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Benevento, 08-02-2019 20:32 ____
Di fronte ad una mafia sanguinaria i cittadini ed i movimenti politici non possono essere divisi. Si puo' discutere dei dettagli, non dei principi
Giovanni Tartaglia Polcini interviene assieme a Franco Roberti alla presentazione del libro di Giacomo Ciriello "La mafia si puo' vincere" che descrive i 42 mesi dell'autore al Viminale con ministro dell'Interno Roberto Maroni
Nostro servizio
  

Il libro di Giacomo Ciriello, "La mafia si può vincere", Aragno Editore, va visto, secondo la nostra opinione, anche sotto l'aspetto storiografico.
Si dirà: Troppo ravvicinato il periodo in esame per poter essere storicizzato.
E forse è vero, ma diciamo allora che il volume costituirà una preziosa fonte per chi negli anni, nei decenni a venire, senza più condizionamenti dovuti a presenze ancora sul campo ed impegni politici, scriverà di Silvio Berlusconi, definito il male assoluto dal 50% degli italiani al contrario dell'altro 50% che lo votava e ci si accorgerà che il suo Governo ha fatto moltissimo, forse più di altri addirittura, nella lotta alle mafie, definite al plurale, come piace a Giovanni Tartaglia Polcini.
E questo forse riscatterà anche tutti quei milioni e milioni di italiani che hanno sempre votato Berlusconi e che si sono sempre, indirettamente, visti appellare, anche loro, come sconsiderati e delinquenti di riporto.
Certo, il lavoro di Giacomo Ciriello, beneventano doc, esalta, giustamente, l'azione svolta dal suo ministro, quello dell'Interno, Roberto Maroni, ma sempre ministro del Governo Berlusconi è stato.
Avrebbe potuto fare quello che ha fatto se il presidente del Consiglio gli avesse remato contro?
Un tentativo in tal senso Ciriello lo cita, c'è stato, ma non rispetto direttamente alle mafie, un tentativo poi rientrato.
E dunque, merito a Ciriello, per questo suo lavoro scrupoloso e di indubbio pregio, a valere per i posteri.
L'iniziativa della presentazione del libro, è stata di Auser Uselte di Benevento, presieduta da Adriana Pedicini.
Nell'Auditorium del Museo del Sannio ne hanno discusso Franco Roberti, magistrato, già procuratore nazionale antimafia ed oggi assessore alla Sicurezza della Giunta De Luca della Regione Campania e Giovanni Tartaglia Polcini, magistrato, consigliere giuridico al Ministero degli Esteri.
Il saluto ai presenti è stato portato da Adriana Pedicini, la quale dopo aver spiegato gli aspetti organizzativi della sua Associazione, ha sottolineato come il tema sia stato portato avanti nel libro da Giacomo Ciriello, con precisione ed onestà intellettuale.
Bisogna cogliere il senso della speranza che la mafia si possa vincere e convincersi nonostante tutti gli accadimenti umani, che ciò rientri nella possibilità e nella probabilità.
La parola è quindi passata ad Enza Nunziato, giornalista, che ha moderato l'incontro con un protagonista, ha detto, un protagonista del nostro Sannio, un giovane del nostro territorio che ha saputo farsi amare anche fuori dal Sannio.
Giacomo Ciriello ha cominciato la sua non breve avventura nei palazzi della politica, aggiungiamo noi, avventura che è terminata solo qualche mese fa, quando divenne capo della segreteria politica del sottosegretario al Lavoro, Pasquale Viespoli.
Poi lo stesso ruolo lo assunse con il ministro dell'Interno Bobo Maroni che ha seguito anche negli anni della presidenza della Regione Lombardia, sempre con ruolo di vertice.
Il libro, ha detto Nunziato, è scritto in maniera lineare e scorrevole, un documentario narrato.
Puntuale la cronaca narrativa riferita ai 42 mesi del Governo Berlusconi e di quando Maroni coordinava la politica contro la mafia.
Giovanni Tartaglia Polcini, ha parlato di un libro necessario perché il tema della mafia è oggi centrale e richiama l'attenzione quotidiana di tutta la società civile, un ruolo, quello delle mafie, pervicace e sempre più transnazionale: Il tema è anche quello dell'inquadramento della lotta alla mafia nel diritto.
Il magistrato ha quindi osservato che si sono adottati vari provvedimenti per combattere la mafia e nel libro di avverte una tensione morale di chi chiede che venga più riconosciuto ciò che è stato fatto in quel determinato momento storico.
Si è fatto tanto inserendosi nell'evoluzione istituzionale adottando un metodo costruttivo che è quello che mi ha poi colpito, ha detto Tartaglia Polcini.
Negli anni in esame c'è stata la riscrittura e l'adeguamento di determinate regole ma si è agito anche a livello di architettura istituzionale.
Infine l'intersettorialità. C'è una necessaria ansia ad un'antimafia della cultura ed anche su questo, nel periodo in esame, molto è stato fatto.
Questo volume, poi, richiama dati storici e quindi non è affatto autoreferenziale.
