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Benevento, 05-05-2024 09:19 ____
L'altra sera, con il cuore in gola, mi sono rivisto giovane con loro nel piazzale dell'Ospedale quando la vita si schiudeva dinanzi a noi
Peppino De Lorenzo parla dei suoi colleghi medici della prima ora, Marcello D'Auria e Piera Chiumiento, poi sposi, quest'ultima deceduta in giovane eta' dopo tante sofferenze
Nostro servizio
  

Quello di questa settimana è un particolare ricordo di una collega, Piera Chiumiento, sulla quale Peppino De Lorenzo sofferma l'attenzione.
Un ricordo, appunto, intriso sì, di tanta tristezza, ma che, in ultimo, fa emergere, qualora ce ne sia bisogno, che l'unica cosa certa sia volersi bene, una verità che va, in ogni caso, oltre la vita.
"Sere fa, nel parcheggio dell'Ospedale, nel ricordare i tanti colleghi con i quali, negli anni addietro, ho avuto contatti, nel momento in cui il pensiero è andato a Piera Chiumiento (foto di apertura), senza, è ovvio, nulla togliere a tutti gli altri che ho già ricordato, in me, senza neanche rendermene conto, si è verificato qualcosa di particolare.
Infatti, raggiunta la laurea, pur non conoscendoci in precedenza, mi ritrovai lì a svolgere il tirocinio pratico con Marcello D'Auria, Giovanni Izzo, Bice Palmieri e Piera Chiumiento.
In quel tempo, il tirocinio era imposto per legge, aveva una durata semestrale, con una retribuzione mensile di 366mila lire.
Diverse, per ognuno di noi, le specialità di frequenza.
Marcello, Piera e Bice destinati alla medicina generale, Giovanni alla dermatologia, io alla neurologia con annesso pronto soccorso psichiatrico.
Da subito, divenimmo amici incominciando a frequentarci.
Giorni fa, quando a Marcello ho chiesto una foto di Piera, lui mi ha mandato (prima in basso) proprio quella di quel tempo, tra l'altro, scrivendomi: "...è una foto risalente al periodo, fine anni '70, quando frequentavamo, come tirocinanti, il reparto di Medicina Generale. C'era con noi anche Bice e tu venivi spesso in reparto a salutarci...".
Questa foto mi ha, d'improvviso, portato indietro.
Il cuore mi batteva a cento all'ora.
Sono stato chiuso nello studio di casa per tanto tempo, nella tema che i miei familiari, segnatamente i nipotini, si accorgessero del mio turbamento.
Poi, Marcello si fidanzò con Piera ed io con Bice, cui, dopo qualche anno, fecero seguito i nostri matrimoni.
L'unico a rimanere scapolo fu Giovanni. Non perché non avesse trovato una ragazza. Tutt'altro!
C'era una fanciulla che frequentava il nostro gruppetto che s'innammorò di Giovanni con tutta se stessa, ma quest'ultimo, malgrado da noi invogliato, non assecondò l'idillio.
Marcello e Piera, come io e Bice, incominciammo le nostre professioni e divenimmo, nel contempo, genitori.
Eravamo due coppie serene.
Una primavera andammo insieme ad un Congresso medico a Roma. Giornate spensierate all'insegna dell'allegria.
Come si verifica in queste situazioni, spese, le più svariate.
In un negozio in via del Gambero, Piera mi aiutò a scegliere delle cravatte.
Di ritorno a Benevento, si accorse di un disturbo che, dopo tante sofferenze, in poco tempo, la portò alla morte in giovane età.
Marcello si trovò ad allevare da solo i due figlioletti.
L'altra sera, con il cuore in gola, mi sono rivisto giovane con loro nel piazzale dell'Ospedale quando la vita si schiudeva dinanzi a noi.
In me è rimasto, sempre vivo e presente, il ruolo di quegli anni.
Quel pacchetto con le cravatte (seconda foto in basso) è rimasto intatto così come fu confezionato dal negoziante, alla presenza mia e di Piera. Non ho mai più avuto il coraggio di aprirlo.
Piera era bella, fine, cortese nei modi. Questa la triste realtà della vita!
Il giorno dopo, a casa, qualche settimana fa, a seguito della mia permanenza notturna nel parcheggio del "Rummo", mentre cercavo su internet una foto di Piera, prima di decidermi a chiederla a Marcello, mi sono, involontariamente, imbattuto in uno scritto di quest'ultimo, datato 7 luglio 2018.
E' una meravigliosa descrizione di un suo vissuto che invito a leggere.
Marcello narra di un giorno particolare di sei anni fa quando accompagnò il figlio Ivan, laureato in Ingegneria Meccanica al Politecnico di Torino, a sostenere la prova per essere assunto in Trenitalia.
Nell'attesa, Marcello fece capolino al Policlinico Umberto I avendo lì frequentato l'Università.
Dinanzi ai suoi occhi una radicale trasformazione, ma i ricordi sempre vivi.
Lui rivedeva l'Istituto dopo 40 anni.
Poi, una telefonata: "Papà, ho vinto il concorso, mi hanno assunto a Trenitalia, a settembre prenderò servizio a Roma".
Ivan, quel bambino privato dell'affetto della sua mamma, Marcello che, nel dolore, ha saputo fare il padre.
Ivan, Marcello, con gli occhi umidi, vi abbraccio forte, forte, nel ricordo di Piera, sempre presente nel mio cuore, con immutato affetto".

 

comunicato n.163816



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