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Benevento, 03-06-2023 18:46 ____
La festa della Repubblica e' stata snobbata dalla gente. Bisogna riallacciare, ricucire, il rapporto tra istituzione e popolo
Siamo in una fase di disunita' nazionale che bisogna modificare sul terreno della ricomposizione delle fratture e tornare da dove si e' partiti. Nel momento in cui c'e' la chiusura di un ciclo, e' la fonte popolare che deve dare l'indirizzo indicando quale Repubblica vuole. Occorre dunque una nuova Assemblea costituente, afferma Pasquale Viespoli
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Pasquale Viespoli (nella foto alla festa della Repubblica di ieri), di cui abbiamo raccolto ieri, durante la celebrazione della festa della Repubblica la frase: Nostalgia canaglia per dire che si è sentito molto attratto da quelle fasce tricolori che lo circondavano facendolo tornare con la mente ai due mandati, peraltro i primi due ottenuti dalla innovativa norma sulla elezione diretta del sindaco, in cui egli stesso è stato sindaco di Benevento, appunto, Viepoli, diciamo, si è detto molto contrariato dal fatto che alla manifestazione ci fosse così poca gente e dà una sua lettura del fatto.
Il dato che emerge immediato è che la festa non è stata partecipata, al contrario di quanto scritto da un altro quotidiano nel solco della manipolazione dell'informazione.
C'è una rottura che si è determinata e che va sempre più allargandosi tra istituzioni e popolo.
Siamo ad una sorta di inesorabile contesto di una democrazia senza popolo.
E d'altra parte, ha proseguito Viespoli, se non si percepisce la profondità di questa crisi, si scade nel ritualismo.
Il tema è allora, con grande determinazione, che siamo in una fase di disunità nazionale.
Diventa solo una evocazione.
Essa è davanti a noi ma bisogna costruirla sul terreno della ricomposizione delle fratture che si sono determinate a partire da quella generazionale per finire a quella territoriale con l'aumento delle disuguaglianze, delle differenze, delle contrapposizioni, degli egoismi.
Se così è, la prospettiva è di una nuova rimobilitazione complessiva per un nuovo patto nazionale.
Bisogna insomma ritornare esattamente da dove si è partiti.
Quando si parla dl 2 giugno si fa riferimento alla sovranità popolare che si è espressa attraverso il referendum istituzionale tra monarchia e repubblica e l'elezione dell'Assemblea costituente.
Abbiamo necessità, bisogno, ci ha detto Viespoli riproponendo un assunto a lui caro da tempo, di un'altra fase costituente e di recuperare fin dall'inizio la sovranità popolare.
E dunque per me significa innanzitutto rispondere alla domanda: Quale Repubblica?
Nel momento in cui c'è la chiusura di un ciclo, è la fonte popolare che deve dare l'indirizzo.
Ed allora occorre un referendum di indirizzo costituzionale.
Oggi bisognerebbe chiedere al cittadino, così come si fece ne 1946, quale forma di Stato vuole: Monarchia o Repubblica?
Anche questo rimase un elemento divisivo perché moltissimi, con oltre il 45% dei voti, scelsero la prosecuzione della monarchia. Ma fu Repubblica
Oggi parlano di premierato, presidenzialismo, semipresidenzialismo... di riforma costituzionale.
Bene, tutto ma sia il popolo allora a dire quale Repubblica.
Una volta che essa è stata scelta quale forma istituzionale del nostro Stato democratico.
La formula per giungere a questa scelta, ha confermato Viespoli, potrebbe essere il referendum di indirizzo costituzionale.
Poi è chiaro che coerentemente bisognerà determinare quei meccanismi che la attuino.
E dunque per una fase epocale ci vorrebbe una nuova Assemblea costituente.
Se non partiamo da questo dato e cioè che bisogna riallacciare, ricucire, il rapporto tra istituzione e popolo, restiamo alla retorica, a raccontare un Paese che non c'è o fare piccola propaganda, come qualcuno fa sui temi dell'Autonomia Differenziata o quant'altro, peraltro in momenti e cerimonie inopportune e senza dire la verità delle cose.
E cioè: Chi ha messo mano alla Costituzione modificando il Titolo V?
E' stato il centrosinistra, con tre voti di scarto.
E' stata una manipolazione delle Costituzione a fini elettorali perché per governare in quel momento occorreva il consenso della Lega di Bossi che pretese in cambio la modifica del Titolo V sulle attribuzini delle competenze dallo Stato alle Regioni.
Quindi il problema non è solo l'Autonomia Differenziata ma rivedere interamente il Titolo V della Costituzione all'interno del quale non c'è solo l'Autonomia Differenziata, c'è di più.
E intendo l'Autonomia Differenziata, lo Stato ridotto allo stesso livello del Comune, della Provincia della Regione, c'è poi il problema del Mezzogiorno e dunque ci troviamo di fronte ad una fase di tale rilievo che non è di pannicelli caldi consolatori di cui abbiamo bisogno e di una lettura tutta giocata sul passato.
Si parla della guerra che fu e non della guerra che c'è.
E se c'è la guerra al confine, viene meno tutta l'impalcatura che ha motivato l'Unione Europea.
L'idea, incontestabile, dell'Europa era la circolazione delle persone ma soprattutto il mantenimento della pace, da Berlino ad Atene.
E dunque una Europa che chiudeva i conflitti e che garantiva la pace.
Nel momento in cui c'è la guerra questa ragione forte non c'è più e va messo in discussione un elemento che sembrava acquisito.
Viviamo una fase di riassetto globale e di fronte a ciò occorre dunque preparare una nuova stagione costituente per farla l'unità perché essa, in realtà, non c'è.
Se non c'è la centralità della sovranità popolare, ha concluso Viespoli, si ha la continuazione della rottura e c'è l'apparente paradosso di una democrazia senza popolo un po' come una partita di calcio senza spettatori.

comunicato n.157369



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