Portale multimediale d'informazione di Gazzetta di Benevento

 

stampa

letto 2642 volte

Benevento, 25-05-2024 14:49 ____
La malagiustizia, quella praticata da magistrati distratti, prevenuti, incompetenti che provocano "errori giudiziari" e' la negazione della speranza
Lo ha affermato Giuseppe Guida al convegno voluto da Domenico Russo. Con Nordio ho lavorato sei anni in Commissione Giustizia e dico che non ce la fara' mai a far varare la sua riforma della Giustizia altrimenti fara' la fine di Mastella. Chi tocca i fili della magistratura muore, non c'e' nulla da fare, ha detto Raffaele Della Valle, il difensore di Enzo Tortora. Al Teatro Comunale anche Beniamino Zuncheddu, in galera per 33 anni per un delitto mai commesso
Nostro servizio
  

Mattinata importante quella che si è tenuta stamane al Teatro Comunale dove è stato affrontato il grande tema della malagiustizia, quella praticata da magistrati distratti, prevenuti, incompetenti che provocano "errori giudiziari", la negazione cioè della speranza nel futuro, come dirà Giuseppe Guida, avvocato, responsabile dell'Osservatoro sull'Errore Giudiziario dell'Unione delle Camere Penali Italiane.
Prima che il convegno avesse inizio, e dunque "all'alba", come scherzosamente dirà Antonella Marandola, docente di Diritto Processuale Penale al corso di laurea in Giurisprudenza di Unisannio, "sollecitati" senza possibilità di diniego dall'organizzatore principale dell'evento, Domenico Russo, avvocato, già presidente della Camera Penale di Benevento ed oggi componente dell'Osservatorio di cui è responsabile Guida, hanno fatto visita alla sede di "Gazzetta" i protagonisti tutti di questa giornata simbolo dell'attacco oramai costante, incontrollato e smisurato ai diritti della persona.
Siamo rimasti emozionati dalla presenza soprattutto, non ce ne vogliano gli altri, del grande penalista Raffaele della Valle, oggi magnifico 85enne, che in tanti, tra quelli che hanno anni di età a soddisfazione, ricordano per aver assunto la difesa, agli inizi degli anni Ottanta, di Enzo Tortora, il caso giudiziario che scosse l'intero Paese.
Tortora, caro a tutti gli italiani per il grande seguito che seppe costruire con il suo programma televisivo "Portobello", fu arrestato a seguito del "riconoscimento", da parte di alcuni pentiti della camorra, quale componente di quella organizzazione criminale. Poi, come si sa, Tortora venne assolto ma la sua vita oramai restò segnata per sempre da quella ingiusta detenzione e forse, fu detto, anche il, male che poi lo portò anzitempo alla tomba, fu sollecitato e stimolato da quel tristissimo evento.
Anche la Stampa dell'epoca ci mise del suo, malevolmente, ed anche dopo l'assoluzione con formula piena in tanti restò il dubbio...
A Della Valle abbiamo detto che di tutta quella vicenda, ciò che ci è rimasto ancora oggi, dopo oltre 40 anni, vivido nella mente, fu il pianto proprio di Della Valle allorquando il presidente della Corte d'Appello proclamò l'assoluta innocenza del presentatore, innocenza poi confermata anche dalla Cassazione.
Della Valle si è battuto e si batte ancora in maniera decisa contro un certo modo di amministrare la giustizia e lo fa pur avendo nel suo animo un "freno" sentimentale essendo figlio di un magistrato e con una sorella moglie di un altro magistrato.
Un pianto che scaricò una tensione enorme...
L'avvocato Della Valle ha esordito dicendoci di essere fortemente emozionato di essere qui nella sede di "Gazzetta", in questo contesto culturale e storico.
E' per me un tuffo nel passato perché Benevento, per me che sono piemontese e mi vanto di esserlo, ma con mio padre che era di Napoli e mia mamma di Pavia, è l'incrocio tra la cultura longobarda e quella dei sanniti e dei romani.
