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Benevento, 26-04-2022 09:11 ____
Aldo e Raffaele riaprono davanti alla nostra coscienza il libro delle tante tragedie beneventane, tutte inspiegabilmente subite
La tragedia di quel 27 aprile, dopo quarant'anni, oggi ci impone di chiederci se abbiamo sempre saputo dignitosamente sopportarne le conseguenze. Delcogliano e Iermano: Fummo disattenti verso il rischio di un'aggressione dei terroristi politici? Puo' essere, ma improbabile fu l'interferenza della criminalita' camorristica
di Roberto Costanzo
  

Nel tiepido mattino di quel mercoledì 27 aprile 1982 (domani ricorre il quarantesimo anniversario) una improvvisa notizia agghiacciante colpì violentemente la nostra città, la provincia e la regione. E rimbalzò via etere in Italia e in Europa.
Io ero appena sceso all'aeroporto di Bruxelles, verso le dodici, quando un amico del posto mi corse incontro con le lacrime agli occhi per darmi la drammatica notizia che poco prima, a Napoli, un commando di terroristi delle Brigate Rosse aveva falciato, con la consueta bestiale ferocia, l'assessore regionale Raffaele Delcogliano ed il suo collaboratore Aldo Iermano.
In un attimo, immaginai di vedere davanti ai miei occhi la bambina, la moglie e la madre di Raffaele ed anche la timida postura della moglie di Aldo.
Contestualmente immaginai la reazione della gente beneventana, dei militanti della Democrazia Cristiana e della Coldiretti; di tutti noi compagni di Raffaele nella corrente di "Azione Sannita"; di tutti quelli che nella primavera del 1980, tramite una diffusa indagine popolare, avevano scelto Raffaele come candidato mio successore alle elezioni a consigliere regionale.
In quel tiepido mattino del 27 aprile 1982 sentii che improvvisamente stava iniziando il dopo Delcogliano: Un triste inizio ed un difficile percorso.
Un "dopo", la cui portata, il significato e le conseguenze, sul piano politico e non solo non sono ancora finiti e non li abbiamo ancora del tutto assorbiti.
Raffaele, in quella mattina, lungo la via Marina, fu assassinato come persona ma non fu annullato come soggetto politico e civile, come amministratore regionale, come primario esponente della Dc sannita.
Il suo esempio non poteva essere cancellato.
Nel mio primo discorso commemorativo, il 31 maggio 1982, dissi che "quel mattino sulla via Marittima a Napoli, Aldo e Raffaele riaprivano davanti alla nostra coscienza il libro delle tante tragedie beneventane, tutte inspiegabilmente subite, ma sempre dignitosamente sopportate".
La tragedia di quel 27 aprile, dopo quarant'anni, oggi ci impone di chiederci se abbiamo sempre saputo dignitosamente sopportarne le conseguenze.
Sono passati quarant'anni ma nella mia mente Raffaele è sempre lo stesso e non solo perché lo penso ogni giorno, nelle mie preghiere, ma anche perché non riesco a dimenticare il nostri stretto rapporto personale oltre che politico.
Non posso dimenticare che quasi ogni mattina egli veniva a prendere il caffè a casa mia, e così davamo inizio alla nostra giornata politica.
Ma il legame tra noi non era solo politico. Una di quelle mattine venne a dirci, a mia moglie ed a me, che aveva finalmente trovato la fidanzata giusta per sposarsi.
Dopo pochi mesi, difatti, ci chiese di essere noi due i testimoni del suo matrimonio. E fummo quasi i soli non familiari presenti alla cerimonia in chiesa ed al pranzo di nozze in un bel ristorante di Formia.
Dopo dieci mesi mia moglie ed io fummo i padrini di battesimo della prima figlia, Maria Teresa (nella foto di apertura e nella prima in basso. Officiante fu monsignor Rocco Boccaccini, vicario dell'arcivescovo Raffaele Calabria, pastore della Chiesa beneventana che morì giusto un mese dopo).
Certamente questi eventi e momenti sono incancellabili più di quanto lo possano essere i vari passaggi politici, vissuti da noi due.
Questo mio intervento in occasione del quarantesimo, non vuole essere tanto il commosso ricordo di un fratello maggiore, ma qualcos'altro, in quanto Raffaele nella sua normalità era una persona eccezionale.
