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Benevento, 18-09-2025 20:22 ____
Cominciamo con il chiamare le cose con il giusto nome: La parola gioco, riferita all'azzardo, non e' sinonimo di spensieratezza e gioia ma di trappola
Il 36% dei nostri giovani pratica il gioco d'azzardo regolarmente ed i servizi di assistenza sanitaria non sono pronti ad affrontare questa dipendenza. L'8% del Prodotto Interno Lordo della intera provincia sannita e' speso in giochi d'azzardo, una cifra enorme. Se ne e' parlato nel corso del convegno voluto dalla Caritas diretta da Pasquale Zagarese
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Bisogna cominciare col dare la giusta interpretazione etimologica alla parola gioco e far capire che essa non esprime solo spensieratezza e gioia, come dovrebbe, ma anche trappole da cui poi è difficile se non impossibile uscirsene.
E' questo il concetto, legato alla cultura del nostro Paese, che è stato maggiormente sottolineato quale imprescindibile necessità nella lotta al "vizio" del gioco d'azzardo che in campo sanitario è definito come ludopatia.
L'iniziativa dell'incontro al Centro "La Pace" sul tema "No alle nuove dipendenze. La Libertà è un valore" è stata della Caritas diocesana e del suo direttore Pasquale Zagarese.
Era attesa, come da invito, la presenza anche del sindaco Clemente Mastella, accanto al prefetto Rafaela Moscarella, al questore Giovanni Trabunella ed al comandante della Guardia di Finanza, Michelantonio Sportelli, seduti in prima fila, ma non c'è stata né è stato annunciato il motivo dell'assenza.
E' un segnale lanciato a Zagarese dopo la decisa lettera diffusa alla Stampa sulla vicenda dell'obbligo al rilascio dei locali comunali assegnati alla Caritas.
E' lecito ipotizzarlo ma non ci sono conferme.
Tornando all'evento, esso è stato avviato da Barbara Donatiello, della segreteria scientifica che ha dato la parola a don Carmine Schiavone, delegato regionale della Caritas che ha sottolineato come questo di stasera sia un momento di formazione riferito alle 23 Diocesi accumunate dallo stesso interesse formativo, appunto.
E' quello della ludopatia è un grido di povertà per tutta la Campania.
Chiamarla e parlarne è già un grande passo in avanti arginandone gli effetti sopratutto rispetto alle nuove generazioni.
Nico De Vincentiis, giornalista, ha moderato il convegno ricordando che 9 anni fa Benevento fu segnalata da una indagine di Fiasco quale città posta al settimo posto a livello nazionale quanto all'uso delle slot machine destinate alle nuove generazioni.
Si parlava dell'8% del Prodotto Interno Lordo (Pil) della intera provincia sannita speso in giochi d'azzardo, una cifra enorme.
Da allora un po' si è lavorato ma senza ritmo.
Siamo nell'anno giubilare, ha concluso De Vincentiis e la competizione è una speranza, quella che possa diventare qualcosa di occupabile.
A prendere la parola è stato quindi Pasquale Zagarese, direttore della Caritas, il quale ha detto che alla parola gioco è stato sempre associato qualcosa di positivo ma qui siamo in presenza di giochi che non divertono ma che intrappolano come con la pratica dell'azzardo.
Insomma non è un gioco, nel senso benevolo della parola.
Nel 2023, ha ancora detto Zagarese, erano 18 milioni gli italiani coinvolti e tra essi 1,3 milioni di giocatori problematici e 300mila giocatori dipendenti a cui è riconosciuto ed equiparato questo vizio come dipendenza da sostanza.
Il 36% dei nostri giovani pratica il gioco d'azzardo regolarmente ed i servizi di assistenza sanitaria non sono pronti ad affrontare questa dipendenza.
Occorre dunque una riforma dei requisiti dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea).
Dietro ogni forma di dipendenza c'è una richiesta di aiuto.
Ed è difficile in tutto questo che i Comuni, che non intendono condividere nulla con il Municipio contermine che magari è a pochi metri, possano lavorare insieme su questa problematica, ha concluso Zagarese.
