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Benevento, 12-05-2019 08:45 ____
La tragica morte di Francesco Fracassi e di suo figlio Daniele, due sanniti periti nel terremoto del 1930, e' caduta nell'oblio
Ricordo di quando sua figlia, una volta l'anno veniva a casa e portava con se' una torta ricoperta di panna che per un goloso come me... Il marito ebbe un alterco con Peppe piglianculo che lo colpi' alla testa con un bastone, ricorda De Lorenzo
Nostro servizio
  

Peppino De Lorenzo, in questa occasione, ricorda una nobile figura d'insegnante di disegno, Francesco Fracassi, docente del Regio Istituto Magistrale della nostra città, perito, insieme al figlioletto 11enne, Daniele, nel corso del terremoto che interessò Benevento il 23 luglio 1930.
Nel rievocare Fracassi, De Lorenzo non manca, ancora una volta, di soffermare la sua attenzione anche su ricordi personali, qualcuno, come quello di un'altra stramberia di Peppe 'o piglianculo.
Ecco quanto scrive.
"La nostra città, come si sa, nel corso dei secoli, è stata, più volte, interessata da eventi sismici.
Storicamente, di terremoti, tra quelli più violenti, si contano ben 19, a partire dal 369, per giungere, all'ultimo, che si registrò il 23 novembre 1980.
Molto distruttivo, raggiungendo la magnitudo di 6,7 della scala Mercalli, fu quello che si ebbe il 23 luglio 1930, alle 1.08, con epicentro in Irpinia, tra Lacedonia e Bisaccia, che interessò un vasto territorio e, con precisione, Campania, Basilicata e Puglia.
I morti che, in ultimo, si contarono furono ben 1.404 ed a Benevento se ne ebbero 21.
Tra questi, si ricorda un valente insegnante di disegno dell'epoca, Francesco Fracassi, docente presso il Regio Istituto Magistrale, che perì, unitamente al figlioletto, 11enne, Daniele, sotto le macerie della sua casa.
Del ricordo di questi due morti, padre e figlio, accomunati nello stesso destino, a distanza di circa novant'anni, non v'è, purtroppo, più traccia, tranne che una epigrafe commemorativa che sorge nel cimitero della nostra città.
L'edicola votiva (nella foto), fu eretta e voluta, dopo il luttuoso evento, dalla famiglia scolastica dell'Istituto Magistrale. Sul marmo, si legge: "Dormono qui Francesco Fracassi professore di disegno ed il figliuolo undicenne Daniele tragicamente spenti dal terremoto del 23 luglio 1930.
Il Regio Istituto Magistrale al valoroso insegnante questa memoria lagrimando pose".
Fu quello un avvenimento importante nel mondo della scuola sannita dell'epoca. Ecco perchè fu celebrato degnamente.
Ed, infatti, da quel giorno, Francesco Fracassi fu inserito, nella nobile schiera di quanti hanno saputo tenere alto il nome del Sannio e della scuola in particolare.
La tragica morte dei due sanniti che, per lungo tempo, era rimasta scolpita nel cuore di tanti beneventani, con il trascorrere del tempo, è caduta nell'oblio.
Negli anni della mia prima giovinezza conobbi la figlia di Francesco Fracassi, Fausta, insegnante anche lei, come anche il marito, Elio De Domenico, prima del loro trasferimento a Salerno.
Quando la signora Fausta veniva a trovare la mia famiglia molte volte ritornava al ricordo di quella tragedia che sconvolse la sua fanciullezza.
Ricordo che lei era solita festeggiare la ricorrenza onomastica qualche giorno prima del Natale.
L'attesa della sua venuta, puntualmente ogni anno, per me era motivo di gioia in quanto la signora Fausta, per l'occasione, preparava una torta veramente squisita, ricoperta di tanta panna, che, per un goloso come me, rappresentava una delizia senza eguali.
Con Francesco Fracassi, oltre il fascino di una figura insigne di docente, emergeva il dono sublime del luminoso esempio di vita che lui seppe trasfondere in tutti i suoi giovani allievi.
Rivelava, in tutto il suo essere, un'incarnata solidità di struttura che si equilibrava, armonicamente, con il suo carattere.
Il suo volto aveva i lineamenti del vero maestro, di quegli uomini che sanno lasciare una traccia di sè in ogni allievo.
Quando ero giovane, ho memoria che chi lo aveva conosciuto lo ricordava disponibile in tutte le occasioni, ritenendo che, nel corso della sua breve ma laboriosissima esistenza, non vi era stato mai un solo attimo in cui il suo pensiero non fosse rivolto alla scuola ed ai suoi discepoli.
Gentiluomo autentico, Francesco Fracassi era una tempra di lavoratore, amante della natura e della bellezza.
Contava innumerevoli amici ovunque e chi lo conosceva restava a lui legato per l'affabilità, la simpatia, la calda umanità del personaggio.
La sua grandezza ed importanza erano racchiuse nella sua vita privata, in modo particolare, nel significato simbolico che il suo insegnamento aveva in quel tempo ormai lontano.
Ecco perchè, segnatamente nel mondo attuale, in cui v'è uno smarrimento di tutti i valori, l'esistenza dell'insegnante Fracassi rimane un esempio eccezionale di fede e di saggezza, come lo è stata quella di tanti figli del Sannio che da questa terra feconda hanno saputo trarre la linfa vitale che li ha portati in alto.
La grandezza più grande di Francesco Fracassi è racchiusa nel riuscire lui a mettere la sua vita al servizio dei giovani; vita esemplare intesa non solo quale esempio, ma quale strada per avvicinarsi a Dio.
Nel concludere, mi sia concesso un altro ricordo, oltre quello, come citato, della figlia Fausta.
Nel 1956, un evento interessò la famiglia Fracassi e che vasta eco ebbe nella nostra comunità.
In quel tempo, infatti, il perimetro cittadino non aveva l'odierna estensione e, per questo, ogni notizia particolare trovava la partecipazione dell'intera comunità.
Il mese di gennaio 1956 è rimasto nella storia beneventana per la copiosa precipitazione nevosa che coprì la città.
Quando, con i pochi mezzi a disposizione dell'epoca, si riuscì ad aprire un varco lungo corso Garibaldi, il professore Elio De Domenico, genero di Fracassi, con la sua Prinz, nota utilitaria del tempo, giunto dinanzi alla Prefettura, convinto di avere la precedenza, senza volerlo, s'inoltrò tra le pecore che, Peppe 'o piglianculo aveva portato dinanzi al palazzo del Governo onde sollecitare il prefetto ad elargirgli un contributo per dare da mangiare al suo bestiame.
Peppe, con il suo carattere ribelle, andò su tutte le furie e colpì, violentemente, al capo, con il suo bastone, il professore De Domenico.
Quest'ultimo, soccorso, fu portato al pronto soccorso ove la ferita fu suturata con dieci punti.
Fu quest'ultima un'altra stramberia di quel personaggio particolare che era, appunto, Peppe 'o piglianculo, all'anagrafe Giuseppe Sorice".

comunicato n.122193



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