Per la prima volta un Papa disse che le lotte quotidiane per la sopravvivenza e la giustizia sociale erano di fondamentale importanza per la Chiesa
Si trattava di Leone XIII, ricorda Leone XIV. Il Giubileo del Lavoro non e' solo un evento nel calendario, ma un cantiere spirituale e sociale, commenta Pasquale Orlando
Redazione
Pasquale Orlando (foto) ci ha inviato una sua riflessione sul Giubileo dei Lavoratori che si terrà il prossimo 8 novembre.
"Il Giubileo dei Lavoratori - scrive - si sarebbe dovuto svolgere lo scorso 1-4 maggio, ma sfortunatamente, a causa della dipartita del Santo Padre Francesco, fu annullato.
In seguito alle numerose richieste ricevute, il Dicastero ha deciso di dedicare nuovamente una giornata giubilare al mondo del lavoro.
Anche nel Sannio stretto tra spopolamento ed emigrazione una riflessione è necessaria.
Il Giubileo del Lavoro dell'8 novembre si presenta come un appuntamento cruciale per il Paese e per la coscienza collettiva.
Porta con sé un’eredità che affonda le radici nella storia sociale della Chiesa.
Il nome di Leone XIV richiama inevitabilmente Leone XIII, autore della Rerum Novarum (1891), la prima grande enciclica sociale, con cui la Chiesa imparò a guardare negli occhi la questione operaia, a difendere il salario giusto, la dignità dell'operaio e la partecipazione alla vita sociale.
"Quando il mio predecessore Leone XIII - ha detto Papa Leone XIV - scrisse la Rerum Novarum alla fine del XIX secolo, non si concentrò sulla tecnologia industriale o sulle nuove fonti di energia, ma piuttosto sulla situazione dei lavoratori.
E' qui che risiede la forza evangelica del suo messaggio: L'attenzione principale era rivolta alla situazione dei poveri e degli oppressi di quel tempo.
E, per la prima volta e con assoluta chiarezza, un Papa disse che le lotte quotidiane per la sopravvivenza e per la giustizia sociale erano di fondamentale importanza per la Chiesa.
Leone XIII denunciò la sottomissione della maggioranza al potere "di pochi così che un piccolo numero di uomini molto ricchi ha potuto imporre alle masse brulicanti dei poveri lavoratori un giogo poco migliore della schiavitù stessa".
Questa era la grande disuguaglianza dell'epoca".
Oggi l'esclusione è il nuovo volto dell’ingiustizia sociale.
Tra precarietà e transizioni, quella profezia torna ad essere bussola e impegno. Perché senza lavoro non c'è dignità e senza dignità non c'è futuro.
I numeri raccontano una realtà complessa. A settembre 2025, secondo i dati Istat, il tasso di disoccupazione in Italia è salito al 6,1%, mentre quella giovanile raggiunge il 20,6%.
Un segnale che, pur dentro una leggera crescita occupazionale (+67mila unità in un mese), mostra la fatica di tanti, soprattutto dei più giovani, a trovare un impiego stabile e duraturo.
A ciò si aggiunge un esercito di 2,46 milioni di lavoratori a termine, pari a circa il 14,7% del totale.
Persone sospese, progetti che non diventano mai storia, vite tenute in bilico da contratti brevi e salari incerti. Inoltre la brutale quotidiana realtà delle morti sul lavoro di persone spesso ultrasessantenni costretti ad un lavoro insicuro e usurante.
Su questo scenario si innesta la rivoluzione dell'intelligenza artificiale.
L'Organizzazione Internazionale del Lavoro ha stimato nel 2025 che un lavoro su quattro nel mondo sia esposto alla trasformazione generata dall'Intelligenza Artificiale.
Non si tratta solo di sostituzione ma di un mutamento profondo di compiti e competenze: interi segmenti professionali verranno ridefiniti, e ciò richiede formazione continua, tutele nuove e politiche attive capaci di accompagnare il cambiamento, non di inseguirlo.
Le analisi globali confermano che quasi un quarto dei lavori cambierà nei prossimi anni, tra quelli che nasceranno e quelli che scompariranno.
Il saldo potrà essere positivo solo se le istituzioni, le imprese e la società investiranno nella riconversione delle competenze , in nuove politiche industriali e in un patto sociale che rimetta al centro la persona che lavora, non la sola produttività.
"Il Giubileo del Lavoro si propone come risposta e come segno di speranza", ha scritto sul "Sole 24 ore" padre Enzo Fortunato.
"Giubileo" significa liberazione e riscatto. E' un tempo favorevole per ridare centralità alla persona lavoratrice, per promuovere un’economia che includa e non escluda, che accompagni e non sfrutti.
E' l'occasione per rinnovare un patto di corresponsabilità tra Stato, imprese e lavoratori: salari giusti, sicurezza nei luoghi di lavoro, lotta al lavoro povero, sostegni concreti a chi vive le fragilità delle transizioni digitali ed ecologiche".
L'Ocse ricorda che la qualità del lavoro è una delle chiavi per una transizione giusta.
Proprio questa qualità deve diventare la parola d’ordine di un tempo nuovo: formazione come diritto universale, tutela dei mestieri manuali, valorizzazione delle professioni educative, sanitarie e sociali, spesso invisibili eppure essenziali.
Il Vangelo ci ricorda che "l'operaio è degno della sua mercede. Quando il lavoro manca o è svilito, si ammala la democrazia, quando invece è giusto e creativo, fiorisce la fiducia, cresce la famiglia, si rafforza la comunità".
Il Giubileo del Lavoro non è solo un evento nel calendario, ma un cantiere spirituale e sociale.
E' il momento per costruire una società in cui lo sviluppo tecnologico non cancelli l'umano, ma lo esalti.
In cui lo Stato semplifichi, le imprese innovino con responsabilità e le comunità cristiane diventino luoghi di prossimità e orientamento per chi cerca lavoro e senso.
Seguendo la scia di Leone XIII e dello spirito di Leone XIV, il Giubileo invita tutti a ripartire da tre parole: Persona, lavoro, dignità.
Perché il vero progresso non si misura nel Pil ma nella possibilità per ogni uomo e ogni donna di sentirsi parte della costruzione del bene comune".
comunicato n.174149
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