E qui si è inserito l'arcivescovo Felice Accrocca per dire, con una battuta, che anche per le parrocchie è lo stesso, non riescono a ragionare per il senso comune.
A prendere la parola è quindi stato Valter Brunetti, magistrato in servizio presso la Procura Generale Corte di Appello di Napoli, referente per la Campania del Centro Studi "Livatino", che ha trattato il tema: "La ludopatia e il diritto sanzionatorio per la tutela delle vittime vulnerabili", il quale ha sottolineato la difficoltà nel dare risposte ad una vicenda che è complessa sul piano normativo e culturale.
La norma in genere contiene un precetto con sanzione ma non contiene un valore.
C'è la libertà di impresa per il gioco, ma senza considerare la dignità della persona di cui tenere conto come valore da affermare.
Gli spazi di manovra li abbiamo trovati nella legge del 2023 per dettare norme chiare.
La successiva legge delega del 2025 serve per far muovere il Governo sui limiti di giocata e di vincita e poi sul riordino del sistema sanzionatorio.
L'autolimitazione, ha concluso Brunetti, è sufficiente per mettere dei limiti al gioco?
La proposta potrebbe essere quella della tessera del giocatore virtuoso che garantisce la libertà d'impresa e di gioco ma senza che nessuno dovesse soffrire la povertà, ha concluso il magistrato.
A seguire è intervenuto Antonio Clemente, già sostitutio procuratore della Repubblica di Benevento ed oggi magistrato in servizio presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Roma, il quale ha parlato de "La formazione per una efficace prevenzione della ludopatia".
Clemente ha subito sottolineato che il tema trattato è di fondamentale importanza.
La Caritas si sporca le mani con la realtà.
Dopo tanti anni di questo mestiere, ho capito che prevenire è meglio che curare e questo anche per evitare costi e sofferenze ma come lo è per la droga, nel momento in cui arrestiamo degli spacciatori ve ne sono già altri pronti a subentrare.
Reprimere sì, ma sopratutto bisogna dedicarsi alla formazione, prevenzione ed al cambiamento di ordine culturale, ha insistito Clemente.
Solo con la repressione non si risolvono i problemi.
La ludopatia provoca danni alle persone e si intreccia poi con l'usura per avere soldi e con la necessità di compiere reati anche gravi per procurarsi il denaro occorrente.
Bisogna quindi avere la consapevolezza di affrontare il problema con la formazione, ha ribadito il procuratore.
Non è più un gioco quello dell'azzardo, ma un impulso irresistibile.
La formazione dunque deve essere varia, continua ed interattiva.
La prevenzione va fatta anche nelle scuole, sono gli insegnanti il primo presidio.
Questa che ci accingiamo a fare è una sfida grande, ma non impossibile, ha concluso Clemente.
A seguire è intervenuto Guido Mortali, ricercatore psicologo del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell'Istituto Superiore della Sanità di Roma, che ha trattato il tema: "Gioco patologico e le dipendenze comportamentali nella generazione Z".
Le ricerche sin qui effettuate, ha esordito Mortali, sono state finalizzate ad individuare una fotografia su base nazionale.
Questa generazione è stata individuata come una miniera d'oro perché predisposta alle dipendenze.
Gli adolescenti non hanno, per formazione fisica, la corteccia prefrontale per contenere gli impulsi senza valutare le conseguenze.
La generazione Z va dagli 11 ai 17 anni.
I giocatori minorenni sono il 29,2% della popolazione ed il 21% agisce online, ha concluso Mortali.
Un altro intervento è stato quello di Domenico Airoma, magistrato, procuratore della Repubblica del Tribunale di Avellino e vice presidente nazionale del Centro Studi "Livatino", il quale ha trattato il tema: "Libertà dalle dipendenze: Una priorità" ed ha esordito dicendo che la riflessione a farsi è sulla speranza.
