La vicenda giudiziaria di Pier Paolo Pasolini dinanzi al Tribunale di Benevento e' stata rievocata per iniziativa di Alessandro Rillo
Per il film "I racconti di Canterbury" proiettato in anteprima nazionale al Teatro Comunale, oltre al regista vennero inquisiti per oscenita' anche il gestore del cinema Salvatore Iannella ed il produttore Alberto Grimaldi
Nostro servizio
Nella doppia ricorrenza dei 100 anni dalla nascita e dei 50 anni dalla sentenza del Tribunale penale di Benevento per la proiezione qui, al Teatro Comunale, in anteprima nazionale, del film "I racconti di Canterbury", Pier Paolo Pasolini è stato ricordato, per iniziativa di Alessandro Rillo, avvocato, nella Sala Antico Teatro di Palazzo Paolo V.
Al termine dell'incontro è stata poi inaugurata la Mostra di arte contemporanea dello stesso Rillo dal titolo "Introspezioni".
I lavori sono stati condotti da Tullia Bartolini ed in particolare è stata analizzata e discussa la sentenza del Tribunale di Benevento del 1972 con la quale Pasolini fu mandato assolto dall'ipotesi di reato di "spettacolo osceno" rappresentato proprio dal suo film "I racconti di Canterbury".
Analizzeremo la figura di Pier Paolo Pasolini, ha detto ancora Bartolini, attraverso quel filo che lo legò alla nostra città.
Il regista era un uomo libero, scomodo ed alieno al conformismo ed alle rimasticature intellettuali.
Morì a 53 anni in circostanze ancora tutte da chiarire.
Nei mesi in cui si nascose ai tempi della guerra, nacque il Pasolini poeta e solo dopo venne fuori il narratore.
Negli anni Sessanta, Pasolini tenta la strada della regia e nel 1972 presenta la sua trilogia di film della vita.
"I racconti di Canterbury", che appartenevano ad essa, si tennero in prima cinematografica a Benevento, da qui la scelta della nostra città quale sede giurisdizionale del processo contro Pasolini ed il suo film.
Ultimata la presentazione dell'evento da parte di Bartolini, è intervenuta da remoto Antonella Tartaglia Polcini. L'audio però non è stato dei migliori e non ha consentito un lineare ascolto.
L'assessore alla Cultura ha voluto innanzitutto ringraziare per l'iniziativa Alessandro Rillo.
La legalità è cultura e c'è a tale riguardo questa sentenza storica.
Quindi Antonella Tartaglia Polcini ha ricordato i nomi dei giudici che formarono il Tribunale che giudicò Pasolini: Daniele Cusani, Bruno Rotili ed Alfonso Bosco, quest'ultimo presente in sala.
Benevento ebbe modo di assurgere alla cronaca nazionale con questa vicenda giudiziaria.
Stefania Pavone, presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati che peraltro ha dato il patrocinio alla manifestazione, si è innanzitutto compiaciuta, come del resto aveva fatto anche l'assessore alla Cultura, per la numerosa presenza di pubblico all'evento.
Quindi anche lei ha dato il giusto riconoscimento ad Alessandro Rillo che con questo evento ha coniugato il diritto, l'arte e la storia.
Quello a Pasolini è stato un processo epocale, ha proseguito Pavone.
Il Tribunale fu chiamato a pronunciarsi sulle oscenità del prodotto di Pasolini, un processo in cui vinse l'arte che, per sua natura, non può contenere oscenità.
Nella vicenda giudiziaria fu coinvolto anche Salvatore Iannella, (le figlie sono state presenti al convegno ndr), difeso dall'avvocato Franco Fusco.
Tra gli avvocati sanniti anche Luigi Vessichelli e Massaro, mossi in difesa dei tre imputati (Pier Paolo Pasolini, Salvatore Iannella ed Alberto Grimaldi, il produttore).
In particolare Iannella, gestore del locale, si difese sottolineando come la pellicola proiettata avesse addirittura vinto l'Orso d'Oro di Berlino nel 1972.
Vessichelli agì anche con la competenza del giornalista (era il capo redattore de "Il Mattino" di Benevento ndr) e come tale fece sì che si cogliesse anche il senso della moralità in continua evoluzione.
