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Benevento, 05-05-2022 20:35 ____
La ricerca di Francesco Bove sulla chiesa di Santa Sofia critica i lavori di restauro che hanno demolito tutto cio' che non combaciava con le teorie
Il riferimento e' stato al sovrintendente degli anni Cinquanta. I contributi resi dai vari relatori hanno adottato una linea comune che e' quella di sfatare i miti ed abbattere i pregiudizi, ha detto l'arcivescovo Felice Accrocca
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La sala Leone XIII del Palazzo Arcivescovile di Benevento ha accolto il convegno di studi e la presentazione del recente saggio di Francesco Bove, architetto, dedicato alla "Storia del monastero e della chiesa di Santa Sofia di Benevento".
E' stata rievocata anche la figura di Carmelo Lepore, noto studioso del Medioevo sannita scomparso oltre dieci anni fa, cui il saggio è dedicato.
In verità la interessante parte dello studio di Franco Bove sulla storia della trasformazione, nei secoli, della chiesa di Santa Sofia, è stata un po' sacrificata, nell'attenzione della gente che non è mai tanta, proprio dagli interventi che hanno preceduto quello dell'autore del libro e che forse potevano o essere contenuti o rinviati ad un evento ad hoc.
Oggi bisognava ascoltare la incredibile ricostruzione storico-artistica del monumento classificato come bene dell'Umanità.
Comunque sia tutti sono stati inchiodati alle sedie fino alla fine e questo è quello che conta e che dà soddisfazione a chi organizza.
Ad aprire i lavori, presieduti dall'arcivescovo, monsignor Felice Accrocca, è stato l'intervento del figlio di Carmelo Lepore, Francesco, che ha ricordato la pubblicazione da parte del padre su "Studi Beneventani" dell'edizione completa anche delle fondazioni monastiche.
Sono ancora tanti gli inediti di Carmelo Lepore così come anche lo studio delle origini del francescanesimo a Benevento ed alla presenza delle prime clarisse in città.
Francesco Bove ha ribadito che Lepore non è stato uno studioso locale ma un medievista e paleografo oltre che diplomista ed anche il suo lavoro, quello del libro presentato oggi, è debitore delle conoscenze del professore Lepore.
E' toccato poi a Francesco Mottola, dell'Università di Salerno, un sacerdote, approfondire la figura di Carmelo Lepore e lo ha fatto con una esposizione, molto lunga ma piena di particolari e di considerazioni e riferimenti storici.
Lepore è stato un personaggio che ha speso la sua vita tra ricerca storica e chiesa beneventana. Una figura singolare nella scuola, dove insegnava e ricercatore in quella della storia.
La sua formazione non è stata dovuta alla frequentazione di scuole di specializzazione ma ha attinto ai libri della Biblioteca di San Giorgio del Sannio e della Capitolare.
Molto preziosa la frequentazione con don Lauro Maio ed anche con studiosi stranieri quali Virginia Brown, Jean Mallet e Thomas Kelly.
Carmelo Lepore iniziò presto i suoi studi anche sui confini del territorio beneventano e più volte ebbe anche delle accese discussioni scomode e dure con i suoi interlocutori.
E' stata anche notata l'abnorme presenza del numero di chiese, 97, in una città di 12mila abitanti così come la ricerca di Lepore ha anche modificato il comune pensiero che ci fossero tanti monaci nei conventi cittadini. Non è così.
Ce ne erano dai 2 ai 10 al massimo tranne che per un periodo a  San Modesto dove erano 28.
Importante ricerca di Lepore è stata anche la rettifica della datazione dello "Scriptotium" portata al 1219-1239. Anche gli Statuti del 1203 sono stati studiati, tradotti in italiano e pubblicati con commento critico.
Di pregio, infine, il lavoro svolto anche sulle pergamene dal 1300 in poi, un lavoro che però non è stato ancora pubblicato.
Quanto tempo resterà ancora, si è chiesto Mottola, tra i suoi inediti?
Franco Bove, nel riprendere la parola, si è dichiarato disponibile, come "Amici dei Musei" alla pubblicazione di questi inediti.
