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Benevento, 19-05-2024 09:42 ____
Nel 1953 a Roberto Covone, medico, fu assegnata la condotta al Rione Liberta', un quartiere popolare dove regnava la poverta'
Allora non esisteva il Servizio Sanitario Nazionale ed il medico bisognava pagarlo di tasca propria. Nonostante tutto continuo' a seguire i suoi pazienti fino a qualche anno prima della morte, aiutato dall'allora giovane nipote Fernando Panarese, ricorda Peppino De Lorenzo
Nostro servizio
  

Questa domenica, Peppino De Lorenzo ricorda un altro sanitario che ha lasciato una traccia indelebile del suo passaggio terreno cogliendo, nel contempo, l'occasione per suggerire al sindaco di intitolargli una strada della città.
Si tratta di Roberto Covone.
"Conobbi Roberto Covone (foto di apertura), lui avanti negli anni, io, invece, alla soglia della laurea.
Una circostanza particolare, del tutto casuale, permise, infatti, la nostra conoscenza.
Avevo sentito spesso parlare di lui, ma non avevo mai avuto l'opportunità di avere contatti diretti.
Sarebbe stato, quindi, opportuno già solo descrivere quell'avvenimento per rinverdirne la memoria.
Tuttavia, l'immagine di questa bella figura di medico di famiglia, con il suo studio nella nostra città, in via Vianelli, a me giovane, mi aveva tanto colpito che mi sembrava doveroso, oggi, dopo tanti anni, fare una descrizione quanto più rispondente al personaggio.
Impossibile riuscire, inoltre, malgrado i reiterati tentativi, anche a recepire una sua foto.
Per questo, mesi fa, ho cercato di avere contatti con il nipote, anche lui medico, che occupa la casa e lo studio che fu del nonno, in via Vianelli, appunto, ma non poche le difficoltà incontrate al punto che, in ultimo, ho pensato di rivolgermi a lui con una lettera.
Mi riferisco a Fernando Panarese.
Ero, sì, a conoscenza di quanto, mesi fa, si era verificato, ma non della gravità dell'accaduto.
Dopo un po', a quello scritto mi ha risposto la moglie di Fernando, Sonia, una donna dolcissima, con la quale, da subito, si è stabilito un bel rapporto.
Bene. Roberto Covone nacque a S. Croce del Sannio, ove, oggi, riposa nella cappella di famiglia, il 17 agosto 1898 ed è morto nel 1986.
Raggiunta la laurea, rinunciò alla cattedra di Igiene all'Università di Napoli preferendo di andare a fare il medico condotto a Campolattaro ove conobbe la donna che, poi, sarebbe diventata sua moglie, Matilde Nardone, insegnante.
Nel 1953 si trasferì a Benevento ed essendo l'ultimo sanitario, in ordine di tempo, giunto in città, gli fu assegnata la condotta al rione Libertà, quartiere popolare ove, in quei tempi, regnava tanta povertà.
Allora non esisteva il Servizio Sanitario Nazionale ed il medico bisognava retribuirlo di propria tasca.
Roberto Covone continuò a seguire i suoi pazienti fino a qualche anno prima della morte, aiutato dall'allora giovane nipote Fernando.
Era un cultore di cinema, di cui era un grande esperto. La sua passione, la lettura. In particolare, amava Manzoni e le sue opere.
Di carattere schivo, di poche parole, era molto legato ai suoi figli, Maria Vittoria e Luigi, detto Ninì.
Amava i suoi nipoti, Fernando e Fabio, quest'ultimo avvocato a Milano, figli di Maria Vittoria, nonché Matilde e Francesca, figli del notaio Ninì, viventi a Roma, la prima, notaio come il padre, la seconda, avvocato.
La circostanza, dicevo, che mi portò a conoscere Roberto Covone avvenne nell'autunno 1975. Fu così che ci incontrammo determinando l'inizio di un rapporto di amicizia indimenticabile che durò fino alla sua morte.
In quei mesi, infatti, si stava organizzando la cerimonia a Roma, prevista per il 16 novembre 1975, che avrebbe portato alla beatificazione di Giuseppe Moscati.
Le riprese programmate erano diverse. Quelle più significative dovevano realizzarsi al Comune di Benevento, nel palazzo Leo e nella chiesa di S. Sofia.
Invitati a partecipare fummo io che, in quel tempo, avevo curato degli scritti sulla figura di Moscati, Roberto Covone, che del beatificando era stato allievo all'Università, e don Gennaro Capasso, parroco di S. Sofia, ove il beato era stato battezzato.
Furono giorni indimenticabili e la trasmissione, diffusa dalla Rai in prima serata, qualche giorno prima della beatificazione, riscontò un discreto successo a livello nazionale.
Concluso l'evento, Covone mi invitò a fargli, quando avrei gradito, visita nel suo studio ponendosi, nel contempo, a disposizione per ogni consiglio utile nel momento in cui, a breve, avrei iniziato la professione.
Invito che, da parte mia, ebbi modo di recepire di buon grado. Quelle lunghe conversazioni le ricordo con tanto piacere.
Nel concludere, mi sia concesso di rivolgere un appello al sindaco di Benevento, Clemente Mastella.
Qualche settimana prima, solo pochi mesi fa, che Fernando Panarese venisse colpito dall'accidente vascolare, nel corso di un casuale colloquio che ebbe con Mastella, quest'ultimo, di certo, lo ricorderà, gli chiese di intitolare una strada della città al nonno, Roberto Covone, che tanto, nel corso della sua professione, aveva dato alla nostra comunità.
Fernando rimase in fiduciosa attesa. Il destino, purtroppo, non gli ha permesso di seguire in prima persona il risultato di quella richiesta.
Sono io, oggi, molto modestamente ed in punta di piedi, a rinnovare quell'appello.
Roberto Covone, prima di essere un medico eccezionale, è stato un galantuomo nel senso vero della parola".

comunicato n.164060




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