Spesso mi scopro messere più meridionale che settentrionale laddove esercito il mio potere di critica e di indipendenza e di autonomia proprio perché entrambi i popoli abbiamo sempre combattutto da sudditi rispetto a chi ci dominava.
Per me il processo Tortora è stata, dunque, una cosa drammatica, ha detto Della Valle.
Mi sono trovato a dovere criticare, aggredire, talvolta anche con violenza verbale, specie nell'arringa finale, una istituzione cui per me e per la mia tradizione, dovevo la massima reverenza perché ero figlio di magistrato, un magistrato di quelli che vedevo di notte scrivere le sentenze (e qui l'avvocato Della Valle è stato interrotto da un groppo alla gola che non gli ha consentito di trattenere il pianto) con la sua macchina da scrivere, stracciando i fogli più volte e non come oggi che si fa copia ed incolla, per poi riprendere a scrivere ed a rifare e questo per ore ed ore.
Sono stato vicino a lui quando per esempio diceva che doveva dare torto ad un Tizio, in sede civile, perché il suo avvocato aveva sbagliato la causa.
Per uno come me, che aveva il concetto di giustizia così pronunciato, era estremamente difficile dissociarsi e soprattutto ipotizzare, ma in concreto, che potessero esserci, nel 1983, ancora magistrati che scelta una strada non davano più corso ad esplorarne od a verificarne un'altra.
Parliamo di magistrati che erano ancora fermi all'inquisizione e quindi questa mia sensazione mi ha accompagnato per tutto il processo unitamente alla completa solitudine.
I giornalisti sono stati in pochi ad esserci vicini anche se devo dare atto ad uno di voi che poi si emendò, ci ha detto Della Valle.
Il "Messaggero", il giornale di Roma, il giorno dopo l'arresto, scrisse con titolo in grande: "Tortora ha confessato". Tutto falso. Siamo arrivati a queste ignominie, a paragonare poi addirittura i due inquirenti ad "i Maradona del diritto".
Il mio pianto è stato liberatorio ma quando combatti nella certezza morale, prima ancora che giuridico, che il tuo assistito è innocente, capisci che quando ho sentito: "In nome del popolo italiano..." e qui nuovamente l'avvocato Della Valle si è fortemente emozionato ed è stato sostenuto dall'applauso dei presenti per riprendere il suo intervento in risposta alla nostra domanda.
Ancora una quesito abbiamo rivolto a Della Valle e cioè che cosa ritenesse lui, che è stato parlamentare e componente della Commissione Giustizia, possa e debba fare il Parlamento per cercare in qualche modo di frenare questo modo di agire della magistratura che nella considerazione degli italiani è oramai a fondo di ogni pur benevola classifica di merito.
Due cose, ci ha detto Della Valle debbono essere fatte subito.
Scioglimento delle correnti.
Poi se vogliamo fare un Consiglio Superiore della Magistratura, anzi due poi si vedrà, senza il condizionamento delle correnti ma solo magistrato Tizio e magistrato Caio e senza la buffonata, cui ho assistito recentemente. Poi, ancora, occorre la separazione delle carriere.
Non è possibile continuare in uno stato in cui i due pugili che stanno sul ring uno è parente stretto dell'altro.
Ci sono delle incompatibilità nel nostro mondo giudiziario che sono terrificanti.
Mi sono battuto per la separazione delle carriere dal 1983. Oggi mi sto battendo anche per la separazione dei letti, marito, moglie, amante.
Ci sono degli uffici giudizari paralizzati perché il giudice per le indagini preliminari se la vede col colonnello dei Carabinieri; perché il giudice dell'udienza preliminare se la vede con il pubblico ministero...
Tutto lo sanno ma sono paralizzati.
