Cogliamo il messaggio di Benedetto Croce, che ci interroga e ci induce alla riflessione, che e' quello della necessita' alla convivenza
"Perche' non possiamo non dirci "cristiani". Letture e dispute sul celebre saggio di Benedetto Croce", il libro di Ortensio Zecchino presentato alla Biblioteca "Pacca" alla presenza di un pubblico forse inaspettato. Sala gremita anche in omaggio all'autore, un personaggio di spicco della Prima Repubblica
Nostro servizio
Non era scontato che il salone della Pubblica Biblioteca Arcivescovile "Francesco Pacca", si riempisse completamente di persone interessate alla filosofia ed al pensiero di Benedetto Croce, ed invece così è stato.
Il tutto, con ogni probabilità, anche in omaggio al personaggio della serata, l'autore del libro "Perché non possiamo non dirci "cristiani". Letture e dispute sul celebre saggio di Benedetto Croce", Ortensio Zecchino (nella foto di apertura è con Robeto Costanzo), protagonista della vita politica nazionale ai tempi della prima Repubblica rivestendo anche l'incarico di ministro dell'Università e della Ricerca in tre Governi.
Ad aprire i lavori è stato Mario Verrusio che ha subito sottolineato la capacità dell'autore di scendere negli argomenti di cui si parla proponendo anche la domanda: Chi sei stato, in che cosa hai creduto?
Sono un cristiano e questo testo è rigorosissimo.
Si tratta di un saggio con finalità filosofiche e storiche.
Sono abituato, ha proseguito Verrusio, da procuratore legale, a leggere dall'ultima pagina e qui ho trovato una sorta di messaggio silente.
Forse Zecchino, non riproporrebbe negli stessi termini di oggi qualche sua azione politica degli anni trascorsi.
Il libro, affronta anche principi con difficoltà interpretativa anche perché nel testo del Trattato di Lisbona che istituisce la Comunità Europea, non c'è il riferimento alle radici cristiane, ha concluso Verrusio.
Mons. Mario Iadanza, nel suo indirizzo di saluto ha parlato dei 250 anni dalla fondazione della Biblioteca "Pacca" voluta da Francesco Pacca, arcivescovo e dal bibliofilo Francesco Maria Banditi, anch'egli arcivescovo di Benevento.
Mons. Iadanza si è quindi chiesto: Le biblioteche hanno anche un futuro?
Lo devono avere, ha risposto egli stesso, in quanto sono granai che sono riserve dello spirito.
A tale riguardo ha annunciato che la Biblioteca riprenderà la sua attività con la presentazione ogni quindici giorni di libri favorendo il dibattito ed il confronto ed assolvendo quindi il suo ruolo.
Si partirà con la presentazione del Registrum privilegiorum, manoscritto recentemente restaurato.
A seguire ha preso la parola mons. Felice Accrocca, arcivescovo, che ha manifestato la sua gioia per questi momenti ritenuti giusti e necessari anche per la congiuntura storica ch viviamo.
E' interamente da rivedere l'ostracismo a Benedetto Croce anche da cattlolici?
C'è una unità di pensiero intorno a dei valori un tempo contrastati. Senza steccati, ci si dovrebbe incontrare per porre dei tasselli a salvaguardia di essi.
Il primo relatore è stato Giancristiano Desiderio, giornalista e saggista, che ha parlato dell'attenzione che si pone all'opera di Benedetto Croce. Questo farebbe parlare di un ritorno verso questo filosofo ma questa è una frase, una concezione, da evitare perché non c'è una frase più anticrociana di questa.
Dal 1989 ad oggi la casa editrice Adelphi continua a stampare opere di Croce. E' la storia che gli ha dato ragione.
La pubblicazione di Ortensio Zecchino ha il merito di non aver scritto un saggio intorno a quello di Croce "Perché non possiamo non dirci "cristiani" che comparve sulle pagine della "Critica" il 20 novembre 1942 e che da allora non ha cessato di essere centro di interessi e dibattiti, un libro dunque, quello di Zecchino, che discute di esso in maniera sia diretta che indiretta.
