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Benevento, 05-02-2019 08:27 ____
Piero Mancini torna a parlare di accoglienza e lo fa rispondendo alla lettera scrittagli da Gianluca Martone
Evidenzio il pericolo che tutti noi corriamo, per la nostra civile e pacifica convivenza, a causa del livore e del tanto odio che quotidianamente viene seminato a piene mani
Redazione
  

Piero Mancini (foto) torna a parlare di accoglienza e lo fa rispondendo alla lettera scrittagli da Gianluca Martone.
"Caro direttore - si legge - ho appena terminato di leggere una nota contraddittoria, piena di gratuito livore e anche risibili accuse verso la mia persona, ad opera del giornalista Gianluca Martone, fino ad ora a me ignoto.
Cerco di essere sempre una persona razionale e rispettosa, per questo non scendo mai al livello di chi, improvvidamente, si lascia andare a manifestazioni di pensiero che cozzano con il vivere civile.
Chiamato in causa, con modi maldestri, superficiali oltre che sconclusionati, sono costretto a intervenire  per far chiarezza su alcuni punti.
Primo, la nostra Costituzione ripudia la guerra per la risoluzione delle controversie internazionali.
Naturalmente per salvaguardare l'integrità del Paese difende militarmente i confini in caso di aggressione armata da parte di eserciti nemici.
I migranti sono disperati, non armati e vengono in pace.
Secondo, pur non conoscendomi affatto afferma, in evidente contraddizione, con grande sicurezza, oltre che in modo gratuito, che il sottoscritto sia "figlio della nefasta ideologia sessantottina".
Evidenziando che la stragrande maggioranza dei protagonisti di quell'anno, che ancora terrorizza il giornalista, abbia abiurato dopo pochi anni, figuriamoci se possa io essere indicato come figlio.
Per dare al giornalista, che in questa nota mostra vistose lacune proprio nella delicata professione, completezza informativa, sottolineo in modo schematico che invece ho fatto parte del Movimento del '77.
Un Movimento non dei figli della borghesia, come il '68, ma composto di precari, non garantiti si diceva, inoccupati e emarginati sociali.
Per quanto riguarda i gravissimi problemi irrisolti delle popolazioni terremotate, non deve rivolgere le sue immotivate e risibili accuse al sottoscritto.
Trattando la lettera aperta a don Nicola De Blasio di altre problematiche, non aveva la possibilità di poterli citare.
Colgo l'occasione per esprimere al tal riguardo il mio modesto pensiero.
Tutta la nostra classe dirigente è colpevole.
Iniziando dal Governo Berlusconi-Lega Nord, che ha mostrato il peggio dopo il terremoto de L'Aquila, terremoto non citato dal giornalista.
Il governo del Pd ha evidenziato il peggio nei terremoti successivi, Umbria e Marche.
L'attuale lo sta già dimostrando per i terremotati siciliani.
Pertanto, è l'attuale governo che bisogna sollecitare per la risoluzione dei gravi problemi causati dal terremoto e non il sottoscritto che non ha potere alcuno.
Nella lettera aperta a don Nicola, diversamente da quanto scritto dal giornalista, non ho fatto il nome di Salvini, di cui tanti cattolici hanno un pericoloso e sfrenato culto della personalità tanto da non seguire le indicazioni del Papa.
Cosa che mi ha spinto a scrivere ciò che tanto ha irritato il giornalista.
Non ho fatto il nome di alcun politico esponente di Governo, evidenziando solo il pericolo che tutti noi corriamo, per la nostra civile e pacifica convivenza, per il livore e il tanto odio che quotidianamente viene seminato a piene mani.
Non ho diviso le responsabilità di ciò, perché ritengo colpevole il governo intero e perfino il ministro dell'Interno del passato governo, Minniti, che ha pure iniziato impropriamente a indossare le divise e a far approvare leggi e provvedimenti nel cui solco oggi si muove Salvini.
Per ulteriori informazioni, si rende noto al giornalista, che il sottoscritto non ha mai parlato di terremotati, per utilizzarli in modo strumentale in polemiche vergognose.
Trovo tutto ciò di pessimo gusto. Moralmente e umanamente povero.
Dopo il terremoto dell'80, che colpì la nostra regione, mi recai, insieme a delle amiche, per prestare soccorso a Teora, un piccolo paese dell'alta Irpinia.
Sotto la neve e al gelo, per tre mesi ho assistito quelle popolazioni duramente colpite: più di 110 morti con il 90% del paese distrutto.
Pur ammalandomi di polmonite, la ricordo come una delle migliori e formanti esperienze della mia vita.
Ho compreso cosa sia la vera solidarietà umana, nelle più avverse condizioni.
Essendo ateo, penso che Tommaso D'Aquino sia stato un buon filosofo, come tanti, per questo è scorretto e offensivo da parte del giornalista il solo pensare che io possa accusarlo di essere un filosofo razzista.
Ha vissuto in un periodo in cui la guerra era pane quotidiano, in cui si era pieni di nemici. Ma oggi questa distinzione è puerile.
I migranti inermi sono nemici su cui sparare?
Visto che lo slogan prima gli italiani ha un largo seguito vuol forse dire che tutti gli altri popoli sono nostri nemici?
Esiste poi il popolo italiano nella sua omogeneità. Esiste un dna unico e indistinto per tutta la popolazione? O forse che nel nostro Stato, da sempre, convivono più etnie con propri costumi, lingua e tradizioni?
I tirolesi, i ladini, i catalani in Sardegna e la minoranza albanese in paesini calabresi, pugliesi e perfino in Campania?
Perché questa stupida ricerca di un nemico ad ogni costo?
Perché e a chi giova, seminare tanto odio verso la pelle di un diverso colore?
Ricordo che le ossa umane più antiche sono state trovate in Africa e che per imporre con la forza la superiorità razziale sono stati provocati crimini e milioni di morti.
I nostri figli e i figli dei migranti, in quanto appartenenti al genere umano, hanno gli stessi diritti: quelli di vivere in pace e con dignità.
Per questo, invece di perdere tempo e danaro a fare una inutile e dannosa guerra ai migranti, in contrasto con il diritto internazionale e la dichiarazione dei diritti fondamentali delle persone, il governo farebbe cosa utile e buona a occuparsi di più dei terremotati".

comunicato n.119630




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