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Benevento, 10-06-2021 11:39 ____
Edith Bruck ha vissuto sulla sua pelle e sopportato le spaventose e terribili vicissitudini della Shoah. E' finalista al Premio Strega
Il suo libro "Il pane perduto" e' uno spaccato intenso e dolente della sua vita, che pero' si chiude con la speranza e con quelle sorgenti luminose intense che le hanno permesso di ri-tornare a vivere. Ne parla a "Gazzetta"
di Enza Nunziato
  

La LXXV edizione del Premio Strega, riserva agli appassionati lettori ed estimatori della narrativa diverse novità.
Non soltanto i bellissimi libri indicati dagli Amici della Domenica ma anche la scelta degli organizzatori di decidere la cinquina finalista a Benevento.
Città Stregata d'elezione per gli intrecci e il legame indissolubile che esiste, tra la famiglia Alberti produttrice del leggendario liquore Strega e il Premio Letterario.
Un riconoscimento che, seppure concepito a Roma dai coniugi Bellonci e da Guido Alberti, ha forti e incancellabili radici stregate a Benevento.
In attesa che lo splendido Teatro Romano, mirabile palcoscenico d'autore, si colori di parole e di racconti da vivere e da sognare, abbiamo dialogato con Edith Bruck (foto), una splendida autrice ungherese per nascita, ma italiana per scelta, semifinalista al Premio Strega, con il libro "Il pane perduto", edito dalla Nave di Teseo.
Una donna che ti cattura con il suo sorriso, con le sue dolci espressioni, con la sua impareggiabile voglia di guardare al futuro.
Edith Bruck, ha vissuto sulla sua pelle e sopportato le spaventose e terribili vicissitudini della Shoah.
Una pagina buia della storia dell'Umanità che la scrittrice narra nelle sue pagine semplici ma efficaci, sapendo che deve essere sempre ricordata alle giovani generazioni, per non dimenticare il dramma vissuto dagli ebrei, ma anche dagli oppositori politici, dai rom e da tutte quelle persone ritenute a torto da qualcuno, diversi per razza e per nascita…
In questi ultimi tempi, quando i rigurgiti di antisemitismo si fanno risentire con il loro carico di odio e di violenze, la Memoria deve essere più che mai attiva, per non lasciarsi catturare dalle sirene dei totalitarismi e difendere sempre la democrazia e la libertà, così soffertamente conquistata.
Edith Bruck ci fa entrare nel suo mondo, nel suo infinito dolore ma con la luminosità dei suoi occhi che hanno bisogno di raccontare.
Lo fa attraverso "Il pane perduto", uno spaccato intenso e dolente della sua vita, che però si chiude con la speranza e con quelle sorgenti luminose intense che le hanno permesso di ri-tornare a vivere.
"Anche nel buio più totale della faticosa peregrinazione nei campi del concentramento mi era capitato di scorgere dei bagliori di luce".
"All'arrivo ad Auschwitz - ci ha spiegato Bruck - durante la selezione, un soldato con inaudita violenza mi ha separata da mia madre, spingendomi verso le persone destinate ai lavori forzati... ma anche verso la probabile sopravvivenza.
Questo episodio, che all'apparenza poteva sembrare spaventoso, si è rivelato però un frammento di luce.
L'altro episodio è quello di un po' di marmellata lasciata in una gavetta, o la domanda "come ti chiami", o di un guanto bucato e di uno soldato che non mi ha sparato.
Semplici e piccoli gesti che contenevano eccezionali schegge della "insensata" bontà umana, che mi hanno permesso di immaginare il desiderio della sopravvivenza".
La narrazione di Edith Bruck è intrisa di amore, di dolore, ma anche di calma, e la sua mitezza ci riempie il cuore di gioia.
Lei si sente a pieno titolo figlia adottiva dell’Italia, territorio dove arrivò nel 1954.
Un luogo che le piacque subito, per l'accoglienza generosa, nonostante la povertà.
Anzi, sospira la scrittrice, forse ieri c'era più attenzione e meno superficialità di oggi.
Questa constatazione un po' negativa, però, viene subito accantonata dal racconto delle dolcezze e dall'incanto di Napoli.
Una città seduttrice, con la sua area vibrante, con il vociferare della gente, con i sorrisi invitanti, con i panni svolazzanti dei balconi, le canzoni e gli sguardi benevoli.
"Una promessa e una speranza... cosa ha provato - abbiamo chiesto all'autrice - quando ha deciso di scrivere?
Ecco che gli occhi di Edith Bruck hanno brillato nuovamente... anche se la Memoria e i ricordi si stagliano forti e riemergono dal baule di un tempo orribile.
Al ritorno da quell'inferno. ha sottolineato la nostra interlocutrice, nessuno aveva voglia di ascoltare, ecco che scrivere è stato per me, come per tutti coloro che hanno vissuto l’orrore dei lager e della persecuzione del nazifascismo, un vero e proprio dovere.
"Dovevo scrivere ciò che le persone non volevano sapere... La carta sopporta tutto e io "scoppiavo", essendo piena di parole.
La scrittura per me è stata ed è ossigeno, è vita anche oggi".
Una tensione e un dolore che si stemperano mentre dialoghiamo con la splendida Edith Bruck, quando le ricordiamo dell'eccezionale incontro con Papa Francesco.
"Ricevere a casa papa Francesco è stato per me un faro splendente, un'esperienza meravigliosa, commovente, emozionante, storica.
La sua figura emanava calore, dolcezza.
Soprattutto quando ho avvertito il suo abbraccio fraterno.
Il pontefice mi ha espresso la sua gratitudine per i mei scritti, il coraggio e la Memoria che è il mio pane quotidiano.
Ha anche citato i punti luce che brillano nel mio libro "Il pane perduto", e ha approvato con tenerezza la mia lettera a Dio.
"Papa Francesco - ha dichiarato Edith Bruck - ha mostrato la sua riconoscenza per il mio pellegrinaggio nelle scuole, dove i giovani ascoltano, mi scrivono prepagandomi della fatica di rivivere quel vissuto che è indicibile.
E’ importante che gli studenti conoscano gli orrori della Shoah per non ripeterli e salvare il loro futuro.
Conoscere per desiderare un mondo migliore ,una convivenza fatta di rispetto verso ogni essere umano di qualsiasi credo o colore che sia.
Un mondo senza odio diventa un arcobaleno iridescente, perché la Memoria è vita, storia, dovere morale, è luce che indica la retta via".

comunicato n.141396



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