Portale multimediale d'informazione di Gazzetta di Benevento

 

stampa

letto 4026 volte

Benevento, 03-12-2021 12:28 ____
Ricordata la figura di monsignor Giovanni Giordano a 100 anni dalla nascita. Un grande storico di cui ci siamo per lungo tempo dimenticati
A lui la citta' deve tantissimo a cominciare dal recupero nella Cattedrale della trecentesca statua di San Bartolomeo ed alla Mostra sul ritrovato Tesoro del Duomo che fece parlare di se' anche sui piu' importanti giornali nazionali
Nostro servizio
  

Ci sono voluti altri dieci anni, nel periodo dei venti anni dalla morte di monsignor Giovanni Giordano, per avere un secondo ricordo del grande storico, latinista e grecista, che avrebbe compiuto 100 anni lo scorso 27 novembre se non fosse stato per la morte che lo ha colto nel 2001, ad 80 anni di età.
Si è detto anche di una strada a lui intitolata, ed è vero, ma una intitolazione che non gli rende giustizia né per il luogo scelto, una stradina con pochissime case lungo la ferrovia, né la targa che lo ricorda, con povertà di linguaggio, come Giovanni Giordano, monsignore, come se il riconoscimento importante della titolazione di una strada che la città dedica ai suoi figli più illustri, gli fosse stato concesso in quanto monsignore!
Insomma non ci è parso che sin qui questa figura così importante della nostra storia cittadina (nonostante egli fosse di origini irpine) sia stata adeguatamente valorizzata e sottolineata con gesti ed atti.
L'occasione di questa nostra annotazione ci è data dalla commemorazione a cento anni dalla nascita voluta dall'Arcidiocesi di Benevento e dai Fatebenefratelli.
L'evento si è svolto nella splendida sala delle conferenze, semivuota.
La manifestazione è stata aperta dall'intervento di fra Gian Marco Languez, superiore dell'Ospedale Sacro Cuore di Gesù, che ha subito passato la parola al sindaco Clemente Mastella che ha esordito dicendo di aver conosciuto don Giovani Giordano nelle sue poliedriche prerogative e tra queste Mastella ha ricordato la sua assistenza, come cappellano, nel Carcere di Capodimonte e questo compito monsignor Giordano lo ha svolto anche quando c'erano meno attenzioni rivolte ai carcerati e c'era invece una sostanziale superficialità verso persone che, si ritiene comunemente, debbano restare semplicemente rinchiuse e basta.
Don Giovanni Giordano, ha proseguito Mastella, possiamo definirlo come un prete di strada, come si diceva una volta, proprio per la sua indole a stare vicino agli ultimi ed in questo caso ai reclusi.
Don Mario Iadanza, successore in pratica di don Giovanni Giordano alla direzione dell'Ufficio Diocesano per la Cultura ed i Beni Culturali, ha voluto innanzitutto ringraziare la famiglia di don Giovanni, i cui rappresentanti erano presenti in sala, perché qualche giorno fa hanno fatto dono alla Curia e quindi alla Biblioteca Capitolare, di tre frammenti di scrittura beneventana ritrovati tra le cose di don Giovanni e che egli utilizzava per studio. Nella nostra Biblioteca, ha proseguito mons. Iadanza, dove ci sono già 42 manoscritti in scrittura beneventana, staranno benissimo.
Il profilo fondamentale di don Giovanni Giordano è certamente quello del sacerdote.
Fu ordinato da mons. Agostino Mancinelli, arcivescovo di Benevento, nel 1945 a 24 anni di età. Divenne ben presto segretario del vescovo e poi assistente ecclesiastico della Gioventù Italiana Azione Cattolica (Giac), una organizzazione veramente imponente di cui oggi si sono perse le tracce. Oggi lo slogan sul primato dell'emergenza educativa, è addirittura saltato in aria.
L'altra specializzazione di don Giovanni Giordano, ha proseguito don Mario Iadanza, è stata quella di essere stato il cappellano del Carcere quando questo incarico aveva un ruolo veramente molto importante.
Ma mons. Giordano è stato anche studioso ed operatore culturale. I suoi volumi sui Fatebenefratelli hanno ridato la giusta luce a questa Istituzione e non fu affatto una operazione banale.
Don Giovanni, ritengo, ha ancora detto mons. Iadanza, sia stato in tutto ciò molto influenzato, del resto come me, da don Giuseppe De Luca il quale auspicava appunto che i sacerdoti coltivassero la conoscenza.
Don Giovanni si è poi reso promotore anche di una Mostra sulla Porta di Bronzo della Cattedrale quando questa era a frammenti e poi su San Giovanni di Dio.
L'arcivescovo Carlo Minchiatti lo impegnò nei Beni Culturali e sulla gestione del nascendo Museo che prese le prime mosse nel 1981 con mons. Raffaele Calabria, arcivescovo.
A tale riguardo, proprio a dimostrazione dell'utilità della ricerca compiuta anche da mons. Giordano che raccolse i resti dello sconfinato archivio dell'arcidiocesi andato distrutto dal fuoco dei bombardamenti del 1943, venerdì prossimo presenteremo una serie di manoscritti recentemente restaurati.
