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Benevento, 13-08-2022 17:30 ____
La pizzeria "Da Rodolfo" a partire dal 15 agosto, lunedi', chiudera' i battenti per non riaprirli piu'. Che tristezza...
Questa notizia mi ha riportato alla mente una vicenda del 1974 quando a Benevento venne Gianni Morandi con Paola Pitagora a rappresentare "Jacopone" ed io ero comproprietario di un "night", il "Burlington", a due passi dal ristorante di Umberto D'Arienzo
di Alfredo Pietronigro
  

La pizzeria "Da Rodolfo" a partire dal 15 agosto, lunedì, chiuderà i battenti per non riaprirli più.
L'annuncio è stato dato dalla proprietà sui social: "Il ristorante da Rodolfo comunica alla gentile clientela che il 15 agosto chiuderà definitamente. Grazie a tutti coloro che ci hanno supportato e fatto crescere, ma in tutto c’è un inizio ed una fine.
Grazie è la parola più bella che possiamo dire".
Questo il testo dell'annuncio che con poche righe liquida, purtroppo, tantissimi anni di attività nel campo della ristorazione.
I gestori del ristorante e pizzeria, appartengono ad una famiglia, quella dei D'Arienzo, che a Benevento ha svolto da sempre questa professione con i suoi avi.
Qui Umberto, il titolare, era il ristoratore più conosciuto.
Persona sempre disponibile, competente, a modo e professionalmente ineccepibile.
Non sono mai stato un grosso frequentatore di ristoranti e pizzerie, in generale, ma quando raramente sono andato da Umberto, mi sono sempre trovato a mio agio anche quando abbiamo scambiato due chiacchiere mentre aspettavo che cuocesse la pizza margherita da portare via.
Sono molto triste per questo annuncio.
Mi dispiace molto ma evidentemente non hanno potuto fare altrimenti.
Questo pezzo di storia della città mi ha riportato alla mente un altro frammento della mia vita che non è stata affatto nemmeno moderatamente da scrivania.
Tutt'altro.
Erano gli anni Settanta, gli inizi, e nel 1973, appena diplomato all'"Alberti" (il prossimo anno ricorre il cinquantesimo anniversario dal diploma, una data che noi tutti studenti di quella VB, abbiamo intenzione di festeggiare) e studente di Giurisprudenza, mi venne l'idea di aprire un "nigth club".
Oddio: La parola è grossa ma il senso quello era.
Togliete, amici lettori, tutte le cose sconvenienti che questa parola può far pensare, ed ecco che entrate nel "Burlington", così venne chiamato.
Coinvolsi alcuni amici, molto restii in verità, in questa avventura e ci avviammo a concretizzarla.
Furono firmate un bel po' di cambiali ma io non potei farlo perché ero minorenne ed all'epoca la maggiore età era fissata a 21 anni. L'anno successivo ai fatti che narro, nel 1975, i maggiorenni erano quelli che avevano compiuto i 18 anni e quindi toccò anche a me.
Per me, davanti agli altri soci, tutti più grandi di me, garantì mio padre (che poi si pagò anche il resto dei debiti...).
Vado veloce, poi magari ci ritornerò qualche altra volta per parlare di Roberto Murolo o di Vittorio Marsiglia che pure furono ospiti del locale, veloce perché il racconto non è legato alla nascita del "Burlington" ma al risorante "Da Rodolfo".
In quel tempo a Benevento c'era il "Burlington" di via Meomartini, appunto, che chiamavamo night-discoteca ed era un Circolo privato; la discoteca "Plubelle" a poche centinaia di metri di distanza, a via Piermarini e poi, almeno per quanto ricordi io, c'era l'Antro delle Streghe all'Hotel "Italiano".
Il nostro era un locale per famiglia, altro che night.
Lì ho festeggiato anche il mio compleanno (nella ottava foto in basso da sinistra: in piedi Lisanna Fiengo, Mario Pietronigro, Geppino Romano; seduti: Aldo Giannantonio, Alfonsina Grieco Pietronigro, Gilda Lepore, Iole Pietronigro Lepore, Maria Soreca Pietronigro; accovacciati Reno Iannotti, Silvana De Paola, Susy Fiengo ed a seguire Alessandro Pietronigro e Michele De Marco)  e lì mio padre Mario quella sera ha ballato con la mamma, mia nonna Maria (nella settima foto in basso e con mia suocera, Grazia Intorcia De Paola, seduta accanto, che si scompisciava dalle risate), e sempre lì mia madre venne a cucinarci alla mezzanotte dell'ultimo dell'anno gli spaghetti aglio ed olio. Graditissimi da tutti i numerosi presenti.
Figurarsi che night era...
L'esperienza non durò a lungo. Un paio d'anni. Come iniziarono ad avvicinarsi a noi persone a cui non piacevano gli spaghetti ma altro, chiudemmo, anzi cedemmo ma non vedemmo una lira.
