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Benevento, 20-05-2022 21:12 ____
Melania Petriello ed Ettore Rossi portano alla luce le terribili verita' contenute nel libro di Dina Lauricella "Il codice del disonore"
Le donne della ndrangheta che si ribellano al cosiddetto codice d'onore, scappano senza conoscere un'alternativa alla loro vita anche perche' nessuno l'ha creata quell'alternativa. Interventi anche di Mario Collarile e Giovanna Megna alla rassegna "Sopra le righe"
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Ancora un appuntamento al Teatro di San Vittorino nell'ambito della rassegna di cultura & musica "Sopra le righe".
Si è trattato della presentazione del libro di Dina Lauricella, giornalista, dal titolo: "Il codice del disonore".
Peccato per la scarsa presenza di pubblico che si è perso un interessante dibattito non solo sulle mafie e qui in particolare sulla Ndrangheta calabrese, ma sul ruolo che detiene la donna in queste famiglie di criminali dove spesso non è solo vittima ma anche carnefice addirittura come mamma e non solo come sposa.
Prima del dibattito è intervenuto il presidente del Conservatorio, Antonio Verga, che era appena arrivato da Napoli dove alla commemorazione di Giovanni Falcone era impegnata una formazione di musicisti del Conservatorio "Nicola Sala".
Subito dopo il suo saluto, al San Vittorinio è ritornato nuovamente nel capoluogo partenopeo per stare con i suoi studenti e docenti.
Verga ha detto di aver insistito per avere qui a Benevento Melania Petriello e la scrittrice Iannicella  anche perché in questa rassegna  teniamo molto, ha detto, alle tematiche sociali.
Il presidente ha poi cercato di giustificare le assenze del pubblico con le varie concomitanze di eventi e non ultima la partita di calcio del Benevento a Pisa.
Tifano per la squadra del cuore e per questo ne perdoniamo l'assenza.
Verga ha, quindi, sottolineato la presenza anche di Mario Collarile, uomo di sport che da anni valorizza il nostrro territorio, di Giovanna Megna, componente della Commissione Cultura e di Ettore Rossi, altra preziosità del nostro Sannio.
A questo punto è cominciata la discussione sul libro di Dina Lauricella, condotta con domande precise e documentate rivolte all'autrice, Melania Petriello, giornalista, che ha parlato di un libro che apre ad una riflessione di grande importanza.
L'introduzione all'analisi del testo è stata fatta con la lettura di un brano del libro da parte di Grazia Caruso al termine del quale Petriello ha sottolineato come sia questo un volume che ricostruisce storie di donne vere.
Siamo in presenza di fatti terribili che muovono dall'assunto delle cancellazione totale della vita, della rinuncia ai figli.
Questi racconti di storie vere ci inducono anche ad essere attenti al fatto che parliamo di mafie al plurale atteso che esse, mafia, camorra e ndrangheta, hanno dinamiche differenti e che la loro profonda conoscenza è importante per il loro sradicamento.
Le donne di ndrangheta che si ribellano al cosiddetto codice d'onore, scappano senza conoscere un'alternativa alla loro vita anche perché nessuno l'ha creata quell'alternativa.
E dunque perché l'esigenza di fare questo percorso?
A questa domanda ha poi risposto l'autrice del libro, Lauricella, affermando che la sua indignazione profonda verso questo stato di cose è stata la spinta della mia inchiesta.
Una donna mi ha chiesto di essere intervistata e di leggere la sua storia.
L'ho fatto pur non essendomi mai occupata di mafia ma con questo racconto sono arrivata a toccare con mano l'orrore della mafia calabrese, una mafia peraltro di recente conoscenza ma che è divenuta una potenza criminale tra le più importanti del mondo.
Questo grande potere si è ingigantito anche grazie al nostro silenzio visto che è proprio nel silenzio che si espandono le mafie.
Ho scoperto con mia grande sconforto ed indignazione che in uno dei punti cardine del codice d'onore, che io chiamo del disonore, è anche contemplato che un padre possa ammazzare la propria figlia.
A queste donne anche la scuola è stata ostile.
Essere il componete di una ndrina ha una sola prospettiva, quella di essere un criminale.
La figlia, infatti, assurge a valore solo quando c'è una convenienza, anche nello scambio con altre famiglie, dandola in sposa.
E' nel 2010 che comincia la ribellione.
Queste donne, ha proseguito Lauricella, non hanno il burca ma le mura domestiche in cui sono soffocate è praticamente lo stesso.
Da quando, oltre dieci hanno fa, hanno avuto la possibilità di utilizzare il telefono cellulare, il loro ruolo irreale è diventato reale.
Si possono innamorare addirittura di persone che non hanno mai visto.
In pratica sono delle vergini dell'anima.
La ribellione delle donne getta le basi per la distruzione della mafia calabrese che può essere attaccata solo intaccando il loro patrimonio finanziario o facendo mancare alla famiglia la presenza della moglie che porta via i figli.
E' questo che fa male ai mafiosi, non il carcere che per loro è un obiettivo.
Ettore Rossi ha parlato del già vescovo di Locri Giancarlo Maria Bregantini e dell'imprenditore Vincenzo Linarello, che lottò contro la pervasività della mafia.
Importante è stato anche grazie a loro il protocollo posto in essere e che mette in condizione le donne che lo vogliono di staccarsi dalla famiglia criminale per salvare se stesse ed i propri figli.
Un aiuto questo che però è solo frutto di volontariato, ha concluso Rossi, e questo non è possibile visto che deve essere lo Stato a fare la sua parte in maniera forte.
A questo punto, prima di riprendere brevemente la discussione, c'è stato un intervento musicale.
Si è trattato del cantautore Antonio Mazzariello, chitarra e voce, studente della classe di Luca Galeano del Dipartimento Pop, Scuola di Chitarra Pop del Conservatorio "Nicola Sala".
Mazzariello è stato non solo molto bravo ad interpretare le sue canzoni, ha proposto tre brani, ma anche ad interloquire piacevolmente con il pubblico in sala fino a ringraziare i suoi genitori (nella decima foto in basso) anch'essi presenti in teatro.
Ultimato l'ultima frammento del dibattito, sul palco è salito Mario Collarile, delegato provinciale del Coni, il quale ha sottolineato come lo sport possa essere anch'esso un'arma efficace contro le mafie perché esso ha la caratteristica della lealtà, del rispetto e del coraggio.
Ha quindi porto all'autrice la medaglia del Conservatorio che ha voluto farle indossare come si conviene alle premiazioni ufficiali di eventi spoprtivi.
Giovanna Megna, consigliere comunale e componente della Commissione Cultura ha rivolto all'autrice tutta la sua ammirazione per un testo che restituisce alle donne disumanizzate un potere straordinario.
Grazie anche per averci fatto comprendere che quando si parla di mafia bisogna comprendere bene di quale aspetto di esse si tratti.
La camorra, ha concluso l'autrice è altro rispetto alla ndrangheta ed al ruolo, le funzioni ed il rispetto per donne e bambini in ambito familiare.
Megna ha premiato Ettore Rossi e consegnato anche il Premio dedicato alla memoria di Ciccio Romano.

 

 

 

 

 

 

comunicato n.149759




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