Sono stato in contrada Lammia, alla periferia della citta', li' invitato per visitare un paziente che manifestava dei disturbi da diagnosticare
Al ritorno, quasi istintivamente, ho fermato l'auto sul ciglio della strada, in definitiva, ai margini della campagna, quella mattina avvolta da un freddo gelido che penetrava nelle ossa e alla mente e' giunto il ricordo di una delle mie prime pazienti, ricorda Peppino De Lorenzo
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Peppino De Lorenzo, questa domenica, in occasione del Natale, fa delle sue considerazioni personali che sono intimamente legate alla sua vita di medico.
"Qualche giorno fa, senza volerlo, mi sono ritrovato a vivere una suggestiva esperienza che, in ultimo, è stato per me il dono più bello che il Natale di quest'anno abbia potuto offrirmi.
Sono stato, infatti, in contrada Lammia, alla periferia della città, lì invitato per visitare un paziente che manifestava dei disturbi da diagnosticare.
Al ritorno, quasi istintivamente, ho fermato l'auto sul ciglio della strada, in definitiva, ai margini della campagna, quella mattina avvolta da un freddo gelido che penetrava nelle ossa.
E' stato così che nella mente ho ricordato una delle prime pazienti che, proprio in quel luogo, in uno dei tanti casolari dell'epoca, fui chiamato per un consulto medico, quasi 50 fa.
La stessa, infatti, a pochi giorni dalla mia laurea, con i suoi familiari, era rimasta senza il medico di famiglia per la morte, improvvisa ed inattesa, del dottore Vincenzo Collarile(nella quarta foto in basso), di cui, solo alcuni mesi fa, si è scritto.
Mi sono rivisto timido ed inesperto avvicinandomi al capezzale della paziente, con mal celata insicurezza.
Adelaide Ciampi, il suo nome, classe 1912 (nella foto di apertura, a destra, il marito, Nicola Iannelli, lui, classe 1905).
Quell'iniziale impatto con la professione, uno dei primi, non l'ho mai dimenticato.
In quel tempo, il medico veniva definito di famiglia e tale rimaneva spesso per la vita intera del paziente.
Ho ricordato quando la signira Adelaide, corpulenta, affetta da varie patologie, veniva da me accompagnata nel caso di sottoporsi ad indagini di laboratorio.
Uno dei suoi vestiti mi è rimasto fisso nella mente, di colore giallastro, con righe nere. Non l'ho più dimenticato.
Andavamo al nascente laboratorio analisi, in quel tempo realizzato da Antonio De Vizia (nella terza foto in basso), ubicato in uno degli appartamenti del palazzo ad angolo, tra via Perasso e via Caggiano.
Era quella l'occasione anche per prendere un caffè con Antonio ed intrattenerci a parlare di argomenti, i più disparati.
Poi, De Vizia, passo dopo passo, ha realizzato il funzionale centro "Gammacord", al viale Mellusi.
Tempi, quelli, meravigliosi in cui si percepiva il calore umano.
Oggi, per praticare una indagine si aspettano mesi.
Da quel tempo, sono trascorsi quasi 50 anni, quando ho iniziato a svolgere e continuo a svolgere la professione di medico, di cui 40 in un reparto psichiatrico.
Quella sosta in contrada Lammia mi ha permesso, involontariamente, di fare un esame di coscienza.
Non mi sono mai fermato, neanche con la febbre e con qualche malanno. Tantissimi i turni, anche di Natale, Pasqua e Ferragosto.
Anni, nel contempo, lottando per una sanità migliore. Qualche volta ho vinto, qualche volta ho perso.
Ho conosciuto una quantità enorme di brave persone, ho visto morire uomini e donne di ogni età, ho cercato, è ovvio nei limiti delle possibilità umane, di asciugare tante lacrime, ho sperimentato, anche da vicino, l'umana ingratitudine, ho vissuto momenti belli e bruttissimi, in definitiva, non mi sono mancate le esperienze di ogni tipo.
Oggi, spesso, accanto ai miei nipoti, ritorno al passato, ad ogni tappa della mia vita, una dopo l'altra.
Mi assale un brivido, una nostalgia profonda, istintiva, ma stupenda, rimanendomi la consapevolezza di avere fatto il mio dovere, fino in fondo, senza mercimonio.
Nel mio studio e me ne vanto a gran voce, oggi come ieri, qualcosa è mancato: Gli onorari.
43 anni dietro la scrivania con mia moglie. E, per lo stesso periodo, la nostra segretaria, la fedele Monica, che rimane, oggi, la mia ombra.
Ringrazio la signora Adelaide Ciampi, spentasi il 12 marzo 1988 ed il marito Nicola Iannelli, andato via il 28 ottobre 1994, per avermi, allo stato, permesso questi ricordi.
Per i loro figli ed i nipoti, a distanza di mezzo secolo, sono rimasto il medico di riferimento.
Una storia bellissima la loro, esempio di gratitudine, merce rara per i tempi che viviamo.
E c'è di più. Questi ultimi avrebbero avuto tutti i motivi, giustissimi, per rivolgersi, oggi, ad un nuovo sanitario, essendo un loro familiare legato per lavoro ad un altro medico.
Invece, no. Non più rardi di qualche giorno fa, la nuora, Ida Meoli, con affetto, mi ha detto: "Rimarrete il nostro medico fino alla morte" (nella prima e seconda foto in basso, l'intero nucleo familiare).
comunicato n.175077
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