Siamo, dunque, nel 1974 ed una delle tante serate nel nostro locale era finita.
La mezzanotte era passata non da molto ed io ed i miei soci: Nazzareno Iannotti, Michele De Marco, Giuseppe Romano e Francesco Mucci (non ricordo però chi, delle persone citate, fosse presente anche quella sera), ci avviammo a mangiare qualcosa da Rodolfo, da Umberto, insomma, che stava a due passi da noi.
La sala era piena, come spesso accadeva ed eravamo all'interno perché era autunno inoltrato. Forse era ottobre.
Notammo che alcuni tavoli erano prenotati. Non ce ne curammo molto e ci sedemmo attorno ad uno di essi dove non c'era il bigliettino "riservato", un tavolo che era quasi al centro di tutti gli altri prenotati.
Dopo un po', forse una mezz'ora, giunsero gli ospiti: Si trattava della compagnia teatrale che al "Massimo" aveva tenuto lo spettacolo "Jacopone".
Era l'epoca delle commedie musicali aperta magistralmente nella nostra terra da "La Gatta Cenerentola" della "Nuova Compagnia di Canto Popolare" con Peppe e Concetta Barra, madre e figlio.
Tra gli interpreti di "Jacopone" c'erano addirittura Gianni Morandi, Paola Pitagora ed il grande attore di teatro, Graziano Giusti.
Con loro anche l'autore delle musiche, Dario Farina.
Eravamo tutti emozionati di trovarci al centro di questa comitiva fatta da importanti testimoni dello spettacolo italiano.
Non dimentichiamo che Paola Pitagora solo qualche anno prima, nel 1967, aveva avuto quel grande successo di pubblico nell'interpretazione di Lucia ne "I promessi sposi" per la regia di Sandro Bochi trasmesso dalla Rai.
Gianni Morandi, invece, non era nel periodo migliore della sua carriera.
Insomma non era il Morandi di "Non son degno di te" o di "Un mondo d'amore" e via dicendo.
Lo spettacolo, "Jacopone", pur con tante repliche, circa 140, non diede soddisfazione né alla produzione né evidentemente alla critica, narrano le cronache dell'epoca.
Comunque sia, la compagnia iniziò la cena in questo ristorante che era stato ad essa consigliato come tra i migliori della città.
Il diavolo però è sempre pronto a metterci la coda...
E così un gruppetto di tre o quattro balordi, poco più che adolescenti, cominciò ad infastire Paola Pitagora che con altre tre persone era finita ad un tavolo laterale, ai margini degli altri prenotati.
Dai uno, dai due, la pazienza terminò ed allora pur di non fare a botte con quegli imbecilli, mi alzai ed andai a chiedere a Morandi e compagni se avessero piacere che noi ci spostassimo ai bordi dell'ideale cerchio lasciando così il nostro tavolo a Pitagora e compagni.
Furono felicissimi (e lo fu anche Umberto che vide disinnescarsi una spoletta pericolosa e quindi compiaciuto fece lesto a spostare piatti e posate...).
E così la serata prese tutta un'altra piega ed andò avanti per oltre un'ora e mezza senza altri intoppi.
Poi Morandi, prima di andar via, si avvicinò per ringraziare nuovamente e non ricordo chi di noi gli disse: Vogliamo prenderci un liquore nel nostro night? E' a dieci metri da qui...
Morandi non esitò e disse subito di sì (nella foto di apertura dinanzi al "Burlington" da sinistra Reno Iannotti, con l'inseparabile borsello dell'epoca; una persona di cui non ricordo il nome, Gianni Morandi, Antonio Pietronigro, Francesco Mucci, Maurizio Buccirossi, Dario Farina e Geppino Romano) .
Paola Pitagora non resse l'orario ed andò in albergo, al Jolly Hotel di via Perasso, assieme ad altri.
In quei pochi passi che facemmo per arrivare al "Burlington" Dario Farina mi si avvicinò e mi disse: Alfredo, lo vedi Gianni che cosa ha portato con sé?
Cosa, gli dissi?
La chitarra, mi rispose il compositore. Brutto segno. Qui facciamo notte...
E notte effettivamente fu.
Morandi (nella seconda e terza foto in basso è dinanzi all'ingresso al "Burlington") cominciò a cantare tutte le sue canzoni, tutte, nessuna esclusa, e dove non ricordava qualche parola ero pronto io ad aiutarlo. Ero stato e sono sempre stato un suo fan.
Al tavolo gli amici soci portarono una bottiglia di Vat 69, era il whisky in voga all'epoca.
Non ne saltò nessuna Gianni Morandi delle sue canzoni.
Io mi ritirai a casa che erano quasi le 4 del mattino. Mia madre voleva linciarmi.
Non c'erano i cellulari all'epoca per comunicare.
Andai subito a dormire perché il giorno dopo dovevo alzarmi presto.
Ed infatti così fu perché l'avventura con Gianni Morandi non era ancora finita.