Queste operazioni, non lo dimentichiamo mai, sono possibili grazie all'azione illuminata di chi ci ha preceduti.
Maurizio Cimino, docente di Storia dell'Arte, ha esordito dicendo di aver conosciuto mons. Giordano nel 1986 in occasione della Mostra su Papa Orsini.
Era uno studioso che lavorava sui documenti ed anche le citazioni di altri importanti storici riteneva andassero verificate.
E dunque il suo era un lavoro fatto di precisione e di amore per la verità.
Egli era dell'avviso che la notizia, quando c'era, andava bruciata subito e dunque provvedeva egli stesso, essendo anche giornalista, a chiederne la pubblicazione al suo amico Giovanni Fuccio.
L'amicizia con don Giovanni Giordano, Cimino l'ha racchiusa in tre momenti principali.
La Mostra su papa Orsini; il rapoporto con la Comunità dei Fatebeneratelli che si estrinsecò essenzialmente attraverso quei magnifici libri scritti su di essi ed infine l'anno 2001 in cui morì quando fece, in occasione della ricostruzione della Cattedrale, mutare il posto della statua trecentesca di San Bartolomeo, che la Soprintendenza aveva posizionato nell'atrio della Cattedrale. Egli la fece riportare all'interno del Duomo e nel 1996 scrisse: San Bartolomeo entra... in chiesa.
Antonia Carluccio, responsabile dell'Unità di Dermatologia dell'Ospedale "Fatebenefratelli" e presidente dell'Afmal, ha confessato di aver avuto la fortuna e l'onore di aver lavorato con don Giovanni Giordano in quanto lei era consulente del Carcere.
Eravamo entrambi irpini trapiantati nella terra sannita che ci ha subito bene accolti.
Poi ha raccontato di quanto nel 1978, durante un turno di guardia, il marito Luigi Pilla, anch'egli medico del Fatebenefratelli, fu aggredito da delinquenti che lo picchiarono fino a rompergli due costole e gli incisivi dei denti. Queste persone volevano delle certificazioni compiacenti che egli non fece. Furono inseguiti dalla polizia fin sui tetti delle case del rione Ferrovia e furono presi tutti e tre. Lì con quell'episodio nacque una grande amicizia con don Giovanni Giordano che solidarizzò con la mia famiglia e da allora questo legame non si è più disperso.
Infine, la parola è passata a fra Giuseppe Magliozzi, storico dei Fatebenefratelli, che ha ricordato che egli, pur essendo stato missionario nelle Filippine dal 1988 al 2018, nelle occasioni in cui era a Benevento non mancava di incontrarsi con don Giovanni Giordano.
Ha organizzato tante ricerche su di noi Fatebenefratelli, ha detto fra Giuseppe.
Nessuna nostra comunità in Italia ha una storia di attività così particolareggiata.
Nell'archivio di Napoli don Giovanni trovò dati di processi del 1667 a noi utili per far dichiarare beato Giovanni Di Dio. Furono utilizzati nella causa di beatificazione solo quelli con miracoli molto evidenti. Tutti gli altri atti rimasero lì tra quelle carte. Don Giovanni li trovò ma nonostante non fossero relativi a Benevento e quindi utili al lavoro di ricerca che stava conducendo, non li abbandonò ma li face fotocopiare e me li mandò. Questo a dimostrazione di quanto ci volesse bene a noi Fatebenefratelli.
Chiesi per lui la intitolazione di una strada, cosa che poi il sindaco Masstella ha fatto.
Sin qui le relazioni.
ap - Noi aggiungiamo che nel 1988 don Giovanni Giordano si rese protagonista di un evento eccezionale. Portò alla luce e lo mostrò al pubblico, il Tesoro del Duomo. Ne parlarono tutti i giornali anche nazionali perché questi preziosi reperti erano rimasti nascosti dal 1943 e non si era mai saputo dove fossero stati stipati in tutti quegli anni (in seguito si parlò di una banca locale che li aveva tenuti nei suoi forzieri sotterranei).
Don Giovanni organizzò una Mostra imponente, con un allestimento in legno pregevolissimo ed a vigilare mise i "suoi" ragazzi del Carcere. Quelle guardie, a titolo del tutto gratuito, al termine dei turni di lavoro, venivano in Curia e gestivano con molta attenzione il servizio d'ordine e di vigilanza anche notturna. Fu un successo enorme quella Mostra.
Era il periodo che stavamo lavorando alla Guida di Benevento e del Sannio ed allora chiedemmo a don Giovanni, portando per mano già all'epoca il piccolo Luca di 6 anni, di poter fare delle foto di quei preziosi reperti.
Ci rispose in modo brusco mostrando il suo lato peggiore che spesso gli veniva contestato.
Pochi minuti dopo però mi raggiunse nuovamente e mi disse: Appena finisce il flusso del pubblico attardati all'interno e scatta tutte le foto che vuoi. So che ne farai un buon utilizzo.
Anche questo era don Giovanni Giordano.

 

 

 

 

comunicato n.145617



Società Editoriale "Maloeis" - Gazzetta di Benevento - via Erik Mutarelli, 28 - 82100 Benevento - tel. e fax 0824 40100
email info@gazzettabenevento.it - partita Iva 01051510624
Pagine visitate 400174149 / Informativa Privacy