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Benevento, 02-05-2022 18:56 ____
Finalmente affiorano dubbi e preoccupazioni, anche se parziali, su quelli che potrebbero essere i soggetti gestori dei finanziamenti per la Diga
Meno ci si interroga sui progetti da realizzare. Perche' quel tunnel Campolattaro-Ponte? Il rischio e' di subire la sottrazione di quasi tutta l'acqua e di sentirci addebitare il conto di tali opere i cui servizi sono destinati altrove. Si abbia almeno il coraggio di non venire a provocarci a Benevento come ha fatto il vice governatore Bonavitacola
di Roberto Costanzo
  

Caro direttore consentimi di richiamare il tuo articolo di cronaca della conferenza stampa dei giorni scorsi nella sede di un partito (Partito Democratico ndr) sulla Diga di Campolattaro.
Ti ringrazio di aver ricordato che almeno qualcuno da vari anni sta provocando gli amministratori locali e la classe politica provinciale e regionale a fare qualche riflessione critica sui propositi della Regione per l'utilizzo delle acque raccolte nell'invaso sul fiume Tammaro.
Provocazioni per due anni senza risposte.
Il clamoroso annuncio che venne a farci nell'estate del 2020 all'Auditorium Sant'Agostino, il governatore De Luca, con la promessa di 480 milioni di euro fu applaudito da tutti, ma non dal sottoscritto che da allora ha preferito la parte del bastian contrario, con vari dubbi non sulla consistenza dei finanziamenti promessi ma sulla destinazione degli stessi.
Oggi, in conseguenza del discorso fatto qualche giorno fa alla Rocca dei Rettori dal vice governatore Bonavitacola, in alcuni ambienti politici si aprono finalmente dubbi e preoccupazioni su quelli che potrebbero essere i soggetti gestori di quei finanziamenti più che sui progetti da realizzare.
Chi deve fare cosa, ma non cosa si vuol fare.
Due anni fa, con il governatore De Luca e recentemente con il vicegovernatore Bonavitacola, si è parlato oltre che di finanziamenti anche di ipotetici vantaggi per il Sannio, senza porsi dubbi sul progetto del tunnel Campolattaro-Ponte; dubbi sulle competenze del Consorzio di bonifica Sannio-Alifano; dubbi sugli incerti benefici ottenibili dai territori del medio Calore (a cominciare dal Comune di Benevento) e dell'area del Tammaro; dubbi sul rischio di subire la sottrazione di quasi tutta l'acqua, e nel contempo di sentirci addebitare il conto di tali opere i cui servizi sono destinati altrove.
Grosso modo questi dubbi e richiami ho ripetuto nel mio intervento introduttivo al Convegno del 23 aprile scorso, a Morcone sul tema: "Invaso del Tammaro. Esigenze dei territori. L'impegno delle istituzioni".
Era prevista anche la partecipazione dei nostri amministratori regionali, i quali per ragioni varie non si sono presentati.
Peraltro nessun giornale ha parlato di quel convegno che pure è stato animato e dibattuto con grande attenzione del pubblico presente.
Anche per questo vorrei pregarti di pubblicare su "Gazzetta" il testo del mio intervento, che non passerò ad alcun altro giornale.
Ecco il mio discorso di Morcone: "Potrei cominciare da lontano, dagli anni '50, quando si iniziò a parlare di dighe: sul Titerno a Civitella Licinio, sull'Ufita ad Apice e sul Tammaro a Campolattaro.
Furono programmate non tanto per risolvere problemi delle aree in cui sarebbero stati costruiti gli invasi ma per altre esigenze. Esigenze di ordine idrogeologico, soprattutto per evitare allagamenti e dissesti a valle, come l'alluvione che colpì la città di Benevento nell'ottobre del 1949.
Da un paio d'anni stiamo assistendo, un po' increduli ed un po' compiacenti, ad un'operazione condotta dalla Regione, che tende a lasciare al Tammaro tutti i costi ma con scarsissimi benefici. Ed, inoltre, con la beffa che vengano attribuiti e addebitati a questo territorio anche i finanziamenti decisi per fare le opere necessarie a trasferire l'acqua a valle, molto lontano dall'invaso.
Quindi il Tammaro, oltre ad essere un donatore diventa anche un debitore.