A questo punto la parola è passata a Gianfranco De Benedictis che Bove ha presentato come il maggiore esperto sul Sannio sannitico.
Il suo intervento ha avuto come temi portanti l'architettura, l'urbanistica e l'archeologia della città.
Si cerca la verità storica, ha detto De Benedictis, ma essa ha bisogno di studi e sacrifici e di una tempra che Lepore possedeva.
Quindi il docente dell'Università del Molise ha parlato a lungo del dualismo e dell'antagonismo tra il popolo dei Sanniti e quello dei Romani.
Livio ci ha raccontato di un Sannio composto da vari villaggi e tribù e che il popolo era composto da rozzi montanari.
Un giudizio, questo, che rappresentava e presentava questa popolazione come lontana dalla civiltà.
Anche Mommsen, nonostante si trovasse di fronte ad un importante teatro a Boviano, disse che si trattata di un manufatto di epoca romana, cosa che non era vera.
Così anche Salomon aderisce nel racconto sui sanniti ad una storiografia filoromana.
Nessuno vuole sminuire Roma, ha detto De Benedictis, ma bisogna che il confronto con Benevento venga portato a verità anche perché i sanniti erano in realtà come gli spartani, legati al principio della libertà ed applicato nel Sannio attraverso una forma di democrazia, forse anche eccessiva.
Non si dimentichi ancora, ha detto De Benedictis, l'elogio del vino sannita, un prodotto peraltro di non facile realizzazione, del IV-V secolo a.C., un elogio che dimostra anche la grande organizzazione del popolo sannita.
La cultura di questo popolo è stata cancellata in maniera nazista a partire dall'atteggiamento di Silla.
Ma la colpa dei Sanniti qual è?
Probabilmente quella di non aver mai accettato Roma.
A questo punto è toccato a Bove intervenire e lo ha fatto con un regalo reso ai presenti e presentando immagini della chiesa di Santa Sofia che non sono presenti nemmeno nel suo libro.
Si è trattato di immagini che dimostrano come si è giunti all'attuale forma della chiesa di Santa Sofia anche perché mai la costruzione è stata analizzata nella sua funzione architettonica e statica, ma come fosse un quadro.
Si lavorava sul modellamento dello spazio, ha proseguito Bove. Il vuoto è l'immagine del sacro e quello spazio evoca la divinità.
Quindi Bove ha messo a nudo, aiutandosi con delle slide messe in onda dalla sua collega ed assistente, Rosella D'Uva, le incoerenze tecniche poste in essere dal sovrintendente Rusconi negli anni Cinquanta che ha in pratica ha demolito tutto ciò che non combaciava con le sue teorie.
Anche gli affreschi sono stati tagliati e questo vuol dire che in precedenza i muri della chiesa erano più alti di almeno due metri.
Forse la chiesa era tutt'uno con il Martirium che ospitava le reliquie. Anche il chiostro non ha una strategia con i pulvini ed i capitelli che sembrano essere stati posizionati a caso, in maniera emergenziale.
A chiudere i lavori è stato l'arcivescovo Felice Accrocca, il quale ha evidenziato come i contributi resi dai vari relatori abbiano adottato una linea comune che è quella di sfatare i miti ed abbattere i pregiudizi.
In pratica il sovrintendente Rusconi aveva una sua idea che voleva collocare per forza occultando, per questo, ciò che non andava secondo la sua visione.
Stasera si è fatto omaggio alla ricerca di Francesco Bove e di Carmelo Lepore sulla chiesa di Santa Sofia, una ricerca per vedere le cose come sono e non come vorremmo che fossero.
Lo stesso vale anche per le persone, ha concluso mons. Accrocca, che bisogna accettare per come sono e non come vorremmo che fossero.
Infine, l'arcivescovo ascoltando anche tutte le meraviglie prodotte dalla Chiesa beneventana di centinaia di anni fa, ha auspicato che la Chiesa odierna possa continuare a produrre cultura, quella che aiuta la gente a pensare con la propria testa imparando così a difendersi.

 

 

 

 

 

   

comunicato n.149386




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