E quindi che fare?
Quali gli atteggiamenti da porre in essere rispetto a tale pandemia?
Potremmo fermarci ai sintomi e provare a curarli o ritenere buono l'aspetto della repressione.
I profitti dalle organizzazioni di scommesse, oramai sono considerati pari a quelli del traffico di sostanze stupefacenti.
Si rimane comunque su chi sfrutta la patologia ma il problema è la causa.
La resa è data dalla politica del contenimento del danno.
Ed allora, meglio legalizzare?
Non si risolverebbe un bel niente anche perché più si estende la domanda più aumenta l'offerta e chi profetizza sulla legalizzazione dice una sciocchezza.
Non bisogna lanciare messaggi contrastanti ma unici e dire che il gioco d'azzardo fa male.
Anche io ho giocato una volta, ho vinto, ma non ho rigiocato e con quei soldi ho offerto la pizza ai miei collaboratori.
Anche lo Stato contribuisce a sostenere il gioco, ed allora da che parte stare?
L'uomo è un soggetto particolare, capace di fare del male ma anche tanto bene e dunque la vera mano è il senso della libertà che abbiamo detto essere illimitata.
Ed allora, se così fosse, perché sovvertire il senso della regola?
Siamo come in presenza di quel filo sottile che lega l'astronauta alla navicella. Senza di esso, quando è all'esterno del veicolo, pienamente libero, si perderebbe nello spazio.
E' una malattia della nostra libertà.
Bisogna essere liberi non Da ma Per.
Se non trasmettiamo questo mesaggio avremo una generazione di dipendenti dal gioco d'azzardo, ha concluso Airoma.
Il procuratore della Repubblica aggiunto di Benevento, Gianfranco Scarfò, ha detto che anche nel "codice rosso", riferito alla violenza di genere, vediamo gli effetti della ludopatia ed anche con il reddito di cittadinanza è lo stesso.
Lo vediamo nelle fasce povere ma anche tra soggetti giovani quali i calciatori che hanno voragini di ludopatia.
In realtà abbiamo legalizzato il gioco d'azzardo.
Attualmente rischiamo di punire, con le norme vuote che abbiamo, anche chi sta a casa a giocare a tombola.
Lo Stato non riesce a comunicare che con il gioco la gente si rovina.
La donna anziana non si fa una canna perché ritiene che drogarsi sia un vizio brutto, ma non la pensa così quando gioca fino a mangiarsi l'intera pensione.
Su questo bisogna lavorare, ha concluso Scarfò.
Qui si è inserito il prefetto Moscarella per dire che sotto la sua gestione sono state colpite sul gioco illecito, sette società.
A chiudere gli interventi l'arcivescovo Accrocca il quale ha sottolineato che sono stati tanti gli stimoli ricevuti da questo incontro.
Per prima cosa, ha detto il vescovo, sono d'accordo sul cambio della termonologia e bisogna che le cose vengano chiamate con il loro nome senza anastetizzarle.
La legalizzazione fa estendere il problema. Abbiamo contro poteri forti che creano i bisogni. Poi c'è il problema legislativo. La sola repressione non serve a niente e non è vero che lo Stato, ci guadagna dal gioco d'azzardo ma i poteri forti sì.
Da nove anni che sono qui, ha continuato mons, Accrocca, il problema non è regredito ma si è diffuso.
Bisogna favorire la problematica secondo l'aspetto positivo ed insistere sul valore medicinale della pena ed aumentare l'esperienza di servizio per far provare ai giovani emozioni profonde.
Questo potrebbe far mettere gli anticorpi ed evitare le cadute su ciò che stiamo parlando.
Se così non sarà, come pagheranno questi debiti che contraggono per giocare, con la prostituzione, maschile o femminile che sia?
L'ultima battuta l'ha fatta Pasquasle Zagarese che ha parlato di una Caritas illuminata e che non può non essere nel sociale.
La Caritas è gli occhi della Chiesa.
Ci auguriamo che con questo gruppo di lavoro che abbiamo composto si vada avanti e che tra noi ci possa essere collaborazione.

  

  

  

  

  

  

  

  

comunicato n.173237




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