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Benevento, 19-06-2022 09:13 ____
Anche la grande statua della Madonna che e' posta nel vecchio corpo di fabbrica del "Rummo" fu devastata da un vandalo
Al pari di un tridente la scultura fu usata per colpire la suora del reparto di Urologia. L'autore del gesto fu un agricoltore a cui una mattina mentre era intento al lavoro nei campi, gli si presento' dinanzi l'immagine nitida di un personaggio che lui dira' di avere riconosciuto in San Gerardo che gli imponeva di fare tante cose... ricorda De Lorenzo
Nostro servizio
  

Quanto si è verificato la scorsa settimana nella cappella del Presidio Ospedaliero "Gaetano Rummo" ove, nel mirino di barbari devastatori, sono finite una statua di San Pio e una Madonnina, ha dell'inverosimile.
L'atto gravissimo deve essere condannato senza indugi e, forse, ha ragione il direttore generale, Ferrante, dichiarando che solo uno squilibrato si sia potuto rendere protagonista di un gesto del genere.
Peppino De Lorenzo che, tra quelle mura, ha trascorso la sua intera vita professionale, nel suo libro "Quarant'anni tra le sbarre", edito da Realtà Sannita, tra le tante esperienze, una più suggestiva dell'altra, vissute al "Rummo", ricorda quando la statua grande della Madonna (foto), che sorge sulle scale al di fuori della cappella, tanti anni fa, fu oggetto di un atto vandalico da parte di un paziente psichiatrico che la usò, al pari di un tridente, per colpire la suora del reparto di Urologia.
La stessa, poi, venne restaurata nelle parti danneggiate.
Di seguito, quanto, in proposito, si ricorda nel libro di De Lorenzo.
La prossima settimana, poi, lo stesso De Lorenzo, a seguito di una richiesta a lui pervenuta, da diversi mesi, dal cappellano, frate Angelo Carfora, di conoscere la storia di quella cappella, descriverà le tappe che l'hanno resa funzionale ed accogliente così come appare oggi.
"Un agricoltore - si legge nel libro - visse apparentemente nella normalità sino all'età di quarant'anni. Nulla di psichiatrico per i congiunti vicini e lontani.
Rappresentò uno dei primi casi decisamente interessanti con cui ebbe inizio la mia attività tra i sofferenti psichici, legame che, con l'agricoltore, si è protratto, senza interruzione, per oltre trent'anni, sino a qualche tempo fa.
Fu una mattina che, mentre era intento al lavoro nei campi, gli si presentò dinanzi l'immagine nitida di un personaggio che lui, in seguito, dirà di avere riconosciuto in San Gerardo.
Al suo racconto i familiari, non scorgendo nulla intorno, incominciarono a porsi delle domande che non sortirono altro effetto se non quello di provocare un forte risentimento nel congiunto che, convinto di ciò che vedeva, si agitava, tremava ed era come trasognato.
Non si alimentò per ben due giorni consecutivi trascorrendo notti insonni.
Qualsiasi evento non gli provocava se non agitazione nel vano tentativo di essere creduto.
E per avvalorare tale certezza, andava avanti e dietro nel luogo ove gli era apparsa quella immagine sacra.
In una di queste escursioni, dopo aver rivisto, a suo dire, il Santo, con una esclamazione di certezza, esplose.
A determinare il tipo mistico delle allucinazioni, in forma dell'apparizione di San Gerardo, non avevano avuto influenza nel soggetto pratiche religiose particolari, frequenza eccessiva di luoghi sacri, nè, tantomeno, l'ambiente di vita dello stesso.
Come tutti gli schizofrenici, anche lui presentava un deragliamento del corso del pensiero che, nei momenti di acuzie, gli impediva di comprendere la realtà giungendo, in questo modo, ad una corretta interpretazione di quello che faceva.
Lui sosteneva di vedere nitidamente San Gerardo, di interrogarlo, che le prime volte gli aveva fatto paura, ma dopo non più.
Il modo con cui, sin dall'inizio, si manifestò l'apparizione presentava tutti gli elementi di una vera e propria allucinazione visiva ed uditiva.
Quest'ultima, di norma, è improvvisa, spontanea, irresistibile e non viene giammai influenzata dalla volontà del soggetto.
L'ideazione che fa corpo con l'allucinazione appare, da subito, in tutta la sua nettezza e domina ogni azione, portando in sè una forza straordinaria.
Ed i caratteri, sia uditivi che visivi, per essere così intensi, radicano nel soggetto la certezza che si tratti di qualcosa di vero.
Queste, inizialmente, sono confuse, poi, assumono caratteri ben definiti, per divenire realtà incontestabile.
Era il quadro tipico che si riproponeva nell'agricoltore, nelle fasi di acuzie.
Questi, quasi sempre d'improvviso e senza alcun preavviso, si trovava innanzi San Gerardo che gli iniziava a parlare, o meglio, ad imporre suggerimenti.
Una voce, quella del Santo, a suo dire, chiara e precisa, che non lasciava spazio ad equivoci.
In quei momenti, poteva succedere di tutto e di più.
Una volta, infatti, San Gerardo gli impose di appiccare il fuoco ad un pagliaio, un'altra a buttare dalla finestra tutte le suppelletili, un'altra ancora di uscire nudo per il paese in pieno inverno.
Poi, trascorso il momento, tutto rientrava al suo posto ed, anzi, il nostro diveniva anche critico sul suo operato.
Ne parlava con me, ne discuteva anche se, in ultimo, non sapeva darsi una spiegazione.
Accettava, nel contempo, di buon grado, la terapia.
Mi è rimasto legato sino alla morte.
Tra le innumerevoli stramberie commesse, l'una più folcloristica dell'altra, una merita di essere ricordata.
Mi trovavo ad un congresso fuori sede.
L'agricoltore, d'improvviso, fu colpito da una violenta infezione erpetica con la localizzazione più terribile, quella oculare.
Venne, per tale motivo, appoggiato presso la divisione urologica non essendoci disponibilità di posti letto presso l'oculistica.
Fors'anche per il dolore lancinante, incominciò ad agitarsi e la moglie rese edotti, per prevenzione, medici ed infermieri della particolare situazione psichica del marito.
Il problema venne sottovalutato fino a quando non ci si trovò dinanzi ad una vera e propria crisi mistica, all'apice della quale il paziente prese tra le braccia la grossa statua della Madonna, posizionata da anni lungo le scale, e, come se si trattasse di un tridente, incominciò ad inseguire la suora del reparto che, impietrita, si chiuse nello sgabuzzino adibito a deposito dei farmaci, dal quale non uscì fino a quando non giunsero le guardie giurate in servizio in ospedale che immobilizzarono l'agitato trasferendolo in psichiatria.
Anche qui continuò a ripetere che era stato San Gerardo a suggerirgli di colpire la consorella con la statua della Madonna.
Unica strada per scacciare dal suo corpo il virus erpetico".

ap - A proposito di Madonnine ci è stato fatto notare dagli abitanti della zona della Pacevecchia di via Fratelli Rosselli che è scomparsa da tempo quella posizionata nell'edicola posta all'incrocio con contrada Monteguardia.

                                           

comunicato n.150480



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