Portale multimediale d'informazione di Gazzetta di Benevento

 

stampa

letto 6415 volte

Benevento, 23-04-2018 20:31 ____
Per otto anni mi sono rifiutato di ascoltare le prediche di questo vescovo poi un giorno tutto cambio' dinanzi a due frise bagnate nell'acqua...
Commemorata la figura di don Tonino Bello dal suo medico curante Mimmo Cives e dal vescovo emerito d'Ivrea monsignor Luigi Bettazzi, uno degli ultimi padri conciliari. Racconto fortemente emozionale al Centro "La Pace"
Nostro servizio
  

Sala gremita al Centro "La Pace" per ascoltare l'emozionante racconto della vita e, dunque, della testimonianza terrena di don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, morto 25 anni fa ed oggi in odore di santità.
Questa commemorazione l'ha voluta l'arcivescovo, monsignor Felice Accrocca, che ne aveva accennato a Papa Francesco alla sua visita a Pietrelcina.
L'evento si è svolto in due momenti.
Questa mattina, al Seminario Arcivescovile (ne parliamo in basso con un intervento di monsignor Pasquale Maria Mainolfi), un momento dedicato ai religiosi.
Nel pomeriggio, al Centro "La Pace" di don Emilio Matarazzo per un incontro aperto a tutti.
Monsignor Accrocca, nel presentare l'evento ha parlato di una giornata molto intensa e ricca di riflessioni per fare memoria di un'esperienza cristiana ma anche per prendere coscienza e ridisegnare un volto nuovo di Chiesa di cui ci si chiede cosa sia e cosa dovrebbe essere.
Da un uomo di Dio, don Tonino Bello, le risposte.
A parlare di questo vescovo, sul tema: "Un volto nuovo di Chiesa", due testimoni che lo hanno ben conosciuto: monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito d'Ivrea, già presidente di Pax Christi e Mimmo Cives, medico, che assistette don Tonino nel corso della sua malattia.
Ed è stato proprio il suo medico ad avviare la testimonianza con un racconto molto emozionante, per certi versi struggente ma illuminato costantemente da un percorso di Fede che mitigava, ma non eliminava, il dramma di un uomo che ha lottato contro una malattia terribile che gli procurava dolori tremendi e lancinanti in tutto il corpo.
Quando si parla di don Tonino Bello si parla con il cuore e ad esso non si comanda questo per dire che avrebbe certamente sforato i venti minuti del suo intervento affidatigli dal vescovo.
Pensava, anzi confidava, il dottore, forse nella compiacenza dell'arcivescovo che invece, col sorriso ma gli ha detto: Allo scadere del tempo la bloccherò io, stia tranquillo.
Ricordo con dolore e nostalgia, ha ripreso Cives, il distacco da don Tonino e ne soffro quando tanti episodi ritornano alla memoria.
Il medico ha cercato di giustificare in qualche modo la nascita della loro forte amicizia ma senza riuscirci.
Arriva il momento in cui, ma non si perché, due vite si intrecciano e don Tonino mi disse: Siamo due rette parallele ma ci incontreremo nell'infinito, in Dio.
Fu in quel momento che gli dissi: Vescovo, insegnami a pregare.
E ben presto la simpatia si trasformò in amicizia e fu estremamenmte serio.
Tutto ebbe inizio con una "conviviale" (le virgolette sono azzeccate e poi si leggerà il perché ndr).
Più volte i miei amici e conoscenti mi avevano invitato ad ascoltare le prediche di questo vescovo ma io mi rifiutai sempre di andare in Cattedrale ad ascoltare le sue omelie.
Ne stetti lontano per ben otto anni.
Si tratta certamente dei soliti sermoni, dissi, forse confezionati semplicemente in tono più patetico...
Da allora ho compreso che non bisogna mai trarre considerazioni partendo da pregiudizi.
E così veniamo al suo invito a pranzo.
Restai turbato, favorevolmente turbatro: Il vescovo che invita me...
Lo dissi a mia moglie che cercò di trattenermi ricordandomi che al suo pranzo c'erano i cannelloni.
Andai dal vescovo.
Tavola imbandidata con piatto di plastica, bicchiere e posate idem. Pensai: Ora arriveranno le suore che porteranno ogni ben di Dio.
Ed invece entrò lui, don Tonino, che aprì un bustone di carta di quelli che si usano per la farina e quasi vi scomparve dentro cercando sul fondo di esso.
Riuscì con due frise (le nostre freselle secche che utilizziamo per le bruschette ndr...) che mise subito a bagno nell'acqua.
Poi un pomodoro ed un po' d'olio e mi chiese: Mettiamo anche un po' d'origano.
Abbondiamo, dissi divertito...
Stavo per dire che non mi piacevano tanto e pensavo ai cannelloni lasciati a casa ma lui mi disse: Guarda che tanta gente muore ogni giorno di fame e di sete perché a tavola non ha di che mettere nemmeno del pane raffermo.
Queste sono le prove della convivialità e delle differenze che in definitiva significano: Pace.
