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Benevento, 23-06-2019 08:36 ____
Quirino l'acchiappacani, con tre testicoli, padre di 17 figli, d'improvviso, per noi ragazzi, divenne il simbolo indiscusso della virilita'
Gli subentro' Giginiello che al carrettino per riporvi gli animali catturati sostitui' la macchina. Il papa' mori' tragicamente nel trasportare un armadio lungo le scale di un edificio alla Ferrovia e ad allevare i figli rimase la mamma Clementina
Nostro servizio
  

Peppino De Lorenzo, nel novero del ricordo di personaggi legati alla storia cittadina, oggi, sofferma l'attenzione su Quirino l'accalappiacani che, ai suoi tempi, era una figura molto nota.
Da lui, poi, spazia su altri episodi dell'epoca che seguì, storie che fanno parte della vita cittadina, sconosciute ai più.
Ecco quanto, in proposito, scrive.
"Oggi, è una moda avere un cane in casa e, nel contempo, la figura dell'accalappiacani è del tutto scomparsa. Molti giovani non ne conoscono l'esistenza.
Cinquanta, sessant'anni fa, ero ragazzino, ma, tuttavia, l'immagine di Quirino l'accalappiacani, noto quale "acchiappacani", all'anagrafe Quirino Montella (nelle foto d'epoca), è rimasta viva nella memoria.
Ancora oggi, si affaccia e costituisce, malgrado il tempo trascorso,  uno dei primi ricordi, anche se non perfettamente nitidi, dell'infanzia.
L'accalappiacani cui, all'epoca, era affidata l'igiene del territorio, ogni giorno, attraversava l'intera città e, quando scorgeva un cane randagio, con un lazzo in mano, che solo lui sapeva destreggiare con invidiabile maestria, bloccava la povera bestiola riponendola, poi, in una cuccetta di legno, allocata su di un carrettino, che lui spingeva con le mani.
Rivedo gli occhi smarriti dei poveri animali che, attraverso una grata forata di metallo, posta nella parte anteriore della cuccetta, imploravano aiuto, ben consapevoli che, raggiunta la destinazione, un canile dell'epoca, la morte era sicura e non v'era strada di salvezza.
Quindi, non i canili di oggi, ma quelli dell'epoca erano dei veri e propri canili lager. 
Quirino era un personaggio che tutti conoscevano, apprezzandone l'autorevolezza ed i cani, non appena lo vedevano da lontano, con il suo carrettino, si davano a precipitosa fuga.
Per noi bambini era quello uno spettacolo che attirava non poco l'attenzione e, ad onor del vero, quando quel lazzo centrava il bersaglio al primo tiro, senza volerlo, diventavamo cinici oltre misura.
Lo spettacolo, poi, diveniva ancora più avvincente quando il cane riusciva a fuggire e così Quirino incominciava ad inseguirlo, mentre noi bambini, all'unisono, gridavamo: "Vai Quirino! Forza Quirino!"
Fu proprio in uno di questi periodici inseguimenti che Quirino venne investito, lungo il viale Principe di Napoli, da una motoretta.
Trasportato al vicino Ospedale Fatebenefratelli, nel corso delle indagini, la scoperta.
Quirino aveva tre testicoli.
E' questa una malformazione congenita, rarissima, in medicina nota con il nome di "poliorchidismo".
La notizia corse di bocca in bocca e, unita al fatto che Quirino fosse padre di ben 17 figli, d'improvviso, lui, per noi ragazzi, divenne il simbolo indiscusso della virilità. 
Anche se il massacro delle indifese bestiole non fosse, di certo, edificante, tuttavia, in quel tempo, le strade della città non erano popolate, così come si verifica oggi, da branchi di cani randagi e le aggressioni avvenivano raramente.
Quando Quirino, per raggiunti limiti di età, lasciò il servizio, negli anni più vicini a noi, il suo posto fu occupato da Giginiello, all'anagrafe Luigi Villani.
Con l'arrivo di Giginiello, però, si avvertì l'avvento dell'era moderna. Quest'ultimo, infatti, per espletare al meglio il suo servizio, ebbe in dotazione un'auto, appositamente fornita di un vano posteriore per allocare i cani e, quindi, scomparve il mitico carrettino di Quirino. L'arrivo, giustissimo, degli animalisti, bloccò il massacro dei cani.
In sostanza, con Giginiello ci si adattò ai tempi moderni ed, oggi, la figura dell'accalappiacani è scomparsa del tutto.
Senza volerlo, a margine, ritorna alla mente un altro episodio legato alla storia cittadina.
La madre di Giginiello, Clementina il suo nome, era una donna dolcissima.
Dedicò l'intera vita ai suoi figli, allevandoli con enormi sacrifici quando suo marito morì, tragicamente, in giovane età.
Questi aveva un carro, trainato da un cavallo, destinato, a chi ne faceva richiesta, al trasporto di materiale di ogni tipo. All'epoca, non esistevano le agenzie di traslochi.
Postazione preferita era in piazza Bissolati, ove lui aspettava le richieste.
Fu così che un giorno, nel trasportare un armadio lungo le scale di un edificio al rione Ferrovia, perse l'equilibrio e rimase schiacciato. Morì sul colpo.
L'incidente ebbe vasta eco in città, ma, come sempre accade, in ultimo, Clementina rimase sola. All'inizio, i figli cercarono di proseguire l'attività del genitore.
La loro dimora era in via Traiano Boccalini, a piano terra.
Un grande stanzone ove c'erano, cucina, bagno, letti, un tavolo e, in un piccolo vano recintato, il cavallo. Storie incredibili che, oggi, nel ricordarle, sembrano quasi irreali.
Clementina si adoperò a svolgere ogni lavoro. Così, ad esempio, il sabato mattina, di buon'ora, la vedevo comparire a casa nostra per accompagnare mia nonna materna, Vincenza Delcogliano, a fare le compere al mercato in piazza Commestibili. I supermercati, all'epoca, erano una chimera.
Dovevano recarsi lì di buon'ora per trovare i prodotti agricoli, quelli freschi ed appena colti dal contadino, che, poi, li portava a vendere.
Ricordo la nonna, lungo il viale della stazione, con Clementina che, con un grosso cesto in testa, la seguiva.
Il contenitore era colmo di verdure, frutta e quanto altro per soddisfare le esigenze alimentari della famiglia per l'intera settimana.
Quando Clementina, dopo una vita di sacrifici indescrivibili, si spense, andai a salutarla per l'ultima volta. Ero già studente liceale.
Portò con sè tanti ricordi della mia fanciullezza, dopo averli riposti in quel grosso cesto che lei, con maestria, sapeva, senza mantenerlo, farlo rimanere ben posizionato sulla testa, ponendo, ogni volta, per assicurare la presa, un pezzo di stoffa arrotolato tra i suoi candidi capelli e la paglia".

                                               

comunicato n.123391



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