Ci vuole allora un codice etico serio, senza fare inquisizione e senza guardare sotto le lenzuola, ovviamente ma che ci sia da affrontare questo problema è fuori di dubbio.
Nessuno ne parla perché c'è già la sudditanza legislativa in più c'è quella para sentimentale. Ed allora ditemi voi cosa fa un avvocato...
Intendiamoci, ci siamo in mezzo anche noi perché ci sono avvocati maschi e femmine che hanno rapporti particolari.
Ed allora, quello che dovrebbe essere un pianeta fulgido e di cristallo, si presenta con troppi punti oscuri.
Ribadisco che è urgente separare le carriere, che non è un attentato all'autonomia del magistrato, mi fanno ridere quando lo dicono...
Questi giornalisti che scrivono così, poveracci, si sono resi conto che negli anni Novanta c'era una Procura, quella di Roma, che era detta il porto delle nebbie?
Con Nordio (l'attuale ministro di Giustizia ndr) ho lavorato sei anni in Commissione Giustizia per la riforma del Codice di Procedura ma non ce la farà mai a far varare la sua riforma della Giustizia altrimenti farà la fine di Mastella. Chi tocca i fili della magistratura muore, non c'è nulla da fare.
A questo punto abbiamo fatto una domanda anche a Beniamino Zuncheddu (dopo 33 anni di silenzio, oggi facciamolo parlare, ha detto con una battura Della Valle), un uomo oggi 59enne, incarcerato per triplice omicidio e per 33 anni è stato dietro le sbarre prima di vedersi riconosciuta la totale estraneità ai fatti. E' invecchiato in cella. Aveva 26 anni quando i Carabinieri lo prelevarono e lo portarono in Carcere.
A lui abbiamo chiesto: Quando giungono le prime luci dell'alba, le stringe ancora il cuore pensando che qualcuno in divisa potrebbe bussare alla sua porta?
No, ci ha risposto scherzando. Per il momento no, non mi fa questo effetto ed ho un riposo tranquillo e sereno.
Grazie al giovane avvocato, alla sua abnegazione e professionalità, Mauro Trogu, (che ha ricevuto un "bravissimo" dettogli dall'avvocato Della Valle perché in lui si è rivisto ndr) ha raggiunto la sentenza di assoluzione dopo 33 anni di carcere.
Una vita distrutta, abbiamo sottolineato a Zuncheddu, la possono anche coprire di soldi per l'indennizzo per ingiusta detenzione, ma la sua vita non c'è più, quella dell'innamoramento, della gioventù, della possibilità di sposarsi, di avere figli...
La libertà, ci ha risposto Zuncheddu, non ha prezzo e non ci sono soldi che possano compensarla.
Che idea si è fatta di questo meccanismo diabolico che l'ha stritolata? I magistrati non hanno proprio considerato le sue ragioni... abbiano ancora chiesto al cagliaritano
Per niente, ci ha risposto. Mi hanno preso e portato dentro, in galera.
A posto.
Sono stato condannato e chiuso il caso.
In un anno e due mesi, ci ha ancora detto Zuncheddu, confortato dal suo avvocato, sono stato sottoposto a tutti i tre gradi di giudizio. Una velocità sorprendete e che forse non ha eguali in Italia.
Però lui ha avuto anche una grande fortuna, quella di avere una sorella che, assieme al marito (tutto presenti a "Gazzetta") l'han sostenuto in tutti i 33 anni di prigionia ed è stata lei che ha incontrato l'avvocato Trogu e gli ha conferito l'incarico.
Beniamino non ha una risposta ancora oggi al perché sia successo tutto questo e perché a lui, ci ha detto Trogu che, all'epoca della revisione del processo aveva 36 anni.
Quando gli ho chiesto in carcere di cosa sapesse di questa vicenda e come mai fosse finito in essa mi ha risposto: Non lo so.
Ma come, gli dissi, che significa non lo so?
Una idea te la sarai fatta su chi sia stato al posto tuo.
Io pensavo che fosse una risposta omertosa, magari è colpevole e non vuole parlare dei complici, ha detto Trogu.
