Dobbiamo assolutamente convincerci che la nostra unica salvezza sta nel fare rete. In caso contrario e' un suicidio di massa
Non funziona poi la tattica di chi va a cercare gli amici a Roma o a Napoli perche' il problema e' ben piu' complesso. Esso e' sociale, culturale e pastorale, ha detto l'arcivescovo Accrocca. Bisogna avere una visione d'insieme riguardo gli aiuti e non difendere il Museo delle cere, ha ribadito il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi a conclusione della due giorni al Centro "La Pace"
Nostro servizio
Chiusa, al Centro "La Pace", la due giorni voluta dall'arcivescovo Felice Accrocca, sul tema "Per una pastorale delle aree interne" ed a cui hanno preso parte una trentina di vescovi in rappresentanza di altrettante aree simili della intera Nazione.
Oggi giornata di chiusura dei lavori con la presenza di Matteo Zuppi (nella foto di apertura è a sinistra ed a destra è mons. Accrocca), cardinale, presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Con lui presenti ai lavori anche il vice presidente ed il segretario generale della Cei.
L'arcivescovo Accrocca, nel breve resoconto ai giornalisti presenti, ha parlato della necessità di affrontare questa problematica proposta dalla Metropolia di Benevento che porta con sé 5 Diocesi delle zone interne, quindi ampiamente rappresentativa della problematica.
Bisogna uscire da logiche frammentate ed individualistiche, ha detto l'arcivescovo.
Dobbiamo assolutamente convincerci che la nostra unica salvezza sta nel fare rete.
In caso contrario, è un suicidio di massa.
Non funziona poi la tattica di chi va a cercare gli amici a Roma o a Napoli perché il problema è più complesso: E' sociale, culturale e pastorale.
Monsignor Accrocca ha anche detto che solo stando insieme ci verrebbe data la possibilità di intervenire su vari aspetti della vita delle zone interne.
Ai turisti ad esempio bisognerebbe fornire un pacchetto che contenga una miriade di proposte per modo da soddisfare le varie esigenze di conoscenza e di svago.
E così, lo stesso è anche a livello pastorale.
Il cardinale Zuppi ha ricordato come in questi mesi siamo stati costretti ad organizzare un piano di resistenza.
Bisogna però avere una visione d'insieme riguardo gli aiuti e non a difendere il Museo delle cere.
Occorre uno sguardo d'insieme per dimostrare che vale la pena investire e non vivacchiare nel presente.
Le difficoltà ora si rilevano di più nelle aree urbane.
Ed allora bisogna andare alla accoglienza degli stranieri ed a difendere le criticità dei deboli.
A mons. Accrocca abbiamo chiesto se, rispetto allo scorso anno in cui fu lanciato l'allarme di una revisione del concetto che bisogna agire partendo dalla periferia per andare al centro altrimenti con un moto al contrario non si arriverà mai a nessun risultato, ci sia stato qualche passo in avanti.
E' questa una domanda importante la cui risposta però non è facile, è una domanda da centomila punti.
Come fare?
La risposta non è semplice ed è lunga ed elaborata.
Alla Stampa monsingor Accrocca al riguardo ha chiesto aiuto a diffondere questo messaggio.
Siamo ben supportati. Abbiamo con noi la Conferenza Episcopale Italiana con i suoi massimi rappresentanti a partire dal presidente Zuppi ma abbiamo bisogno di aiuto e di sostegno.
Dobbiamo riunire le forze per far giungere questo nostro messaggio.
Se c'è una necrosi su una mano, quella si identifica su un tessuto, ma è tutto il corpo che soffre.
E così ogni piccolo paesino, uno sputo di paese, ha una statua, una torre. E' un museo a cielo aperto. Questa è l'Italia.
Se frana però il concetto della solidarietà, si perde tutto quanto.
Queste aree interne non sono poca cosa. Ospitano 13 milioni di italiani, più del 20% della popolazione. E non possono essere abbandonate.
