Caro Domenico l'amicizia che a te mi lega non mi vieta di fare anch'io un'analisi a quanto tu hai scritto su "Gazzetta" sull'astensionismo
Io appartengo alla folta schiera di quanti hanno disertato le urne. Non per questo mi ritengo, come tu sostieni, di "essere disinteressato ad un vivere civile", afferma Peppino De Lorenzo
Redazione
Peppino De Lorenzo (nella foto è con Domenico Russo), inserendosi nel dibattito generato dalla valutazione di Domenico Russo a commento della votazione per il rinnovo del Parlamento Europeo, scrive una lettera aperta all'amico (nella foto di apertura De Lorenzo e Russo).
E' una considerazione schietta e sicera che arricchisce il confronto.
"Caro Domenico, l'amicizia che a te mi lega non mi vieta, converrai con me, di fare anch'io un'analisi a quanto, giorni fa, tu hai scritto su "Gazzetta", dopo il recente voto per il rinnovo del Parlamento Europeo.
La mia, sia chiaro, da subito, è una valutazione personale, è ovvio, che rivolgo ad una persona, come te, che stimo molto e che, senza verun dubbio, rappresenta una delle pochissime conoscenze positive, pur avendo quotidiani contatti con tanta gente, che ho avuto modo di fare in questi ultimi anni.
Vedi, caro Domenico, per quanti sforzi abbia fatto, non sono riuscito a condividere il tuo asserito.
Questo il motivo del mio intervento, fors'anche tardivo, nella tema che, a caldo, sarei stato frettoloso nel giudizio.
Io appartengo alla folta schiera di quanti hanno disertato le urne.
Non per questo mi ritengo, come tu sostieni, di "essere disinteressato ad un vivere civile", né, tanto meno, "poco degno della nostra Costituzione" ed, ancora, "irrispettoso dei numerosi italiani, nostri padri, che hanno perso la vita per donarci una gloriosa Repubblica democratica" e giù di lì, come tu hai definito me e la stragrande quantità di cittadini che non hanno espresso il diritto al voto sancito dall'articolo 48 della Costituzione della Repubblica Italiana.
La tua reprimenda mi ha ferito non poco ed è stata più pungente di quella dei miei familiari, mia moglie in particolare che, da compagna premurosa di una vita, per andare a votare, per la prima volta in tanti anni di matrimonio, mi ha lasciato sofferente a letto.
In quelle ore, infatti, lottavo contro un'altra crisi dei miei otoliti e, mentre io, pensoso di tutti gli impegni professionali del giorno dopo, cercavo, riunendo tutte le forze, di fermare, rimanendo immobile a letto, quella giostra impazzita, gratuita e senza pagamento, lei si preoccupava del voto.
No, caro Domenico, la situazione che ci circonda è drammatica, veramente drammatica.
Si sa bene che, essendo stato allevato con ideali di sinistra, sono rimasto, cocciutamente, a sinistra.
Credimi, però, che non avrei avuto tema a votare anche un rappresentante dell'estrema destra qualora sicuro che la mia preferenza fosse caduta su qualche candidato che potesse rappresentare il nuovo nel vero senso della parola.
Pochi, come me, conoscono a fondo la storia della nostra comunità, a partire dagli anni Cinquanta, ed avrei tante e tante cose da dire. Potremmo parlare per giorni interi.
Mi fermo qui nella tema di altre querele, arma, quest'ultima, cui sono usi alcuni nostri rappresentanti istituzionali cercando, in questo modo, di chiudere la bocca agli uomini liberi come me.
Non mi spaventano le querele, ma, alla mia età, non avendo fiducia nella magistratura, sono stanco di salire ancora le scale del Tribunale.
Per avere creduto in determinati valori, caro Domenico, ho pagato e sto pagando ancora un prezzo altissimo.
A chi, allora, avrei dovuto votare? Il seguito avrò modo di dirtelo, a viva voce.
I tuoi amici mastelliani mi hanno distrutto la vita cercando, il che è gravissimo, di annientarmi come professionista e non quale politico.
Quando, qualche settimana fa, ho partecipato, anche in un incontro privato oltre a quello pubblico, al convegno in tema di errori giudiziari, di cui tu sei stato uno dei principali organizzatori, all'indomani, ho scritto su "Gazzetta" una dettagliata valutazione su quanto patito qui. Nessuno mi ha dato risposta.
In un Paese civile e democratico, le autorità giudiziarie mi avrebbero dovuto, senza indugi, convocare e chiedere spiegazioni e prove di quanto asserito.
Invece, il silenzio generale. Tanti i compiacimenti verbali e telefonici, ma non c'è stato un solo cittadino, dico uno, che abbia avuto il coraggio di esporsi.
Quell'articolo l'ho inviato anche al ministro di Giustizia. Ancora attendo una risposta che, di sicuro, non ci sarà.
Quindi, caro Domenico, con il mio voto avrei dovuto sostenere uno Stato che ignora i professionisti onesti.
Nella nostra città vi è una polveriera di cui tanti conoscono l'esistenza, ma che, volutamente, si preferisce coprire con il silenzio.
Qui, c'è qualche avvocato che si prende l'arbitrio di definire "avanzo di galera" un uomo come me ed invece di essere difeso, mi trovo soccombente.
Vivaddio, ma siamo al punto che non ci sia stato un maresciallo od un giudice che si sia posta la domanda: "Ma De Lorenzo che dice?"
E' vero che sono al tramonto della vita, ma se riprendo l'antica forza parlerò senza fermarmi.
Se qualcuno vorrà ascoltarmi, io sono qui.
Spero solo che i moralisti di oggi pensino, magari per un attimo, che un giorno si troveranno dinanzi al Giudice Supremo, ove non serviranno le querele, oltre la cui sentenza c'è l'infinito.
Peccato che alla presenza del Giudice Supremo io creda ben poco, anche se mi ritenga più cristiano di tanti presunti cattolici che di cattolico sono usi solo riempirsi la bocca.
Perdonami, Domenico, di questo sfogo e puoi essere convinto che, malgrado, in questa occasione, abbia dissentito dal tuo asserito, ti ho voluto e ti voglio, veramente, bene".
comunicato n.164504
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