Ed invece lui, e io con lui ancora oggi, perché sia stato scelto non lo abbiamo ancora capito. Abbiamo qualche idea, qualche sospetto, ma nulla di concreto.
E' toccata a lui come poteva toccare al suo vicino di casa...
Qui l'avvincente racconto lo abbiamo dovuto interrompere perché si era fatta l'ora di raggiungere il Teatro Comunale ma tutti hanno sottolineato la bravura dell'avvocato Trogu nell'accettare un caso così difficile che avrebbe potuto stroncargli la promettente carriera se l'esito fosse stato magari di conferma della condanna di primo grado inflitta al suo assistito.
L'avvocato deve investire sulle cose giuste, si è inserito Della Valle, e lui, Trogu, lo ha fatto perché capiva che quello era giusto e non gliene fregava nulla nemmeno dei soldi.
Quando accettiamo una causa noi la sposiamo e se non la si ritiene giusta, meglio non farla. Devi sentirtela nel cuore.
Un aneddoto contenuto nel libro, ci ha infine raccontato Domenico Russo.
Sono andati nel rifugio di montagna, dove è avvenuto questo triplice omicidio, per l'esperimento giudiziario che doveva servire a comprendere cosa avesse potuto vedere il testimone che poi si è rivelato falso, mentre stava a terra, nascosto dietro un letto e cosa potesse aver visto dell'assassino che entra in questa stanza dopo aver sfondato la porta con un calcio.
L'assassino uccide subito una prima persona, poi spara alla seconda che miracolosamente si salva.
Vanno di giorno, ha proseguito Russo nel racconto, a fare questo esperimento e non di sera quando è successo il fatto di sangue per vedere cosa avesse visto il killer e non cosa vedeva il testimone.
Mauro Trogu nella revisione del processo fa invece il contrario portando con sé anche Zuncheddu.
Servivano i manichini per ripetere quella scena dal vivo.
Erano in pochi i presenti ed allora è stato detto: Chi fa il killer, chi fa il killer?
E fu così che non ricendo risposta, scelsero proprio Zuncheddu, chiamato a replicare la scena che gli era stata raccontata che consisteva inizialmente nello sfondare anche la porta con un calcio.
Va Beniamino, gli fu detto. Egli partì ed appoggio piano piano il piede sulla porta per non danneggiarla...
Questa scena, che diventa comica nel dramma, fa capire che ci si trova di fronte ad un soggetto che aveva addirittura timore di rovinare la porta nella sua rappresentazione.
La scena fu ripetuta più volte.
Per commettere un omicidio del genere, ha concluso Russo, ci vuole una struttura, una freddezza ed una carica di violenza che Beniamino Zuncheddu certamente non ha.
Conclusa questa lunga anteprima a "Gazzetta" con i protagonisti della giornata, l'avvio, puntuale, è stato dato da Domenico Russo nel Teatro Comunale partecipato tra gli altri da allievi di varie scuole superiori.
Ad aprire la lunga sequela dei cosiddetti saluti istituzionali, che hanno impegnato l'uditorio per circa due ore tanto è vero che il convegno è terminato dopo le ore 13.00, una matatona lunghissima e per il futuro da evitare (lo diciamo sempre ma inascoltati ndr), è stato il presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, che ha supportato l'iniziativa, Stefania Pavone, che ha evidenziato subito che ci sono delle mancanze (negli stessi minuti si celebrava al Tribunale il commiato del presidente Marilisa Rinaldi ndr) ma sono presenti i cittadini e tanti ragazzi. In loro bisogna poter piantare il seme della legalità
Pavone ha ringraziaro Domenico Russo e Simona Barbone per l'organizzazione del convegno ed ha sottolineato la presenza del presidente della Sezione Penale del Tribunale, Segio Pezza, che non ha voluto far mancare la sua presenza nonostante l'impegno istituzionale lo chiamasse altrove.