Ci demmo appuntamento dinanzi al Jolly Hotel. Lo andai a prendere con la mia Fiat 126, dopo aver prelevato la mia fidanzata dell'epoca ed oggi mia moglie, Silvana. La mia auto era fiammante,  l'avevo appena comprata, nuova, da Taddeo a via Napoli, ed andammo a fare colazione, o meglio a prenderci il caffé, da Andrea Amabile, nostro amico, nel suo locale di viale Mellusi.
Gli altri amici ci raggiunsero lì (nella terza foto in basso, da sinistra, Silvana De Paola, Alfredo Pietronigro, Franco Mucci, Gianni Morandi e Maurizio Buccirossi. In quella successiva a tutti gli altri c'è l'aggiunta di Geppino Romano e sulla destra anche un pezzettino, purtroppo, del volto di Andrea Amabile).
Fu difficile per Gianni Morandi attraversare il viale Mellusi ed entrare nel bar.
La folla lo riconobbe e cominciò a raggrupparsi intorno a lui.
Andrea, che oggi non c'è più, come lo vide entrare cominciò a strillare di gioia.
Si precipitò subito a telefonare alla mamma che era un'altra sfegatata fan di Gianni Morandi.
Mamma, le disse al telefono, indovina chi c'è qui con me al bar?
E la mamma dall'altro capo del telefono forse gli ha detto: Ma che ne so...
Mamma qui sta Gianni Morandi...
E la mamma: Ma tu sei pazzo, hai bevuto?
Mamma è vero sta qui da me ed ora te lo passo...
Gianni Morandi, con il sorriso che lo contraddistingue, non si fece pregare ed andò dietro al lucente bancone di Andrea Amabile e disse al telefono con quel suo inconfondibile accento bolognese (lui è di Monghidoro): Signora sì, sono proprio io, Gianni Morandi e sto a prendere il caffè da suo figlio Andrea...
Dopo qualche frase i due si salutarono.
Andrea, che nella foto che propongo purtroppo si vede per una piccolissima parte sulla destra, volle però che quella visita lasciasse il segno.
Prese allora una banconota da 50mila lire (stiamo parlando del 1974 e gli insegnanti dell'epoca, e non solo, quella cifra la prendevano forse come stipendio di un mese di lavoro...) e si fece fare un autografo da Morandi.
Non la spenderò mai, disse Andrea a Morandi (nella sesta foto in basso, da sinistra, un pezzetto del volto di Graziano Giusti, poi Silvana De Paola, Dario Farina, Geppino Romano, Alfredo Pietronigro, Antonio Pietronigro, Gianni Morandi, Franco Mucci e Reno Iannotti). La conserverò gelosamente per tutta la vita.
Poi accompagnai Morandi all'albergo dove era ad attenderlo la sua auto detta lo "squalo" una Citroen di colore verde, una sciccheria per l'epoca anche se non era un'auto di primo pelo..
Mi chiese delle indicazioni stradali e dove potesse fermarsi a mangiare.
Gli diedi le indicazioni richiestemi ma forse sbagliai.
E' un cruccio che mi porto appresso da sempre.
Forse stava passandomi davanti una diversa prospettiva per la mia vita e non la colsi.
Avrei dovuto dirgli di fermarsi a pranzo a casa, da mia madre, e non lo feci.
A quei tempi ero anche un compositore di musica. Iscritto alla Siae, dopo aver superato la prova di composizione nella sede regionale della Società che era a quell'epoca, ora non lo so, a via San Tommaso d'Aquino a Napoli, sia nella sezione Musica Leggera che nella sezione Lirica.
Chissà se stringendo un'amicizia con Morandi...
Ma non è andata così e non è detto che sia stato un male.
Morandi mi salutò ed andò via.
Ovviamente non l'ho più rivisto e sono passati quasi 50 anni...
Quanti ricordi in un ristorante di tradizione che chiude i battenti...
Ovviamente, è inutile dirlo, mi scuso con i protagonisti dell'epoca se nel racconto ci sono state delle imperfezioni e delle omissioni. Ho citato a memoria.
Nelle due ultime foto in basso i due locali chiusi. Sono ad una trentina di metri l'uno dell'altro. A sinistra è il ristorante "Da Rodolfo" ed a destra è il "Burlington".
Con buona parte degli amici del "Burlington" fondai poi la Cooperativa "Artisti Riuniti Sanniti", una storia enorme che impegnerà oltre dieci anni della mia vita prima di passare al giornalismo. Una esperienza a cui ho dato molto ma da cui ho ricevuto tantissimo. Ho sempre detto che prima o poi dovrò cominciare a scriverne della Coop. "Ars" ma forse è meglio rappresentarla con piccoli episodi, peraltro molto graditi dagli interessati viste le tante visualizzazioni, come quello del servizio hostess pubblicato qualche mese fa.

 

 

 

 

 

comunicato n.151667



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