Nell'arringa Vessichelli mostrò anche la foto di un dipinto del 400 che raffigurava un demone che espelle le anime dannate che poi era il senso del film di Pasolini.
Il Collegio giudicante emise, infine, quella che fu definita una sentenza epocale.
Da quel 1972 tanta strada è stata fatta, ha concluso Pavone, anche nel campo della censura che, per quanto attiene la cinematografia è stata abolita solo lo scorso anno dopo averci privati anche di altre opere d'arte.
La parola è quindi passata a Simonetta Rotili, magistrato, la quale ha sottolineato come nonostante siano passatri 50 anni da quella sentenza, essa dà ancora adito e spazio alla riflessione.
Rotili ha quindi ripercorso la storia processuale di questo evento che partì da una denuncia presentata a Firenze dopo che tante altre ne erano state prodotte in varie Procure d'Italia e tutte esaminate con l'esito dell'archiviazione, compresa quella che il procuratore Donato Del Mese emise a Benevento.
Diverso percorso però per quella di Firenze presentata da una donna, una poliziotta.
I tre sostituti fiorentini scrissero del disancoramento più totale della sessualità dai criteri del lecito moralismo. Ma soprattutto fu sottolineato come l'opera cinematrografica non contenesse alcun pregio artistico.
Il procuratore di Benevento, a questo punto, su incipit anche di quello generale di Napoli, dispose il sequestro della pellicola e l'avvio dell'azione penale.
Furono quindi analizzate le singole scene del film e non si diede corso alla costituzione di parte civile richiesta da parte dei francescani.
Il primo esame fu quello di approfondire se si trattasse di opera d'arte cosa che i giudici fecero.
Il film, ha proseguito Rotili, poteva dunque essere riconosciuto come un'opera d'arte. Ma la sentenza approfondisce anche il contenuto intrinseco, il viaggio nell'animo umano e lo spettatore è invitato a meditare sulla propria condizione.
I tre imputati furono assolti e così anche nei successivi gradi di giudizio.
A questo punto Alfredo Martinelli ha letto alcune dichiarazioni di Pasolini con le quali condivideva le risultanze della sentenza del Tribunale di Benevento.
Alessandro Viola, scrittore, autore del libro "Il fascismo secondo Pasolini", ha subito voluto precisare che il processo va collocatro in due momenti, quello della continuità e della discontinuità.
Dopo il processo di Benevento, Pasolini disse: Scriverò un libro sui miei processi che riteneva essere romanzeschi.
Dal 1949 al 1975 e fino al film "Salò", ebbe 33 processi a partire dal primo, quello del 1949 per corruzione di minori che gli valse anche l'espulsione dal Pci e poi per oscenità.
Queste le due grandi tematiche.
A Benevento i temi del processo furono i nudi ed il vilipendio alla religione.
Quella di Passolini fu la vittoria degli anni 50 e 60 e segna il Pasolini successivo.
A chiudere è stato l'intervento di Francesco Morante che è partito dalla descrizione del quadro di Paolo Veronese del 1573 intitolato all'inizio come l'ulima cena di Cristo.
Esso fu sottoposto a censura perché ritenuto irriverente in quanto molte delle figure in esso rappresentate non c'entravano nulla con l'ultima cena.
L'autore invocò dunque la stessa licenza che si prendono i poeti ed i matti.
E' quella che ci deve essere concessa.
Ho solo seguito il capriccio della mia arte e della mia fantasia, concluse l'artista.
Il Tribunale lo ascoltò e gli chiese, come pena, di modificare, semplicemente. Lui lo fece e modificò solo il titolo che divenne da Ultima cena a Cena in casa Levi.
Ricordiamo, ha detto infine Morante, che tre anni prima un poeta, beneventano, Niccolò Franco era stato arso vivo solo per un poemetto scritto contro il papa Carafa.
Non è vero dunque che i poeti hanno l'impunità ed anche Pasolini ha in pratica pagato solo per i suoi scontri con il potere.
comunicato n.149020
Società Editoriale "Maloeis" - Gazzetta di Benevento - via Erik Mutarelli, 28 - 82100 Benevento - tel. e fax 0824 40100
email info@gazzettabenevento.it -
partita Iva 01051510624
Pagine visitate 686092707 / Informativa Privacy