Questo, ha detto ancora Pavone, è un evento che scuote le coscienze e soprattutto quelle di chi ingappa in una giustizia ingiusta. Tutti dovrebbero convincersi che in ogni processo, innanzi a tutto è in gioco una vita umana.
Sergio Pezza, nel prendere la parola ha detto che la magistratura non è insensibile a questi temi.
La publica opinione, peraltro, è portata più a non accettare che il sistema possa mandare in carcere una persona che alla fine risulterà essere non colpevole mentre regge che un colpevole sia tenuto fuori dal carcere.
L'errore giudiziario, ha proseguito Pezza, non significa sempre che il giudice sia stato disattento o poco scrupoloso.
Questo errore giudiziario non può essere cancellato dal nostro sistema ma si può limitare nella frequenza.
Russo, riprendendo la parola, ha svelato che il sindaco Mastella gli disse, dopo l'assoluzione dal suo processo, che penseranno di me i magistrati se mi candido a sindaco di Benevento? Lo potrei fare?
Certo che sì, gli rispose all'epoca Domenico Russo.
Ed a questo punto sul palco è salito proprio Mastella che ha parlato di violenze giudiziarie incredibili.
Ma qui oggi manca l'interlocutore terzo che è la politica.
Quella di Zuncheddu è una vicenda umana che vede la giustizia arrivare dopo 33 anni ma per chi fa politica la cosa è ancora diversa.
Io da ministro di Giustizia, dopo il fatto giudiziario che colpì fortemente la mia famiglia, compresa mia moglie e mio figlio, andai dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per dirgli che non potevo più fare il ministro di Giustizia.
Il segretario generale della presidenza della Repubblica, mi disse poi che il presidente aveva detto che dovevo dimettermi, ma io lo avevo già fatto.
Ho amore per la giustizia, ha proseguito Mastella, ma credo poco in essa.
Toti, il presidente della Regione Liguria è stato prelevato alle 6.00 del mattino nella sua abitazione; un giornalista si è visto arrestato alle 3.00 del mattino.
Tutto questo non è corretto ed è insopportabile (ovviamente non per l'orario, riteniamo, ma per il fatto in sé ndr).
Da quello che vedo in giro la riforma della Giusizia tanto annuncuiata, alla fine non ci sarà. La politica è debole perché ha paura dei magistrati.
A me Cossiga disse dopo la mia nomina a ministro di Giustizia: Guarda che da questo momento due o tre Procure indagheranno su di te...
Non perdonerò mai, ha concluso Mastella, chi ha toccato la mia famiglia ed anche i più fragili che hanno avuto danno irreparabili da quella vicenda.
Simona Barbato, presidente della Camera Penale, ha detto che dal 2014 sono impegnati con gli studenti e stamane sono qui quelli del Liceo di Colle Sannita, dell'Istituto "Alberti", del Liceo Classico "Giannone", del Liceo Economico Sociale di Solopaca.
A loro vogliamo trasmettere i principi liberali del giusto processo che non sono quelli della cosiddetta notifica degli atti in edicola per alimentare il pregiudizio sugli innocenti, come scrive proprio Della Valle.
Angela Abbamondi direttore della Scuola di Formazione Forense, ha ricordato che i 33 anni dietro le sbarre di Zuncheddu rappresentano un fatto terribile per chi sa di essere innocente.
La regola è che tutti sbagliano ma se non sbagliare non è possibile, l'importante è riconoscere l'errore ed emendarlo. Zuncheddu sarà risarcito dopo questo lungo processo e detenzione ma la vita non è restituibile. Importante è stato il ruolo della sorella che lo ha sorretto e che ha dato l'incarico all'avvocato Trogu.
Giuseppe Guida, responsabile dell'Osservatorio dell'Errore Giudiziario è stato molto severo ed ha esordito dicendo che la ingiusta detenzione non è una fisiologia del processo e mi spiace che il giudice Pezza sia andato via e non mi può ascoltare.
