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Benevento, 05-04-2019 17:54 ____
Il carcere e' solo apparentemente rieducativo e nonostante la legge del beneventano Alberto Simeone, se ne deve fronteggiare il grave sovraffollamento
Quella che oggi viene definita giustizia globale e' rappresentata da uno spazio minimo dove non c'e' neppure la riservatezza per andare al bagno. Se ne e' parlato alla Facolta' di Giurisprudenza di Unisannio per iniziativa degli studenti
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Le Associazioni Elsa Benevento ed Articolo 3, con la collaborazione della sede beneventana di Amnesty International, hanno organizzato un ciclo di Seminari per affrontare un tema antico e contemporaneo allo stesso tempo: Il trattamento dei detenuti nelle carceri, o nel carcere, come preciserà meglio Flavio Argirò, uno dei relatori.
"Carceri e giustizia" ha visto al Tavolo della presidenza Flavio Argirò, appunto, docente di Diritto Penale; Felice Casucci, docente di Diritto e Letteratura, entrambi della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi del Sannio e Serena Ucci, dottore di ricerca in Diritto Penale alla "Federico II" di Napoli.
Non ha potuto partecipare ai lavori, Carlo Longobardo, professore di Diritto Penale della "Federico II" di Napoli, predecessore di Argirò all'Unisannio.
I lavori sono stati introdotti e moderati da Thomas Silvestri, dell'Associazioni Elsa Benevento.
Argirò ha tenuto innanzitutto a precisare che i discorsi più importanti passano attraverso l'utilizzo della parola giusta e probabilmente qui al posto della parola carceri, si sarebbe dovuto usare la parola carcere, al singolare, più corretta sotto il profilo penalistico anche se parliamo comunque di un luogo di segregazione.
Argirò non ha mai nascosto la sua critica al sistema penale italiano e quindi il tema della Tavola rotonda gli ha dato anche l'occasione di esternare il suo pensiero, non sempre da "allineato" e lo ha fatto sottolineando che per indicare il carcere si usa anche la parola gattabuia, ma anche galera che dà l'idea della pene espiata tramite i lavori forzati.
Con una terminologia più moderna l'indicazione è di Casa Circondariale che serve proprio ad indicare che il luogo è circondato da mura con funzioni diverse.
Infatti, il muro protegge chi è dentro ed invece qui esso serve a proteggere la collettività dalla presente pericolosità degli internati.
Argirò ha parlato anche di quelle che lui ritiene anacronistiche restrizioni come il fatto di dover ancora utilizzare la lettera, con foglio e busta, per poter colloquiare con l'esterno, una lettera che peraltro è censurata, letta dal personale del carcere, prima di essere spedita al destinatario.
Non c'è la possibilità, ad esempio, pur con limitazioni e cautele, di utilizzare Internet o uno smartphone.
E tuttavia, ha ancora detto Argirò, questo carcere è quello che si defiisce una istituzione moderna.
L'idea forte che da un po' avanza, ma con scarso accredito, è che siccome le carceri non funzionano, allora bisogna abolirle e rinunciare a segregare i carcerati in un luogo non vivibile dove non si può esplicare la redenzione. In questo modo seguendo una direzione che, tuttavia, non vuole svilire il peso del diritto penale.
Un tentativo di sostituzione del carcere è stato fatto con la Riforma Orlando del 017 per far perdere al carcere la funzione sin qui tenuta.
L'idea era che tra quelle mura debbano finire solo i soggetti irrecuperabili.
La riforma Orlando andava appunto verso la revisione del catalogo delle pene principali, ha detto ancora Argirò.
Con il governo giallo-verde di oggi, dovevano essere emanati i decreti attuativi ma così non è stato quasi per tutto ed è rimasto quindi l'impianto ottocentesco del carcere visto che la delega del Parlamento è poi scaduta.
La riforma dell'Ordinamento penitenziario, invece, è stata realizzata ma è monca ed oggi l'ampliamento dei benefici penitenziari, ha concluso Argirò, non rappresenta un cavallo di battaglia per questa maggioranza di governo.
Serena Ucci ha esordito anticipando che con ogni probabilità a giugno sarà ospite di uno di questi seminari la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, sorella del giovane deceduto una settimana dopo il suo arresto a causa delle violenze subite.
