.
Se ripercorriamo, con altre lenti ben diverse da quelle di Domenico Russo, la storia italiana, europea ma anche occidentale in genere, a partire, diciamo, dal secondo dopoguerra, noteremo come ci siano stati anni di partecipazione straordinaria.
Pensando solo all'Italia, si usciva dal ventennio del monopartitismo (semplifico), andavano al voto le donne. Ma questa partecipazione, si badi, non fu irenica.
Le elezioni del 1948 furono caratterizzate da uno scontro all'arma bianca tra ragioni confliggenti.
Spesso nel ricostruire il passato, hegelianamente, si guarda tutto da una sintesi ideale in cui le tesi e le antitesi si sarebbero fronteggiate danzando piuttosto che combattendo.
Ritorna un'antica lezione del Machiavelli meraviglioso dei “Discorsi”: la grandezza di un organismo politico (Roma nel caso dell’analisi del segretario fiorentino fondata sui libri di Tito Livio) scaturisce dalla tensione tra fazioni che lottano per i propri diritti.
Dunque, l'Italia e gli altri paesi europei (molto più dell'America, e mi si perdoneranno semplificazioni eccessive giustificate dallo scrivere su una testata giornalistica) fin quando hanno vissuto questa tensione creativa non solo hanno prosperato ma addirittura hanno visto una partecipazione attiva di strati sempre più ampi di popolazione, attraverso il voto o (penso agli anni Sessanta) la mobilitazione di piazza, che è anch'essa una forma di agire politico (forse la più importante).
Con gli anni Settanta i "Think tank" europei ed americani hanno iniziato a teorizzare la necessità di disinnescare tale forma di engagement.
Intellettuali organici ad un potere sempre più opaco e sovranazionale hanno teorizzato la necessità di una guida tecnocratica delle società per evitare cambiamenti ritenuti troppo radicali.
Personalmente ritengo che l'Europa stessa, come pensata nella sua configurazione attuale, rientri in questo strisciante tentativo di "immunizzazione" (bio?) politica (ossia... dalla politica se la politica è, appunto, conflitto creativo del nuovo).
Mi sento di dire al caro Domenico Russo, dunque, che il problema non sono cittadini privi di senso civico ma una cultura (non solo politica) che li pretende esattamente come sono: bravi consumatori, ubbidienti e tranquilli con le loro serie tv, le loro merci luccicanti, le loro carte di credito, le vacanze, la realizzazione personale intesa come carriera.
Ci sono élite dotate di competenze che devono guidare i processi politici.
Come biasimare chi decide di non partecipare al voto se sa che non cambierà letteralmente nulla, che i centri decisionali non sono sottoposti al controllo democratico, che "il pilota automatico" (Draghi) porta l'Europa e l'Occidente dove deve essere condotto (fosse anche la guerra se foriera di profitti)?
Vogliamo dimenticare che cosa accadde con il referendum greco del 2011, nella patria della democrazia europea?
Sono andato a votare, come sempre.
Ciò non di meno, a differenza dell'avvocato Russo, non me la sento di criticare chi ha fatto e farà scelte diverse.
Mi auguro che torni un tempo in cui le persone sentano che le loro azioni possono davvero fare la differenza.
Lavoro, negli ambiti che mi pertengono, perché questo accada".
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