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Benevento, 24-03-2024 08:51 ____
Olga mia, quando leggerai queste mie parole, forse scritte tanti anni fa o solo da pochi, il mio corpo e' immoto, la mia vita e' spenta
Mi ricorderai e farai si' che la nostra bambina, anche se sara' molto grande e donna, non dimentichi mai suo padre. Comunque ed ovunque avvenga la mia morte desidero che le mie spoglie restino allo stesso posto ove chiudero' la mia esistenza. Questo scriveva Franco Pepicelli il carabiniere sannita ucciso alle Fosse Ardeatine, ricorda Peppino De Lorenzo
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In questi ultimi anni, sono stati in tanti, quotidianamente, a nominare la Caserma "Pepicelli", al viale degli Atlantici, ove, per lungo tempo, vi è stata la sede per la somministrazione dei vaccini per difendersi dal Covid.
Di sicuro, saranno, però, in molti a non sapere chi sia stato Pepicelli.
Provvede, in proposito, Peppino De Lorenzo a parlare di questi e lo fa, oggi, ad 80 anni dalla sua fucilazione alle Fosse Ardeatine, avvenuta, appunto, il 24 marzo 1944.
"La storia della breve vita di Franco Pepicelli (foto di apertura), forse, in città, è sconosciuta ai più anche se la stessa, segnatamente nel periodo difficile che si attraversa, potrebbe essere di monito per tanti giovani.
In questi ultimi anni, il nome di Pepicelli è stato, quotidianamente, ripetuto.
Infatti, nella caserma al viale degli Atlantici, a lui intitolata (nella quarta foto in basso il monumento che sorge all'ingresso), vi è stata la sede operativa per la somministrazione dei vaccini per combattere il Covid.
Per la difesa della memoria storica della comunità di cui facciamo parte, cerchiamo di conoscere, almeno nelle linee essenziali, chi fu quel giovane fucilato, a soli 37 anni, nell'eccidio delle Fosse Ardeatine.
Pepicelli nacque a S. Angelo a Cupolo il 19 maggio 1906 da Giuseppe e Felice Testa.
Energico, calmo, era da tutti amato per l'innata bontà del suo animo e la celerità nel percepire e nell'operare.
Animato da elevato spirito militare era sempre disponibile al suo posto di dovere.
Alla giovane età di 18 anni, volontario, si arruolò nell'Arma dei Carabinieri.
Dopo pochi mesi, meritò il grado di vicebrigadiere e, nel 1935, partecipò alla guerra libica.
Qui, dette prova delle sue doti, ottenendo una medaglia ed una croce di guerra.
Nel 1938 fece ritorno in Italia prestando servizio presso numerose stazioni del Lazio, lasciando ovunque unanime compianto ed un dolce ricordo.
Raggiunto il grado di maresciallo, collaborò per la formazione e l'organizzazione della Banda Caruso, svolgendo, contemporaneamente, le più delicate mansioni di collegamento e di informazioni con le cellule del gruppo militare clandestino del colonnello Fossi.
Scoperto dai tedeschi, il 18 marzo 1944, fu arrestato e rinchiuso nelle prigioni di via Tasso.
Sebbene sottoposto a stressanti interrogatori ed umilianti maltrattamenti, onde salvare i suoi compagni, preferì affrontare la fucilazione con coraggioso contegno il 24 marzo 1944, nelle Fosse Ardeatine.
Con lui caddero altre 334 persone, tutte finite con un colpo di pistola alla nuca.
Sarà il fratello di Franco Pepicelli, Mario (prima foto in basso), a riconoscere, nel luogo dell'orrore, il corpo del congiunto dandone notizia ai familiari, nel contempo, tacendo delle violenze, ancora visibili.
La vita di Pepicelli non deve, però, essere osservata solo dal lato militare.
Lui nasce da una modesta famiglia. Il padre era ferroviere. 
Il 3 giugno 1939 sposa Olga, originaria di Altavilla Irpina.
Dal matrimonio nasce una bimba, Biancamaria (nella seconda foto in basso).
Queste due donne diverranno il principale motivo di vita del giovane sposo.
