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Benevento, 26-09-2021 09:09 ____
Era un caldo mese di luglio ed una 40enne non aveva indumenti intimi. Fu investita e noi a guardare. La chiamammo da allora la maestra senza mutande
Giorni fa, mi sono ritrovato per il funerale di un mio paziente alla chiesa di Santa Maria di Costantinopoli. Il ricordo e' andato al parroco che nel 1957 mi somministro' la prima comunione, don Luigi Chiocchio, riporta Peppino De Lorenzo
Nostro servizio
  

Peppino De Lorenzo, questa domenica, ancora una volta, arricchendo il ricordo di particolari, parla di una zona molto popolosa e bella della città, il rione Ferrovia che, negli anni, non ha mai mutato l'originario aspetto.
"Giorni fa, mi sono ritrovato - scrive - per il funerale di un mio paziente, al rione Ferrovia e, con precisione, alla chiesa di Santa Maria di Costantinopoli.
Mentre, nel piazzale antistante il luogo sacro, ero in attesa dell'inizio del rito funebre, ho ricordato le terribili sofferenze del defunto, divorato dal cancro, ripercorrendo tutte le bugie, sì le bugie, che, nel corso di lunghi mesi, ero stato costretto a dire onde evitargli la consapevolezza della triste realtà.
Così, fors'anche senza rendermi conto, sono ritornato agli anni della mia fanciullezza trascorsa in quel luogo.
Il parroco dell'epoca era l'indimenticato Luigi Chiocchio (foto), molto seguito ed amato dai fedeli.
Nato a Limosano il 7 giugno 1908, gli fu affidata la guida di quella parrocchia dall'allora arcivescovo Agostino Mancinelli, il 7 luglio 1941.
Don Luigi, negli anni Settanta, coadiuvato da don Mario, fu parroco di Santa Maria di Costantinopoli nel periodo che fece seguito al secondo conflitto mondiale.
Non fu indifferente, all'epoca, il suo contributo per la ricostruzione.
Né bisogna dimenticare l'aiuto in concomitanza dell'alluvione provocata dal Calore, il 2 ottobre 1949.
La presenza del vice parroco, don Mario, fu molto fugace in quanto questi aveva un carattere opposto a quello mite e pacifico di don Luigi.
Nel ricordo, nell'atrio della chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, ho rivisto don Luigi il giorno in cui feci la prima Comunione.
Era il 9 giugno 1957.
In quel tempo, ogni cerimonia avveniva senza sfarzi e con estrema riservatezza.
Don Luigi si spense il 7 maggio 1988.
Quando si era con lui non mancava, segnatamente per noi bambini, di inculcare l'amore per la vita.
Non permetteva che apparisse alcuna differenza e riusciva a coinvolgere appieno l'interlocutore.
Una persona buona, semplice, tranquilla.
In ogni momento, ti faceva sentire a tuo agio esprimendosi sempre con estrema pacatezza.
Per questo, il suo rapporto con don Mario non fu, di certo, idilliaco.
L'altra mattina, ricordando tanti episodi, ho avuto piena certezza degli insegnamenti della zona di Benevento ove sono nato, il rione Ferrovia, appunto, che ho sempre considerato la mia prima scuola.
Quel rione non finirò mai di ringraziarlo a sufficienza.
Lì, ancora oggi, rivedo insegnamenti semplici, solidi e sinceri. quali l'onestà, la rettitudine e l'importanza di un vero controllo sociale perchè, in quel tempo, chi non seguiva le regole veniva subito ripreso.
C'era l'amore per la famiglia. Gli anziani, che la sera si riunivano nei due bar della zona, da Ciccio e da Luigiotto, trasmettevano valori precisi e sinceri.
Mentre vagavo in questi pensieri, d'improvviso, due esperienze sono rimbalzate alla memoria.
Con i miei amici della zona, nell'età adolescenziale in cui gli ormoni impazziscono, ci divertivamo a guardare le fedeli nell'ora di preghiera, segnatamente la domenica.
Quando quelle giovani e prorompenti si genuflettevano, cercavamo di vedere più di un semplice ginocchio.
Dopo avere adocchiato, osservavamo bene il suo vestito.
Quella, dicevamo tra noi, dobbiamo guardare, quella, sicuramente, ci farà vedere un bel pezzo di coscia.
Esperienze semplici, complici l'età ed appunto gli ormoni in preda ad un impulso schizofrenico che comandavano i nostri istinti di ragazzini.
E, ancora, quella mattina di luglio, con un caldo soffocante, quando, mentre eravamo intenti a giocare nell'atrio della chiesa che, poche mattine fa, mi ha visto avanti negli anni, un tonfo violento richiamò la nostra attenzione.
Era dovuto all'urto di una moto che aveva investito la nostra guida, cui le mamme ci affidavano nelle mattine estive e che, con tanti giochi, ci intratteneva nella Colonia Elioterapica.
In sostanza, quello che, oggi, viene definito campo solare.
La malcapitata, una quarantenne, era stesa sul selciato, immobile, senza dare alcun cenno di vita.
Una nota lieta, comunque, nel dramma.
Complice il caldo, era senza indumenti intimi.
Per settimane, fu il piacevole racconto di noi ragazzi.
Trasportata presso il vicino Ospedale Fatebenefratelli, dopo alcune settimane di degenza, anche se rimase claudicante, si riprese.
Per noi rimase la maestra senza mutande.
Grazie, rione Ferrovia, per aver reso lieta la mia fanciullezza.

comunicato n.143911



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