Al suo interno anche citazioni di don Luigi Sturzo e di Alcide De Gasperi con la sua natura antitotalitaria.
A seguire ha preso la parola il secondo relatore, Pasquale Giustiniani, filosofo e saggista, che ha esordito ricordando le reazioni durissime della Chiesa che mise all'indice le opere di Benedetto Croce e ciò andò avanti fino al 1960 quanto la Chiesa medesima disse che non c'era più la lista dei libri all'indice, libri vietati cioè.
L'autore Zecchino chiarisce il testo ed il contesto e già dall'inizio della lettura sappiamo come va a finire ed il prosieguo delle pagine la dobbiamo considerare come una analisi meticolosa.
Quello di Benedetto Croce fu un saggio a cui arrise, peraltro, una fortuna eccezionale ancorché scritto durante la guerra, siamo nel 1942.
Croce fu critico verso la Chiesa ma salva i cattolici liberali.
Poi Giustiniani svela un inedito e cioè chi fosse il docente di Liceo di Benedetto Croce.
Fu Giuseppe Prisco che fece usare per lo studio e per le successive interrogazioni testi di teoria e teoretica morale e questo fece anche comprendere quale poteva essere il successivo percorso del suo allievo.
Giustiniani ha anche detto a Zecchino di valutare di inserire questo episodio in una nuova edizione del volume così come il mancante indice delle tavole.
A chiudere è stato ovviamente l'autore, Ortensio Zecchino che ha parlato del libro come di una sua interpretazione del Saggio tra i più letti e commentati.
La sua è stata una lettura su una triplice linea e cioè quella filosofica, quella spirituale e quella politica.
Da un punto di vista filosofico non dimentichiamo che Benedetto Croce ha scritto il suo Saggio nel mezzo della tragedia della guerra allorquando, nel 1942, gli esiti erano ancor incerti.
Il nazifascismo poteva essere addirittura vincente e lui questo lo avvertiva proprio come un terrore fisico e diretto e così durante una notte insonne decise di scrivere questo Saggio profondendo in esso una partecipazione sofferta in un tempo drammatico.
Il Saggio va letto nel contesto del tempo, ha avvertito Zecchino, e della filosofia di Croce.
Egli ha aggiunto la categoria della vitalità, a quelle del bello, del buono e del brutto.
Dal punto di vista spirituale, ha continuato l'autore, il testo non è in contraddizione con il pensiero profondo di Croce. Egli non era un credente ma un pensatore antipositivista, considerando che il positivismo era la negazione di ogni atto di spiritualità, ma con senso profondo della religiosità senza la quale non si può vivere.
In tutto questo, ha proseguito Zecchino, appare però strano che addirittura nel 1995 su "Civiltà Cattolica" compare addirittura un editoriale nuovamente contro Benedetto Croce. E siamo dopo il Concilio Vaticano II.
La Chiesa non è mai stata tenera, anzi è stata cattiva contro Croce.
Relativamente all'aspetto politico, il Saggio è stato lanciato come messaggio che tutti si possa stare sotto una cupola immaginaria che possa comprendere tutti gli spiriti liberi.
Con le forze dell'Asse che si dissolvevano, arrivava il pericolo del totalitarismo bolscevico e Croce lo capisce ed anche questo non è gradito, stavolta, alla Sinistra.
Il messaggio che egli voleva lanciare era quello di ricostruire l'Italia con le forze della libertà.
Egli infatti distingue la Chiesa che lo osteggia, dal cristianesimo.
Non amava i democristiani ma solo perché li riteneva la longa manus del Vaticano ma stimava però sia don Luigi Sturzo che Alcide De Gasperi con i quali intuì il pericolo del comunismo e la necessità di mettersi insieme per contrastarlo, insieme cattolici e liberali.
Oggi, ha concluso Zecchino, la coscienza di ciascuno di noi sottolinea la necessità della convivenza.
Il messaggio di Croce è un appello che dovremmo saper rilanciare in queste situazioni anche blasfeme.
Il Saggio di Croce ci interroga e ci induce ad una profonda riflessione.
comunicato n.166604
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