Il trattamento dei detenuti nelle carceri italiane, ha detto Ucci, è già stato oggetto di censura da parte della Corte europea.
Nel carcere si perde il contatto con la realtà esterna. L'uomo, anche se detenuto, ha però stessi diritti fondamentali di tutti gli altri suoi simili.
Ed è dunque di assoluta urgenza trattare l'argomento del sovraffollamento nelle carceri.
A proposito del trattamento dei detenuti serena Ucci ha raccontato la storia di Stefano Cucchi, il geometra trovato in possesso di droghe e deceduto a causa della sua detenzione nella caserma dei Carabinieri dove ha subito violenza.
Forse anche grazie a questo caso, che tanto clamore ha fatto in Italia, il tema della detenzione, del sovraffollamento e della violenza, sono tornati di grande attualità.
Per giungere a quella che è definita funzione rieducativa per un detenuto, non possono essere disattesi tanti ed importanti argomenti.
Nonostante la restrizione in carcere, il detenuto non perde tutti i suoi diritti fondamentali anche perché bisogna tendere al suo reintegro nella società, ha ancora detto Ucci.
E l'ostacolo al processo di reintegrazione a volte dipende anche dallo stato di condizione in cui si sconta la pena.
Oggi il carcere è solo apparentemente rieducativo e nonostante la legge Simeone (la norma prende il nome dal parlamentare beneventano, Alberto Simeone, che ne fu primo firmatario) si va avanti fronteggiando come si può il sovraffollamento.
Ucci ha anche detto, a conclusione del suo intervento, che i nostri Istituti di pena sono fatti per assicurare 46mila posti ai detenuti mentre essi sono quasi 60mila.
Felice Casucci ha confermato che anche con la sua cattedra di Diritto e Letteratura, attiva dal 2007, si è occupato quasi sempre di queste vicende.
Bisogna pertanto ripartire dai temi di giustizia anche perché quando si parla di essa, della giustizia, bisogna innanzitutto conoscerla.
Ed allora, ha detto Casucci, non si può equiparare una fattispecie di reato contro la pubblica amministrazione con altri e più importanti reati.
La verità è che l'intento è quello di soddisfare solo lo stomaco con cui pensa la gente e non con la testa.
E quindi spesso la sensazione di chi è detenuto è che nei suoi confronti lo Stato attui solo una vendetta.
Il caso Cucchi, ha detto Casucci, è una pagina vergognosa e quotidiana delle nostre carceri.
Casucci ha poi ricordato il bel film di Nanni Loy "Detenutio in attesa di giudizio" interpretato da Alberto Sordi, un film che è l'emblema dell'ingiustizia.
Non potete immaginare di cosa parliamo, ha detto Casucci rivolto ai giovani allievi universitari, ma sappiate che può succedere a tutti (Casucci è stato toccato dalle procedure della giustizia e quindi ha parlato anche per esperienza personale).
Quando attacchi l'individuo senza garanzie, perdi una parte considerevole della tua democrazia, bisognerebbe ricordare a chi tiene davanti a sè un indagato o un imputato.
E' la fase preliminare di un procedimento penale, ha detto Casucci, la parte forse più delicata e che contribuisce ad affollare le carceri con la detenzione preventiva.
Per una banalità ti possono anche confiscare tutti i tuoi beni.
Poi, dopo dieci anni, quando sarai assolto con formula piena, come è successo a me, che te ne fai di questa assoluzione?
Quella che oggi viene definita giustizia globale è rappresentata da uno spazio minimo dove non c'è neppure la riservatezza per andare al bagno.
Il nostro reato gravissimo è il disinteresse, ha concluso Casucci.
Eppure bisogna essere attenti perché se non si tutela la fase preliminare del processo penale, si finisce in carcere anche perché qualcuno, forse, non ha letto bene le carte.
Senza la morale il diritto non ce la fa più.
Ha ragione il mio maestro, Pietro Perlingieri.
Il seminario di studio si è chiuso con un ringraziamento di Umberto Falco, presidente dell'Associazione universitaria Articolo 3, e con un arrivederci al prossimo appuntamento.

Le foto sono di "Gazzetta di Benevento". Riproduzione vietata.

 

 

 

comunicato n.121304




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