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Benevento, 20-05-2019 19:21 ____
La tutela della diversita' di opinioni nelle organizzazioni di tendenza in Italia e Spagna
Se ne e' discusso alla Facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' degli Studi del Sannio con la partecipazione anche di un docente di Diritto Costituzionale dell'Universita' spagnola di Valladolid
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La Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi del Sannio ha trattato questo pomeriggio un altro argomento di grande rilevanza sociale e cioè: "La tutela della diversità di opinioni nelle organizzazioni di tendenza in Italia e Spagna".
Ad introdurre i lavori, a cui ha preso parte anche un docente universitario spagnolo per far sì che ci fosse una comparazione tra i vari ordinamenti dei due Paesi europei, è stata Antonella Tartaglia Polcini, professore ordinario di Diritto Privato e coordinatore del Dottorato di Ricerca in "Persona, Mercato, Istituzioni" dell'Università degli Studi del Sannio.
Si tratta di un confronto, quello che è stato organizzato quest'oggi, ha detto Tartaglia Polcini, tra diritti di libertà e di tutela delle diversità, un valore, questo, perseguito come antidoto alle discriminazioni.
Una tutela, certamente, ma di cosa e di chi?
Il confronto in realtà è dialettico tra posizioni individuali, quelle delle singole organizzazioni che perseguono ideologie o scopi caratterizzati da una collocazione ideale e l'interesse individuale, dei singoli della categoria dei lavoratori, che non intendono vedere lesi i propri diritti.
Non è un caso, ha proseguito Tartaglia Polcini, che di questo tema si occupino esponenti di scuole particolarmente attente alle persone.
Siamo abituati a guardare nel pluralismo un valore, un pluralismo delle idee, delle libertà di opinione.
Non si creda, però, che sia tutto così scontato soprattutto quando il pluralismo abbraccia diversi portatori di interessi delle relazioni sociali e su quelle che si inseriscono poi in un rapporto di lavoro.
Nella Costituzione italiana il pluralismo è garantito nell'articolo 2 e da qui poi si articolano le diverse forme associative e soprattutto s'invera nell'apertura alle confessioni religiose che sarebbero poi le vere organizzazioni di tendenza.
Questo però, oggi rispecchia poco la realtà perché le organizzazioni di tendenza sono essenzialmente imprenditoriali.
E dunque la domanda è anche cosa si intenda per organizzazione di tendenza ed ancora, possono essere tutelate più delle altre?
Temi centrali, questi, che vanno sviluppati ed approfonditi, ha concluso Tartaglia Polcini.
Marco Mocella, professore di Diritto del Lavoro dell'Università del Sannio, il quale ha rimarcato come l'incontro di quest'oggi nasca dall'idea che l'ideologia vada tutelata non solo dal punto di vista del lavoratore colpito da una sanzione o da un licenziamento o ancora per un provvedimento di natura ideologica, ma valutare la situazione da un punto di vista più oggettivo.
E dunque valutare la tendenza da garantire soprattutto quando essa è minoritaria o comunque non allineata con l'ideologia dominante.
La religione, ad esempio, credo abbia un ruolo che non può essere posto sullo stesso piano delle diversità delle idee politiche.
Sono livelli completamente diversi di ideologie. Le legge in Italia non ci aiuta però a farlo perché spesso fa di tutto un calderone.
A questo punto la parola è passata a Francisco Javier Matia Portilla, catedratico de Derecho Constitucional Universidad de Valladolid, il quale senza profferire quasi nessuna parola in italiano, ha dovuto sostenersi con delle slide tradotte nella nostra lingua per portare avanti la sua interessante relazione che ha consentito di leggere in esse le differenze con l'Ordinamrnto del nostro Paese.
Il suo dire si è articolato su tre direttrici principali attinenti sempre il luogo del lavoro e cioè: 1) Libertà di espressione; 2) libertà ideologica; 3) libertà religiosa.
Quando questi diritti vengono violati o si ritiene che siano stati violati, si fa ricorso alla Corte Costituzionale o alle Corti europee.
E quindi Portilla ha rappresentato una serie di casi concreti come di quel lavoratore che può essere licenziato per aver criticato la Compagnia in cui lavora. Ovviamente è garantita la libertà di espressione ma non è possibile influenzare con il proprio dire i rapporti con i clienti.
Un lavoratore, poi, di una televisione pubblica spagnola, ha definito sanguisughe i dirigenti della sua azienda.
Per questo, c'è stata la risoluzione del contratto di lavoro ed anche senza risarcimento.
La Corte europea ha stabilito che la misura fosse sproporzionata.
Ancora, stesse critiche ha avanzato un dirigente di una Banca di Spagna contro di suoi responsabili.
I magistrati hanno tutelato il suo diritto di critica in quanto la lettera non era stata diffusa ma era rimasta nell'ambito interno all'azienda.
Un altro importante interrogativo è stato quello riferito ad una persona che lavora per un partito politico.
Che succede se poi questo partito difende idee non compatibili con la Costituzione?
A questo punto, è intervenuto Mocella per una comparazione con il Diritto italiano.
Il lavoratore ha diritto di critica nei confronti del suo datore di lavoro ma c'è un limite che è dato innanzitutto dal rispetto della veridicità della notizia.
L'altro aspetto, poi è quello della diffusione della notizia ed in che modo essa viene data.
Mocella ha fatto anche degli esempi su rapporti di lavoro in alcune testate giornalistiche degli anni Trenta in Germania.
Per i lavoratori che portano avanti in cogestione l'impresa editoriale, non c'è tutela, mentre in Spagna sì.
Nel nostro Paese, bisogna attendere il 1970 e lo Statuto del Lavoratore con il quale nasce l'obbligo della reintegrazione ma non per le azienda non imprenditoriali e quindi da questo aspetto di tutela restano fuori i lavoratori delle organizzazioni di tendenza.
Nel 1990 giunge poi la legge disciplinante il licenziamento, legge che esclude dalle reintegrazioni tutte quelle imprese di tendenza che siano imprenditori; che non abbiano scopo di lucro e che abbiano determinate finalità.
Il lavoratore di un partito politico, ad esempio, non può avere la reintegrazione indipendentemente dalla motivazione del licenziamento.
Per mitigare tutto ciò, la giurisprudena ha in pratica introdotto il criterio di discriminazione che può sorgere anche al momento dell'assunzione e non solo in quello del licenziamento.
A chiudere i lavori è stata Veronica Caporrino, docente di Diritto Comparato dell'Università degli Studi del Sannio, che ha parlato del tema anche come incontro e scontro sulla parola diversità da cui tutti vorremmo fuggire, ha detto.
Intorno al concetto di persona si stratifica una riflessione ritenendola struttura vitale che porta a porgere le domande su chi è l'altro e chi siamo noi.
Il sistema dei diritti non può però non tener conto delle differenze e delle disuguaglianze.
Il diritto deve aiutare il soggetto seguendo il principio di uguaglianza che è normativo e deve ridurre le disuguaglianze ed occorre quindi badare alla comparazione dei diversi sistemi giuridici.
L'incontro si è chiuso con degli interessanti interventi da parte dei dottorandi sui vari argomenti trattati.

Le foto sono di "Gazzetta di Benevento". Riproduzione vietata.

 

 

 

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