La sua "eccezionale normalità" di uomo politico attento, rispettoso e rispettato, ha lasciato un segno indelebile in chiunque lo abbia praticato o semplicemente conosciuto.
Era eccezionalmente normale anche nel rapporto con il suo collaboratore e partner Aldo Iermano, il quale conduceva l'auto dell'Assessorato.
Non era tanto l'autista dell'assessore, ma molto altro.
In questi quarant'anni ho seguito e promosso momenti non semplicemente commemorativi della storia di Raffaele Delcogliano (nella seconda foto in basso la commemorazione nel trentennale dalla tragedia, al Teatro "Comunale", Costanzo è con le figlie di Raffaele Delcogliano, Maria Teresa e Raffaella, quest'ultima nata dopo la morte del papà ndr) storia breve ma intensa.
Non ne abbiamo visti molti di assessori alla Formazione e Lavoro come lui.
Spesso riapro le dense cartelle del mio archivio, intitolate a Delcogliano, cominciando dal numero speciale del "Portavoce Eurosud" del 1982, che aveva come titolo: "Un crimine assurdo" e riportava una mia riflessione sul "Perché". Perché tanta ferocia.
Perché proprio Raffaele. Perché non dobbiamo cedere.
Significativi e memorabili alcuni convegni con l'intervento di accademici e politici nazionali nei decenni Ottanta-Novanta ed anche nel primo decennio del nuovo secolo, che si svolsero in varie scuole e all'Università.
Nel 2009 vi fu la pubblicazione del documentato libro di Luigi Grimaldi... "Nessuno salva l'assessore" (Edizione "Il Quaderno").
Particolarmente interessanti gli articoli di "Gazzetta di Benevento" del 2018 e 2019 che ricordano tra l'altro la partecipazione di Delcogliano alla mia campagna europea ed il suo impegno amministrativo al Comune di Benevento prima che alla Regione.
Nel trentennale, a commento di una mia intervista, Enza Nunziato su "Il Sannio" rilevò che forse era stato sottovalutato da noi, che gli stavamo vicino, "il rischio che Raffaele stava correndo con quel suo modo di fare l'assessore".
Forse noi e lui commettemmo qualche disattenzione. Disattenzione verso il rischio di un'aggressione dei terroristi politici è un conto ma una probabile interferenza della criminalità camorristica è ben altro discorso.
Personalmente ho sempre supposto che in quel momento di inizio del tramonto delle Brigate Rosse (Br) sarebbe stato possibile, per ragioni finanziarie, qualche ambiguo compromesso delle Brigate Rosse con la criminalità organizzata. Compromesso tuttavia non gradito ai vertici nazionali delle Br, per cui i brigatisti napoletani si affrettarono a cancellare ogni presunto rapporto con la camorra e di conseguenza si apprestarono a scegliere le loro nuove vittime tra uomini politici illibati e indiscutibilmente onesti e corretti.
Raffaele e Aldo costituivano pertanto un importante bersaglio, non per fare un favore alla camorra, ma al contrario.
Proprio perché il loro assassinio doveva dimostrare in alto che tra i terroristi politici e i camorristi napoletani non c'era alcun rapporto o cointeressenza.
Oggi le Brigate Rosse non sono più di moda, ma questo non vuol dire che le vittime del terrorismo politico di quarant'anni fa abbiano perduto valore e meriti storici, per cui al fine di onorarne la  memoria debbano essere iscritti nelle liste delle vittime della camorra.
E questo con tutto il rispetto per le persone assassinate dalla criminalità organizzata, che oggi regge la scena mediatica e che purtroppo non si riesce a debellare.
Nel 1982, quando iniziammo gli eventi di commemorazione riuscimmo a coinvolgere varie scuole medie della provincia. Conservo le copie di molti temi scritti da quegli scolari.
Oggi vorrei chiudere con l'espressione usata da uno studente di San Giorgio del Sannio nel suo tema. "L'unica considerazione che ci viene in mente è quella di ricordare agli uomini che ci amministrano di non dimenticare il sacrificio di questi due cittadini e di vigilare sulle istituzioni repubblicane affinché ci sia sempre libertà e democrazia e che tali atti di violenza cessino definitivamente".

 

comunicato n.149114




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