Ne tengano conto gli amministratori locali, che a volte non sembrano sufficientemente insoddisfatti o addirittura si mostrano appagati da qualche piccolo sussidio volto a finanziare soltanto dei coloriti contorni di un menù di ben altri contenuti e dimensioni.
Detto questo, e mi scuso dell'aggressività, io vorrei collegare e confrontare quanto si è detto ieri, da parte del vicepresidente della Regione all'incontro alla Rocca dei Rettori, con quello che fu detto nel mese di luglio del 2020 all'Auditorium Sant'Agostino direttamente dal presidente De Luca.
Ecco i titoli di alcuni articoli di quell'evento del 2020: "Diga di Campolattaro, investimento strategico" appunto strategico, ma per chi?
Non certamente per i Comuni del Tammaro... Ed ancora "Il Consorzio di bonifica aggiorna la mappa": Quale mappa, se ancora l'area di bonifica di sua competenza oggi, nel 2022, è ancora quella del 2003.
E sta appunto qui il fondamentale problema per l'irrigazione agraria, che per legge può essere fatta solo nei terreni ricadenti nell'area di competenza di un consorzio di bonifica.
Forse qualche sindaco pensa che in quest'area del Tammaro si possa fare irrigazione agraria anche in assenza di terreni classificati di bonifica e senza la presenza di un ente di bonifica. Non dica che questa situazione non possa cambiare in avvenire. Appunto in avvenire, perchè al momento con il tanto declamato finanziamento di 500 milioni nei territori del medio Calore e medio e basso Tammaro non è realizzabile alcun progetto di bonifica. Peraltro al momento non esistono progetti per questi territori, eppure ancora ieri si voleva far credere che è stata finanziata "l'opera irrigua più importante del Mezzogiorno per i prossimi trent'anni" (parole di Bonavitacola...).
Sarà pure l'opera irrigua più importante, la quale al momento, però, non interessa i terreni del Tammaro.
Il fatto vero è che ci sarà soltanto la costruzione di una condotta nascosta, e quasi clandestina, che trasferirà l'acqua dall'invaso verso il basso Calore ed il medio Volturno. Ma perchè l'impianto di derivazione è stato previsto a Ponte e non a Fragneto?
A me preme dirvi, in questa introduzione, che: Circa l'uso potabile dell'acqua dell'invaso va detto che bisognerebbe prima fare le opere di riparazione della rete idrica potabile che nel Sannio perde oltre il 50% dell'acqua che raccoglie.
Per quanto riguarda l'uso irriguo andrebbe innanzitutto individuata l'area di intervento tramite i dovuti provvedimenti della Regione (che finora non sono stati presi), ed appunto per questo il Consorzio di bonifica non ha potuto fare alcun progetto a tutt'oggi.
Quando saranno prese le suddette decisioni, ossia allargamento dell'area di bonifica e progettazione delle relative opere, ormai non vi sarà più alcuna disponibilità di quel finanziamento della Regione e del Pianop Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), di cui oggi tanto si parla.
Allora si abbia il coraggio di non venire a provocarci, a Benevento, come ha fatto ieri il vice governatore Bonavitacola (nella foto lungo corso Garibaldi contestato da alcuni lavoratori dimenticati...) dicendoci che trattasi della "Opera più importante dei prossimi trent'anni in campo idrico".
Sarà pure un'opera importantissima, che però eserciterà i suoi servizi lontano dal Tammaro.
Se i sindaci di questa zona, che sono quasi tutti della terza generazione dell'era repubblicana, sapranno essere giovani e giovanili, certamente converranno che questo territorio dispone naturalmente di risorse energetiche, idrogeologiche e rinnovabili, che non possono essere prepotentemente sottratte e sfruttate ma invece debbono essere estratte correttamente e congruamente compensate.
Ho fatto un'introduzione molto critica, un po' polemica, me ne rendo conto: critica ma non pessimistica, perché io ero e sono convinto che si può invertire la tendenza.
Però dobbiamo smetterla di piangerci addosso e di contare solo sui soccorsi dall'alto.
Nel caso specifico, l'acqua nasce nel Tammaro ed appartiene al Tammaro; la quale acqua certamente può essere trasferita altrove, ma non prepotentemente sottratta,senza risarcimenti e ristori".

comunicato n.149304




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