Vengono violate le garanzie dell'imputato in un processo sbagliato e per questo non può passare il concetto che sì, si può sbagliare.
L'errore giudiziario è fuori dal codice vigente.
Nella libidine fisica degli arresti, siamo noi delle Camere Penali gli unici ad essere contro il processo della vendetta.
L'errore giudiziario è la negazione della speranza nel futuro, ha concluso Guida.
Poi è intervenuto Vincenzo Verdicchio, presidente del Corso di laurea magistrale in Giurisprudenza il quale ha affermato che si tratta di un tema di centrale importanza quello che si discute oggi ed anche per dimensione tecnico-giuridica e di etica.
Non bisogna però generare sfiducia nella giustizia dove l'errore è previsto dall'Ordinamento visto che ci sono tre gradi di giudizio ed è quindi emendabile.
Si può ancora fare qualcosa per i risarcimenti anche se le questioni vanno comunque affrontate con impegno etico.
A questo punto, dopo poco meno di due ore dall'inizio dei lavori, si è passati finalmente ai relatori e Russo ammetterà che la sala sembra accusare una distrazione dovuta alla stanchezza.
A prendere la parola è stata quindi Antonella Marandola, stimata docente di Diritto Processuale Penale, molto apprezzata, ha detto Russo presentandola, anche a livello nazionale.
Alla docente è stato affidato il compito di introdurre il tema del Convegno: "40 anni tra errori ed orrori giudiziari".
Lo Stato, nel caso di Zuncheddu, ha fatto un grave errore ma quello Stato siamo anche noi perché noi ad esso apparteniamo.
Il processo penale è una brutta bestia, ha proseguito Marandola, perché tocca ed incide su tutto ciò che asserisce all'essere umano.
Gli innocenti in carcere sono diventati veramente tanti in questi ultimi anni, forse sono questi i dati più alti dopo quelli citati da Francesco Carnelutti negli anni Cinquanta.
L'errore, purtroppo, non è cosa rara.
In Italia c'è l'obbligo dell'azione penale ma anche le garanzie che dovrebbe sorreggerla vengono costantemente offuscate con l'ingiusta detenzione.
Veniamo a conoscenza dell'inchiesta nella fase iniziale, magari quando c'è l'arresto, ma a noi dovrebbe interessare la sentenza che invece quasi mai viene poi pubblicata.
La comunità, ha ammonito Marandola, non deve avere fretta di sapere chi sono i colpevoli, se ce ne sono. Assecondare questo desiderio induce alla fretta che è un elemento che porta sbagliare.
Le misure cautelari devono essere considerate come una estrema ragione e da applicare essenzialmente alla criminalità orgnizzata, anche perché poi troppo spesso, ha concluso la docente, l'imputato viene poi assolto.
Ci deve accompagnare la cultura del dubbio e la questione degli anticorpo, che però stanno venendo meno.
A seguire hanno preso la parola Valentino Maimone, giornalista e co-fondatore del sito "Errorigiudiziari.com"; Raffaele della Valle, avvocato difensore di Enzo Tortora; Mauro Trogu, avvocato difensore di Beniamino Zuncheddu e lo stesso Beniamino Zuncheddu, vittima del più grande errore giudiziario della storia italiana.
Si è parlato anche del libro "Quella volta che l'Italia perse la faccia" sulla storia di Enzo Tortora e del libro "Io sono innocente" sulla vicenda giudiziaria di Beniamino Zuncheddu.

Le foto sono di Antonio Caporaso

Nella sede di "Gazzetta"


 

 

 

 

 

 

Al Teatro Comunale "Vittorio  Emmanuele"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

comunicato n.164171




Società Editoriale "Maloeis" - Gazzetta di Benevento - via Erik Mutarelli, 28 - 82100 Benevento - tel. e fax 0824 40100
email info@gazzettabenevento.it - partita Iva 01051510624
Pagine visitate 585600604 / Informativa Privacy