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Benevento, 26-12-2021 09:22 ____
Vi racconto due esperienze della mia vita di medico, tra le tante che si verificano quotidianamente, quelle di Mario Iele e di Rosa Maio
A loro accomuno il ricordo di Giovanni Fuccio con cui eravamo oramai giunti alla fine della redazione di due volumi che conterranno gli articoli pubblicati su Gazzetta. Mai avremmo pensato che questo Natale lo avremmo fatto senza di lui, dice De Lorenzo
Nostro servizio
  

Questa domenica, Peppino De Lorenzo, trovandoci nel periodo natalizio, non ricorda, come di consueto, personaggi ed episodi suggestivi della nostra comunità, ma, prendendo spunto dalle esperienze che accompagnano la vita del medico, alcune già raccolte nel suo libro "Quarant'anni tra le sbarre", si sofferma sulla necessità di ridare ossigeno ai valori dell'esistenza, allo stato, sviliti dalla realtà della vita odierna.
"I giorni natalizi rimangono sempre i più belli dell'anno e, nel clima festaiolo che, puntualmente, li accompagna, è opportuno, comunque, soffermarsi ad analizzare il periodo difficile che si attraversa.
La vita del medico è particolare portando ad essere ogni ora a contatto con la quotidiana sofferenza umana.
Il medico, per questo, rimane tale sino a quando in lui vi sia un solo alito di vita.
Su due ultime esperienze è mia intenzione soffermarmi.
Esperienze, tra le tante, che inducono alla riflessione, segnatamente in questi mesi in cui le istituzioni e simili, anche qui da noi, hanno offerto il volto peggiore.
Basta leggere, in proposito, i contenuti delle reiterate conferenze stampa tenute dalla Procura della Repubblica, frutto del lavoro certosino dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, per comprendere appieno il degrado cui si è giunti.
Nel novero dei ricordi più cari, mi sia consentito rivolgere un pensiero affettuoso a Giovanni Fuccio, indimenticabile presidente dell'Assostampa Sannita (nella seconda foto in basso).
Un anno fa, proprio nei giorni natalizi, incominciammo a predisporre la pubblicazione dei primi due volumi della collana che raccoglierà tutti i miei interventi domenicali su "Gazzetta".
Non avremmo mai ipotizzato, neanche lontanamente, che Giovanni, al Natale di quest'anno, non ci sarebbe stato più.
Pochi giorni prima della terribile diagnosi trascorremmo insieme una intera mattinata per riordinare le foto.
Poi, d'improvviso, ha chiuso i suoi giorni, ma per chi gli è stato amico sincero, il suo ricordo rimarrà sempre vivo e presente.
Con la figlia Maria Gabriella realizzerò l'ultimo impegno editoriale del quale Giovanni aveva già programmato il titolo.
Le due esperienze, una diversa dall'altra, che inducono a riflettere e considerare che la vita non sia solo e semplicemente la corsa alla gloria, sempre effimera, e ad accumulare denaro, spesso anche seguendo strade illecite, sono legate, appunto, alla vita del medico.
La prima riguarda la morte, improvvisa ed inattesa, di Mario Iele (nella foto di apertura) che molti ricordano quale collaboratore scolastico, per decenni, al Convitto Nazionale, oggi, ancora in attività di servizio, sempre della scuola, al rione Ferrovia.
Seguendo una tradizione della sua famiglia, iniziata con i genitori, che ebbi in cura sino alla morte, giovedì, 2 dicembre, è venuto a farmi, con il consueto dono natalizio, gli auguri.
Abbiamo parlato a lungo non mancando di manifestargli la mia riconoscenza per il suo comportamento che, nel corso degli anni, mi ha permesso di superare anche tante ingratitudini che, comunque, fanno parte dell'esistenza.
La mattina dopo, di buon'ora, telefonicamente, ho appreso che Mario non si era più svegliato, passando, tranquillamente, dal sonno alla morte.
Che tristezza!
Nel momento in cui la bara veniva adagiata nel loculo, mi accorgevo che qualcosa mi anestetizzava dalle emozioni che, in un breve lasso di tempo, magari per alcuni secondi, bloccava la mia stessa vita.
Un nodo in gola che cercavo di espellere senza riuscirci.
Mi sono detto: "La nostra esistenza è questa, solo questa. Spesso, tanto spesso, lo dimentichiamo".
Addio, caro Mario. Il tuo sorriso, dolce e sincero, rimarrà in me. Sempre.
La seconda esperienza che mi ha indotto alla riflessione è stata generata dalla scomparsa della mamma del collega giornalista, Luca Maio.
Non è, di certo, mia intenzione soffermarmi sulla causa che ha portato la signora Rosa (nella prima foto in basso) alla morte.
Causa strana, imprevedibile, improvvisa che, ad un tratto, mi ha indotto a ritenere di avere sbagliato diagnosi.
Eventualità, quest'ultima, possibile.
Cardarelli ripeteva che il medico bravo sia quello che sbaglia di meno.
Il dubbio mi ha tormentato per giorni.
Poi, il fatto che anche altri medici consultati si siano trovati nella mia stessa condizione mi ha infuso, si fa per dire, un briciolo di serenità.
E' sulla esistenza, però, della signora Rosa che intendo soffermarmi.
Una vita esemplare, la sua, interamente dedicata, per lunghi anni, ad assistere sua figlia Laura, sin dal giorno in cui, dopo l'iniziale gioia della nascita, fu diagnosticata una terribile malattia genetica.
Questa donna, giorno dopo giorno, ha annullato se stessa in una convivenza umanamente sublime.
Un solo scopo, senza una distrazione, uno svago, una vacanza.
Dal dolore della diagnosi senza appello, alla serenità di fare quanto più possibile per la sua Laura.
Un modello di vita che rappresenta un esempio.
Quando veniva allo studio, con mia moglie che era il medico della ragazza, si sfogava per ogni vicissitudine, ma sempre con una pacatezza senza eguali, non smarrendo, nel contempo, il sorriso sulle labbra.
Grazie, signora Rosa, per quanto ha permesso di apprendere a tanti di noi.
Ora riposa accanto alla sua Laura nella cappella di famiglia.
Ha affrontato le ultime ore di vita con tante sofferenze, ma, forse, speranzosa, in ultimo, di raggiungere l'amore della sua vita.
Queste esperienze, solo due tra le tante che si verificano quotidianamente, ci permettano almeno di modificare la corsa impazzita verso il nulla dei nostri giorni".

 

comunicato n.146147




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