Il documento finale
"Come vescovi provenienti da tutto il Paese, riuniti a Benevento per riflettere sui criteri di discernimento con l'obiettivo di elaborare una pastorale per le Aree interne, ringraziamo anzitutto il Signore per l’esperienza di comunione vissuta: questi giorni ci hanno aiutato a conoscerci meglio e a stabilire relazioni più fraterne tra noi, a fare esperienza di sinodalità, a "crescere nel servizio alla comunione", "tutti insieme, in unità e senza campanilismi", come ci ha chiesto, nella sua lettera, Papa Francesco.
Le Aree interne costituiscono una larga porzione del Paese, accomunata da alcune criticità, depositaria di straordinarie ricchezze e tuttavia diversificata: sono, per analogia, come la piccola Nazareth, marginale, eppure custode della realtà più preziosa.
Non ci rassegniamo ad accompagnarle alla fine, in una sorta di accanimento terapeutico, ma vogliamo costituirci baluardo, forza per difenderle, dando vita a reti solidali capaci di attivare sinergie.
Chiediamo alla politica interventi seri, concreti, intelligenti, ispirati da una progettualità prospettica, non viziata da angusti interessi o tornaconti elettorali: in tal senso, qualora entrasse in vigore l'autonomia differenziata, ciò non farebbe altro che accrescere le diseguaglianze nel Paese; come comunità cristiana vogliamo crescere nella consapevolezza e nella partecipazione.
Molte le questioni poste sul tappeto, alle quali non è stato possibile dare adeguate risposte.
Ci è chiesto, in ogni caso, il coraggio di uscire da schemi ormai sclerotizzati, di rompere con la logica del "si è sempre fatto così", per ripensare il rapporto tradizione-innovazione, disponibili ad ascoltare la voce dello Spirito, a restituire il primato effettivo alla Parola di Dio e all'annuncio del Vangelo, anche per meglio integrare una pastorale sovente sbilanciata sull'ambito cultuale liturgico.
Dobbiamo, in tal senso, ripensare l'esercizio del ministero presbiterale e promuovere con decisione il sacerdozio comune di tutti i battezzati, una ministerialità diversificata e responsabile, la valorizzazione del diaconato permanente, le forze del laicato, quello femminile in particolar modo, che costituisce una parte consistente del tessuto delle nostre comunità, senza dimenticare eremiti e comunità monastiche, che nelle Aree interne più isolate sono la forza segreta che mantiene in vita tante energie.
Dobbiamo soprattutto puntare sulla qualità delle relazioni, perché è di questo che c'è estremo bisogno.
La presenza numerosa degli anziani costituisce, in queste nostre realtà, un patrimonio di umanità e di esperienze di vita che va assolutamente valorizzato.
I flussi migratori possono costituire un’opportunità per ravvivare molte realtà soggette a un decremento progressivo della popolazione, ma è necessario affinare sempre più la disponibilità all’ascolto, ad assumere, nel rispetto della legge, logiche inclusive, non di esclusione.
Noi c'impegniamo a restare: la Chiesa non vuole abbandonare questi territori, senza per questo irrigidirsi in forme, stili e abitudini che finirebbero per sclerotizzarla.
In tal senso, c'impegniamo ad aiutare i nostri giovani che vogliono restare, cercando di offrire loro solidarietà concreta, e c'impegniamo ad accompagnare quelli che vogliono andare, con la speranza di vederli un giorno tornare arricchiti di competenze ed esperienze nuove.
Sentiamo risuonare, viva, la voce del profeta: "Sentinella, quanto resta della notte? Sentinella, quanto resta della notte?" (Is 21,11).
Risponde l'Apostolo: "La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce" (Rm 13,12).
Alla Chiesa, a noi stessi in primo luogo, alla società, alla politica, chiediamo di prendere sul serio tale esortazione.
Le Aree interne, dove la vita non vuole morire, possono divenire un laboratorio d’idee, una risorsa viva, un tesoro straordinario per tutto il Paese: sta a noi, tutti insieme, pastori, comunità cristiana, società civile, politica, far sì che tale auspicio diventi realtà".
comunicato n.151955
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