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Benevento, 03-02-2019 09:43 ____
Cosa non darei per rivedere quel capannone de "La vuola o non la vuola?", posizionato in piazza Orsini e riportare le ceste in quello sgabuzzino
Due volte all'anno compariva tra i ruderi della guerra rimanendovi per diverse settimane. Io ci andavo con mio zio Anacleto e non tornavo mai a casa a mani vuote, racconta Peppino De Lorenzo. Tra i premi anche una preziosa bici Doniselli
Nostro servizio
  

Peppino De Lorenzo, questa volta, ricorda la lotteria a premi che, negli anni del secondo dopoguerra, ospitata in un grosso capannone, faceva, due volte l'anno, la sua comparsa, tra i ruderi degli eventi bellici, in piazza Orsini.
La stessa era ai più conosciuta con un particolare appellativo, "La vuola o non la vuola?".
Ecco quanto De Lorenzo scrive in proposito.
"La nostra città annovera tanti ricordi legati agli anni del dopoguerra, quelli della ripresa, per intenderci, alcuni già da noi ripercorsi.
Era un periodo particolare in cui, da parte di tutti i beneventani, non mancò la volontà di adoperarsi, nei più variegati settori, al fine di lasciare alle spalle le terribili esperienze della guerra. In ciò, egregiamente, aiutati dai rappresentanti istituzionali del tempo.
Per questo, rievocando, oggi, quegli anni, qualche evento, fors'anche insignificante, assume un valore ed un senso inconfondibili.
Due volte all'anno compariva, rimanendovi per diverse settimane, in piazza Orsini, ove residuavano i ruderi dei bombardamenti, un capannone, di grosse dimensioni, che ospitava, puntualmente ogni sera, sino ad ora tarda, un gioco, una specie di lotteria a premi, a tutti noto con il nome "La vuola o non la vuola?".
Appellativo, quest'ultimo, generato dalla particolare frase che il titolare, conduttore del gioco, posizionato al centro del capannone e circondato da premi di ogni genere, esposti su enormi scaffali, ripeteva, rivolto al vincitore, per invogliarlo ad accettare l'offerta. L'entità del premio era legata al punteggio raggiunto.
A sera, in quei giorni, per tanti beneventani, l'arrivo di quel capannone costituiva un piacevole diversivo considerando che, all'epoca, non vi erano le odierne distrazioni.
Mio zio Anacleto, essendo io l'unico nipote, tra l'altro in età adolescenziale, mi portava con lui, ogni sera, in piazza Orsini.
Era un divertimento enorme anche perché, da parte dei  presenti, vi era una viva partecipazione.
Il ritorno a casa non era mai a mani vuote.
Tutto ciò allietava la mia esuberanza in quanto mio padre, caratterialmente diverso dallo zio, non mi avrebbe permesso, con la rigidità di un tempo, di partecipare a giochi del genere.
Tra i premi, anche la prima bicicletta avuta.
Una Doniselli che, all'epoca, per il costo, era una sparuta minoranza di ragazzi a poterla possedere. Poi, tante ceste, di forte fibra, che contenevano squisitezze alimentari, rare per gli anni del dopoguerra.
Una di queste l'ho sempre conservata (foto) ed è rimasta intatta, non sciupata, nè scolorita. Ancora oggi, la custodisco, gelosamente.
Quelle ceste, negli anni in cui in piazza Orsini arrivava il capannone de "La vuola o non la vuola?", pian piano, sostituirono tutte quelle vecchie che la nonna aveva in uno sgabuzzino, attiguo alla cucina, in cui conservava anche cose inutili, ma indispensabili per lei.
La nonna era bella, tanto bella.
Aveva gli occhi scuri, vivi, indagatori ed i capelli candidi. A sera, rimaneva alzata sino a tardi, intenta alle faccende domestiche. Aveva le mani d'oro e sapeva preparare ghiottonerie indimenticabili.
Cosa, oggi, non darei per rivedere quel capannone de "La vuola o non la vuola?", posizionato in piazza Orsini, e riportare le ceste in quello sgabuzzino!
Come me, ognuno, presumo, ha un suo angolo della casa che gli appartiene più degli altri e lì concentra il suo pensiero quando ha necessità di un momento di tregua.
Ecco perché, nel ricordare il capannone de "La vuola o non la vuola?", vedo gli anni legati a quella casa, con la famiglia a tavola, l'alternarsi di pietanze e fiumi di discorsi.
Il mio inquilino che, allo stato, occupa quell'appartamento, in cui, tra l'altro, venni al mondo, mi ha sempre invitato a rivederlo. Tuttavia, malgrado incuriosito, ho sempre evitato di farlo.
Infatti, non sarebbe più lo sgabuzzino di allora.
E' anche vero che, sarà, forse, perchè le cose belle siano sempre così fuggevoli, che se, talvolta, capita di rivederle, non sono più quelle.
Del resto, l'esperienza dimostra che non bisogna tornare sul posto ove si è stati felici.
Rimane così il ricordo della Benevento di quel tempo, intimamente legato alla infanzia, la mia luminosa, tenera, misteriosa infanzia.
Anni in cui si viveva con semplicità e bastava l'arrivo del capannone de "La vuola o non la vuola? per rendere noi tutti felici".

comunicato n.119588




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