Alla memoria dell'illustre sannita, quale perenne testimonianza del suo nobile gesto, fu conferita la medaglia d'oro al valore militare.
La motivazione recita: "Sottufficiale dei Carabinieri appartenente al fronte della resistenza, si prodigava senza  sosta nella dura lotta clandestina contro l'oppressore tedesco, portando brillantemente a compimento il difficile compito affidatogli.
Arrestato dalle S.S. germaniche, sopportava stoicamente, durante la detenzione, le barbare torture inutilmente inflittegli per strappargli i segreti dell'organizzazione cui apparteneva.
Alle Fosse Ardeatine affrontava serenamente la fucilazione pago di aver compiuto il suo dovere verso la Patria oppressa, con l'olocausto della vita" (nella terza foto in basso la lapide in sua memoria).
C'è da ipotizzare che, molto sicuramente, nella mente di Franco Pepicelli si era radicata la convinzione di una immatura fine.
Ne fa fede il suo diario, pochi mesi prima della morte, quando scrive: "Le mie volontà di oggi e di domani".
Queste ultime, nell'aprile 1975, nella redazione di "Messaggio d'Oggi", ci furono offerte in lettura da un altro fratello, Angelo.
Oggi, diversamente da allora, con i moderni motori di ricerca, sono reperibili con facilità.
E', tuttavia, stimolante rileggerle.
"Addì 15 del mese di giugno dell'anno del Signore e di guerra 1943, alle ore 22.00 - si legge - tra la quiete delle pareti della mia modesta casetta, in questa Roma Eterna, scrivo le mie volontà che sono l'espressione viva e serena del mio animo e del mio cuore e non muteranno mai qualunque evento si verificasse in avvenire.
Chiedo perdono a tutti coloro ai quali ho potuto, in qualunque modo, offendere o far del male senza avvedermene contro i miei sentimenti.
Olga mia, quando leggerai queste mie parole, forse scritte tanti anni fa o solo da pochi, il mio corpo è immoto, la mia vita è spenta, mentre la mia anima è già innanzi al Tribunale Divino per il giudizio finale.
Ti sarò anche allora, come oggi, con lo spirito sempre vicino.
Mi ricorderai e farai sì che la nostra bambina, anche se sarà molto grande e donna, non dimentichi mai suo padre.
A te, Biancamaria, che fosti l'unico scopo della mia vita, il tuo "babbuccio", come lo chiamavi a due anni, ti augura una vita lunghissima e bella e tanta felicità per quanta ne desideri.
Sii buona, mia cara, abbi fede in Dio, conserva la tua bontà di animo e di cuore, e tutto l'amore per mamma tua, come hai sempre dimostrato.
Ricordami sempre e ricorda quanto di buono e di bello ti ho insegnato.
Ignoro oggi quale sarà la mia morte e quando essa avverrà; sono pronto al passo estremo sin da questo momento.
Desidero, però, che essa fosse per la mia cara Patria, poiché sono convinto che è la più bella e la più santa.
Non ho, né ebbi mai, simpatia, né ammirazione per qualsiasi partito politico, ma solo per la nostra Italia per la quale ho offerto tutta la mia migliore età dell'esistenza.
Comunque ed ovunque avvenga la mia morte desidero che le mie spoglie restino allo stesso posto ove chiuderò la mia esistenza.
Non voglio assolutamente pompe o cerimonie apparenti.
Non funerali di classe, non fiori, né ceri.
Il mio corpo non dovrà essere vestito, ma solo avvolto in un comune lenzuolo e rinchiuso in una cassa comune, senza iscrizione, né ornamenti, ma solo una croce e con un sacerdote, col mezzo dei più modesti accompagnato al cimitero del luogo. Non voglio pubblicità.
Nessuna tomba o altro ricordo marmoreo o di qualsiasi genere, ma una comune croce in campo comune. 
Io nacqui povero, ho vissuto povero ed onestamente voglio chiudere la mia esistenza nella stessa condizione".
Ed, infatti, i resti mortali di Franco Pepicelli riposano nel sacello 82 delle Fosse Ardeatine".

 

   

comunicato n.163061



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