Dirompente da un punto di vista emotivo è infine l'elenco delle persone morte nella lotta alle mafie. Di fronte ad una mafia sanguinaria i cittadini ed i movimenti politici non possono essere divisi.
Si può discutere dei dettagli, non dei principi.
Franco Roberti ha ricordato che negli anni in esame, il 2008, egli era procuratore distrettuale antimafia a Napoli, l'incedere del Gioverno venne segnato dalle stragi del clan dei Casalesi.
Una cultura antimafia si dovrebbe nutrire con la conoscenza. La mafia in pratica offre servizi: Droga, prostituzione, protezione.
Ed a tale riguardo Roberti ha detto che nel 2006, il Governo Prodi mandò a Napoli il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, che non aveva la più pallida idea di cosa fosse la camorra.
La colpa di questa mancanza di conoscenza, ritengo però fosse la nostra, ha detto Roberti perché la nostra conoscenza non l'abbiamo saputa comunicare.
Nel 2008 poi si insedia il Governo Berlusconi  mentre nel capoluogo campano c'era la scia di sangue lasciata dal clan dei Casalesi che agiva con stragi mirate.
Ed è in quel periodo che a Napoli arriva Maroni, ministro dell'Interno.
Fui colpito da una domanda che mi fece: Che cosa dobbiamo ancora fare per sconfiggere la camorra?
Risposi che non doveva essere più un auspicio ma un obiettivo politico prioritario.
E fu allora che mi accorsi della volontà che effettivamente questa lotta dovesse essere un obiettivo politico.
Con Maroni avemmo un confronto franco, noi magistrati. Alla fine del mandato amministrativo chiudemmo con la cattura di Zagaria e con una serie di interventi normativi estremamente significativi.
Enza Nunziato prima di passare nuovamente la parola a Giovanni Tartaglia Polcini ha detto che con l'appoggio leale e fattivo di Maroni, vivemmo una stagione esaltante.
Giovanni Tartaglia Polcini ha ripreso dicendo che spesso ci si era trovati a lottare anche con le restrittezze finanziarie ed allora i fondi si trovano, anche a scapito di altri interventi.
Ma il magistrato ha anche posto paletti importanti: Le mafie si combattono sempre nella cornice dello Stato di diritto.
Tartaglia Polcini ha anche evidenziato un altro dato importante e cioè che non è più utile indicare le mafie come residenti nei luoghi canonici del Sud Italia perché essa oramai è anche in Lombardia ed è diventata transnazionale.
Uno sforzo solo nazionale, dunque non basta.
L'Italia è punto di riferimento internazionale.
Abbiamo le mafie più antiche del mondo ma abbiamo anche l'antimafia che è parimenti la più antica del mondo.
Roberti ha voluto confermare che i poteri che si pongono al di fuori della legge, vanno combattuti perché non esiste potere al di fuori della legge medesima.
Anche Roberti ha confermato essere errato il convincimento che la camorra non ci fosse al Nord.
Nel periodo del ministero di Maroni, furono varate leggi importantissime.
Tra queste certamente la cultura del coordinamento che è in atto oggi anche tra le forze di polizia che una volta invece agivano senza consultarsi tra loro.
Giacomo Ciriello ha quindi preso la parola per chiudere i lavori di presentazione del suo libro.
Sono arrivato qui con una certa emozione nella città in cui sono nato e dove racconto l'esperienza degli anni trascorsi al Viminale.
Sono stati 42 mesi di impegno che mi hanno dato la possibilità di vedere anche dall'interno
come si muove la macchina dello Stato e di come tutti possano muoversi nel dare una mano.
il nostro è un Paese con un senso di frustrazione che gli deriva dal fatto di interrogarsi come possa essere combattuto questo fenomeno.
Ho conosciuto in quei lunghi mesi, uno Stato che la lotta alla mafia l'ho voluta fare come obiettivo prioritario.
C'erano anche portatori di sabbia negli ingranaggi, questo è vero, ma abbiamo esordito bene con provvedimenti che forse taluni non vedevano nel binomio Berlusconi-lotta alla Mafia.
Dopo 14 giorni dall'insediamento, il Consiglio dei Ministri si tenne a Napoli e Maroni si presentò in esso già con il pacchetto sicurezza e non si è mai usata la lotta alla criminalità organizzata per dividere.
Abbiamo assistito alla reazione di uno Stato organizzato che veniva percepita dalla gente anche attraverso tante lettere che arrivavano all'indirizzo del ministro Maroni.
Ciriello ha anche ricordato il battibecco tra Saviano e Maroni.
I due furonio divisi da opinioni diverse sulla lotta alla mafia e non c'è cosa peggiore per chi le mafie le combatte.
E tuttavia anche nel confronto con Saviano alla fine contarono i fatti visto che nei 42 mesi di governo, furono sottratti alla mafia la bellezza di 24/25 miliardi di euro in beni. Questo dato, ha concluso Ciriello, non mi sembra sia sinonimo di un ministro e di un Governo che volesse lasciare tranquilla la mafia.
Terminati gli interventi previsti, all'autore non è rimasto che concedere ai tanti suoi estimatori la firma con dedica sul libro.

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