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Benevento, 16-06-2018 12:03 ____
Per affrontare l'emergenza di oggi non possono bastare i diktat di Salvini il quale nella stessa settimana ne respinge 629 e ne subisce 950...
Presto ci renderemo conto che il problema non si risolve con i muri dell'ungherese Orban e con i respingimenti del ministro Salvini. Chi fugge dalla guerra e dalla fame prima bussa, ma se non gli si apre sfonda la porta ed invade la casa
di Roberto Costanzo
  

L'emergenza migrantes ha ormai raggiunto livelli di assoluta ingovernabilità: Ognuno dei 27 Stati membri dell'Unione Europea, esprime proprie valutazioni inconciliabili con quelle degli altri partner.
Non si tratta di un singolo fenomeno nazionale, ma di un complessivo e indivisibile problema europeo.
I flussi dei nostri giorni, sotto molti aspetti, non sono paragonabili ai viaggi della speranza dei lavoratori del secolo scorso che migravano verso le Americhe, l'Australia e l'Europa centrale, con speranze e aspettative prestabilite.
Per capire il fenomeno di oggi, bisogna riportare la mente molto indietro nella storia ed analizzare le dimensioni e le cause degli esodi biblici, delle invasioni barbariche verso la metà del primo millennio; nonché degli immensi deflussi arabo-musulmani a cavallo dell'anno Mille.
Movimenti, quelli arabo-musulmani, che ebbero pressappoco gli stessi territori di partenza e gli stessi percorsi di primo approdo degli attuali flussi lungo la penisola iberica, le regioni italiane della Magna Grecia e la rotta turco-balcanica.
L'Europa di oggi, per contraddizioni e divisioni interne, somiglia non poco all'Europa che fu campo di approdo e di invasione dei migranti afro-asiatici di mille anni fa.
Per affrontare l'emergenza di oggi non possono bastare i diktat di Salvini il quale, mentre spinge i 629 profughi della nave Aquarius verso le coste spagnole, è costretto a subire lo sbarco sulle coste siciliane di oltre 950 naufraghi. Nella stessa settimana ne respinge 629 e ne subisce 950…
Se vogliamo evitare che le migrazioni dei nostri giorni assumano le stesse forme di quelle di mille anni fa, tutti gli Stati membri dell'Unione Europea debbono saper trovare in tempi brevi unità d'intenti al fine di impostare politiche comuni idonee a contenere e governare il fenomeno migratorio.
Ben presto, ci renderemo conto che il problema non si risolve, anzi si aggrava, con i muri dell'ungherese Orban e con i respingimenti del nostro ministro Salvini.
Tanto meno si risolve con le vaghe promesse dell'Unione Europea e con i voltafaccia di alcuni governi degli Stati membri.
Non è facile convincersene, ma oggi la prima mossa per mantenere l'unità, la pace e la prosperità in tutta Europa è quella di affrontare organicamente l'emergenza immigrazione e organizzarne il governo.
Nel secondo dopo guerra, i primi sei Paesi membri della Cee capirono che per scongiurare altri conflitti bellici interni ed esterni al vecchio continente fosse necessario mettere insieme mercati, produzione e servizi e a tal fine sottoscrissero il Trattato di Parigi del 1951 e il Trattato di Roma nel 1957. Libera circolazione di persone, merci, capitali  e servizi; e, con lo stesso obiettivo, venti anni fa, dodici Stati europei decisero di creare la moneta unica. Nell'immediato futuro tutto quanto è stato fatto a partire dal Trattato del 1951 per la pace e la prosperità dell'Europa potrebbe dissolversi e l'integrazione europea diventare inservibile se non si trovasse, al più presto, l'intesa per una comune politica europea dell'immigrazione.
Chi pensasse che si debba o si possa soltanto organizzare il respingimento dei migranti alle frontiere o di bloccarli nei Paesi europei di primo approdo, non ha capito che questo è un problema estremamente complesso, il principale problema di tutta l'Europa di oggi e di domani, che va affrontato con un'unica politica europea di accoglienza e inclusione, che inevitabilmente dovrà condizionare tutte le altre politiche comuni.
L'Italia è il Paese europeo che ha più bisogno di organizzarsi per controllare e governare questo fenomeno, cambiando totalmente mentalità e sistemi di approccio.
E' diventata intollerabile la mancanza di una intelligente strategia del governo, che pure non lesina spese, ma che certamente non spende bene.
L'immigrazione in tutti i suoi aspetti, appunto perché è contenibile e regolabile, ma non evitabile, soprattutto in Italia va gestita con misure e strumenti della Pubblica Amministrazione; seguendola direttamente e non appaltandola a pseudo-cooperative; ripeto, gestendola direttamente con criteri pubblici, come si fa con la sanità, la scuola, la giustizia, la sicurezza.
Ci vuole un ministero ad hoc, con un proprio bilancio, con una propria forza pubblica di sicurezza e tutela e con il diretto coinvolgimento delle amministrazioni comunali.
Gli immigrati possono diventare una risorsa se vengono regolati e contenuti alla partenza, quindi  correttamente accolti, istruiti e occupati in appositi cantieri di lavoro, in interventi di pubblica utilità  e in lavori privati soprattutto nelle campagne, liberandoli però dallo sfruttamento del caporalato.
L'Europa colpita da una forte decrescita e da un grave invecchiamento della popolazione ha bisogno di una trasfusione di manodopera fresca.
L'Africa, con il continuo incremento della popolazione e la riduzione della mortalità infantile, ha un crescente bisogno di collocare all'estero parte notevole della sua popolazione, ma ha anche bisogno di organici piani di sviluppo, capaci di creare occupazione, da parte dell'Europa che non deve farsi ulteriormente scavalcare dalla Cina, la quale ormai fa segnare un'estesa presenza in tutta l'Africa.
I respingimenti selvaggi di Salvini possono attrarre simpatie elettorali da chi ha paura dell'altro, da chi teme il cambiamento. Salvini non dovrebbe acquisire consenso in quei ceti medio-bassi italiani che hanno avuto parenti e familiari emigrati oltre oceano ed in Europa, i quali hanno subito anch'essi, come gli immigrati di oggi in Europa, umiliazioni e sofferenze incancellabili.
Basti ricordare le quarantene in Ellis Island di New York ed altre umiliazioni.
Chi ha avuto parenti che hanno subito tali amarezze non può infastidirsi quando vede un giovane africano che stende la mano lungo un marciapiede della città.
Difficilmente, le politiche di respingimento riusciranno a fermare le popolazioni che fuggono dalla guerra e dalla fame.
Chi fugge dalla guerra e dalla fame prima bussa, ma se non gli si apre sfonda la porta ed invade la casa.
La storia ce lo racconta.

comunicato n.113778



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