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Benevento, 07-04-2024 09:22 ____
Un giorno ricoverai in medicina generale una delle mie prime pazienti, Annunziata Cantone. Fu li' che al mattino incontrai Bice, mia moglie
Ho sempre ritenuto, e ne rimango convinto anche nella sera della vita, che quell'incontro sia stato il regalo piu' bello che il "Rummo" mi abbia fatto. Ci fu una complicita' indimenticabile dei sanitari del reparto, dal primario Nazzareno Lanni a tutti gli altri medici, Manfredi Luongo, Bernardo Scaglione, Giandomenico Pannella, Ugo Grimaldi, Michele Zurlo e Stefano Romano
Nostro servizio
  

Peppino De Lorenzo, nel corso degli ultimi anni, ricordando, puntualmente ogni domenica, storie e personaggi del nostro territorio, ha più volte soffermato l'attenzione, rinverdendone la memoria, su molti sanitari, ospedalieri, specialisti e medici di famiglia che hanno svolto la propria attività qui da noi.
Da oggi, giustamente, allarga l'orizzonte al fine che il ricordo di tanti altri colleghi non cada nell'oblio.
"Nel corso di questi anni, a più riprese, ho avuto modo di ricordare, accanto a tanti personaggi e storie della nostra comunità, molti medici che hanno svolto, qui da noi, la propria attività.
Ad una attenta riflessione, però, ho ritenuto riduttivo ed imperdonabile che molti altri sanitari, con tanti di loro ho intessuto rapporti ed esperienze indimenticabili, non siano stati ricordati.
Andrò via dalla scena del mondo pieno di ricordi, nonché di molteplici esperienze e, per questo, mi ritengo di essere stato tanto fortunato.
La bruttezza dell'esistenza dipende dalla vita che ti costruisci.
E' stato così che, sere fa, cultore incarnato di esperienze insolite, condotta seguita per la vita intera, mi sono reso artefice, appunto, di una esperienza particolare.
Da quando, dopo quarant'anni di attività, ho lasciato il "Rummo", non vi ero più tornato ed i contatti con i colleghi, per essere reso edotto delle condizioni dei miei pazienti, li ho curati solo e sempre telefonicamente.
Ecco perché, a sera tardi, con la mia auto, mi sono portato nell'interno del nosocomio cittadino.
Il caso ha voluto che, per posteggiare, abbia trovato libero un posto particolare che, per una vita intera, mi è rimasto nel cuore.
Fu, infatti, in ospedale che conobbi mia moglie con la quale mi fidanzai.
Ho sempre ritenuto, e ne rimango convinto anche nella sera della vita, che quell'incontro sia stato il regalo più bello che il "Rummo" mi abbia fatto.
Un giorno ricoverai in medicina generale una delle mie prime pazienti, Annunziata Cantone (foto di apertura).
Fu lì che, al mattino, per informarmi, puntualmente, delle condizioni cliniche della stessa, incontrai Bice.
Ci fu una complicità indimenticabile dei sanitari del reparto, dal primario Nazzareno Lanni, professionista di cui nutro, ancora oggi, una stima ed un affetto mai sopiti, a tutti gli altri medici, Manfredi Luongo, Bernardo Scaglione, Giandomenico Pannella, Ugo Grimaldi, Michele Zurlo, Stefano Romano.
Nazzareno Lanni, rimane una meravigliosa figura di primario.
Ho ricordato con infinita dolcezza quel tempo, e l'abitudine, così come eravamo usi fare, verso le 11.00, di concederci un momento di pausa nel reparto di Medicina, ove io mi recavo, puntualmente ogni mattina, dopo avere ultimato il giro visite in Neuropsichiatria.
Era divenuto un rito al quale partecipavano tutti.
Nazzareno Lanni, il primario del tempo, era uno di quei medici che, d'un tratto, faceva scoprire l'ottimismo nella vita, dando la consapevolezza di anime buone, dai solidi principi morali.
Un sanitario pulito nel senso più ampio della parola. Capace, sì, di collere improvvise e fulminanti, queste ultime, per una innata passione per la medicina intesa quale obbligo morale di partecipazione al dramma di chi soffre e di piena responsabilità per il gravoso compito cui adempiere.
Eccolo, qundi, scoppiare nelle sue invettive, nella severità del giudizio, anche a costo di rotture personali, quando c'era da difendere la sacralità del malato.
Ho sempre ritenuto Nazzareno Lanni non solo un medico superiore, ma anche un uomo dalla profonda fede cristiana.
A questi sanitari si associava Alessandro Massaro, cappellano del nosocomio (prima  foto in basso). Una figura meravigliosa di sacerdote che trascorreva le sue giornate dedicandole, interamente, ai ricoverati, portandosi da un reparto ad un altro.
Nel momento in cui, poi, con la sua intelligenza viva, si accorse del mio legame con la giovane dottoressa di allora, un giorno, incontrandoci insieme, nel reparto di Medicina, ci disse: "Vogliatevi sempre bene, con l'augurio che sia io ad unirvi in matrimonio".
Quell'augurio, in seguito, si avverò e padre Alessandro fu ben lieto di celebrare le nostre nozze.
Il caffè era preparato dalla signora Lidia Caputo, caposala del reparto di Dermatologia, allora, attiguo a quello di Medicina, diretto dal carissimo Giovanni Errico (seconda foto in basso).
Erano quelli tempi diversi. Ci si voleva bene. Veramente bene.
Padre Alessandro, spesso e con piacere, partecipava anche lui a quelle conviviali mattutine.
Da quel lontano 1978, poi, tanti anni, 43, insieme a mia moglie, tutti i giorni, l'uno accanto all'altra, di pomeriggio, dietro la scrivania, con una miriade di pazienti seguiti.
Accanto a noi, la nostra fedele segretaria, Monica (terza foto in basso) che, dall'età di 17 anni, allora ragazzina, oggi, donna matura, ci è stata vicino con immenso affetto.
Anche, allo stato, che continuo, senza fermarmi, a lavorare tante ore al giorno, è la mia ombra fedele e silenziosa.
Mia moglie, il pilastro della famiglia, che ha riempito la casa, con nostro figlio, mia nuora, che considero la figlia che non ho avuto, e tre nipotini.
Si è vissuti cielo e terra. Un punto fermo. Stando uniti per così lungo tempo si entra in simbiosi.
Finanche le calligrafie, oggi, tendono ad essere simili. Vi è armonia nella diversità. L'intelligenza di fingere di non vedere qualche mia marachella.
L'amore prende tutto il corpo, ma anche tutta l'anima.
Un legame che confonde oramai noi due, dove lo sguardo unisce tutto da apparire che non ci fosse, ma c'è.
Il posto ove l'altra sera ho posteggiato era lo stesso, il più delle volte, usato da Bice, di buon mattino, per lasciare la sua auto, una Fiat 126, di colore verde, targata Bn 73852 (quarta foto in basso).
In quel tempo, quell'automobile, lì in sosta, confermava la sua presenza in Ospedale.
Sono stato, poche sere fa, appunto, lì fino a tarda notte e, nel silenzio che mi circondava, giravo lo sguardo ai vari piani degli edifici che ospitano i reparti, rivedendo così tanti colleghi che non ci sono più.
E' di loro ed anche di quelli che hanno svolto la propria attività sul territorio che, a partire dalla prossima settimana, scriverò.
Figure di sanitari che associo a tutti gli altri già ricordati.
Nel concludere, mi scuso, sin d'ora, se, nel ricordo, senza volerlo, dimenticherò qualcuno, disponibile, però, ad ogni suggerimento".

 

 

comunicato n.163275



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