Ai poveri, peraltro, mi disse don Tonino, non è vero che si dà quello che avanza dalla tavola.
Questi, ha detto Cives, sono stati i primi tempi ed i momenti più belli trascorsi con don Tonino.
Poi sono venuti i lunghi periodi della malattia.
Nell'Episcopio già non riusciva a muoversi più e proprio per questo nella sua stanza fece mettere in ogni angolo il volto della Madonna per modo che qualunque posizione egli assumesse, la poteva osservare.
Quando mi chiamò cercò di rincuorarmi e lui a me disse: Hai fatto di tutto ma davanti alla volontà di Dio bisogna solo mettere fiori freschi...
Io che mi diletto di giocare al calcio, gli promisi che ogni gol che avrei fatto lo avrei dedicato a lui.
Gli ultimi periodi comunicavamo con il batter delle palpebre.
Quel giorno, l'utimo, giunsi in Episciopio e lo trovai veramente alla fine.
Gli dissi: Don Tonino devo tornare urgentemente a casa ma non ci metto molto.
Tu dammi la parola di vescovo che mi aspetti.
Mantenne la promessa.
Dicemmo insieme una preghiera ed egli intrecciando le dita delle mani le posò con forza sul mio collo facendosi forza per alzarsi: Non volle pregare sdraiato.
Mentre pregavamo lo sentii irrigidito e spirò.
In quel momento l'unica cosa che sono riuscito a fare è stato sferrare un pugno sulla porta per scaricare la rabbia, il dolore.
Non ho vergogna a dire che per circa due anni ho avuto un'aritmia al cuore.
Ora, io prego vicino al quadro della Madonna delle Grazie che fu l'ultima cosa che egli vide.
Il racconto del dottore finisce qui ma la tensione e l'emozione no, quella è rimasta nel silenzio del vasto pubblico che ha scoltato commosso.
A rompere questo momento difficile ed intenso ci ha pensato lo stesso arcivescovo Accrocca che ha invitato delle suore che stavano in piedi ad accomodarsi in prima fila dove c'erano ancora dei posti liberi.
Le suore però per ritrosia non hanno aderito all'invito del vescovo che insistendo ha detto: Insomma fatelo almeno per il voto dell'obbedienza...
E così le suore si sono sedute in prima fila ed il racconto è ripreso con l'ironia eccezionale di monsignor Bettazzi che ha detto di non aver predisposto nessun discorso scritto, avrebbe parlato a braccia.
Lo stesso gli capitò in un paesino della sua Diocesi e gli fu detto: Non si preoccupi monsignore, parli pure a vanvera...
Monsignor Bettazzi ha raccontato di quando a don Tonino venne offerta la presidenza, che era stata sua, di Pax Cristis, una presidenza votata all'unanimità e fu allora che mi dissero: Fai in fretta se lo vuoi come presidente perché lo vogliono tutti.
Poi mons. Bettazzi, uno degli ultimi padri conciliari, classe 1923, ha anche detto: Non voglio parlar male dei vescovi, ma non sono stati in tanti ad andarlo a trovare a monsignor Tonino Bello.
Io sono stato con lui nel momento della sua morte.
Era un uomo che voleva molto bene ai poveri perché forse glielo aveva insegnato la mamma, quella mamma accanto alla quale ha voluto essere seppellito, a terra.
La Chiesa è un fermento per stare nel mondo ed essere il lievito di Dio.
Lui aveva questa attenzione, lo spirito di servizio all'interno della Chiesa e degli altri.
Nella cappellina del vescovado, ha concluso mons. Bettazzi, don Tonino aveva un tavolino dove scriveva i suoi discorsi: Scriviamo a quattro mani, mi disse, due sono le mie e due sono le sue.
Sin qui il vescovo emerito.
Sollecitati dall'arcivescovo monsignor Accrocca si è poi sviluppato con il contributo della sala (era presente anche il vescovo di Avellino, mons. Arturo Aiello) un interessante dibattito con il quale si è conclusa la serata.
Relativamente all'incontro della mattinata, così lo descrive monsignor Pasquale Maria Mainolfi.
"Lo scorso 17 marzo Papa Francesco ha visitato l'olmo delle prime stimmate di Padre Pio in Piana Romana a Pietrelcina.
Il 16 aprile una ventina di vescovi della Conferenza Episcopale Campana hanno visitato i luoghi più significativi della città di Benevento.
Il 20 aprile il Papa si è recato ad Alessano (Lecce) presso la tomba di monsignor Tonino Bello "Vescovo degli ultimi" nel 25° anniversario della morte e poi a Molfetta (Bari) dove il "Pastore della pace e della misericordia" svolse il ministero episcopale, divenendo anche presidente di Pax Christi.
E' in corso la causa di beatificazione del vescovo della pace e del disarmo.
Il vescovo più straordinario e popolare che la Chiesa abbia avuto dopo il Concilio Vaticano II.
Grande esploratore di felicità.
Brillante scrittore e oratore. Maestro impareggiabile della “Chiesa del grembiule” che sceglie il primato del servizio e della carità.
Lunedì 23 aprile, nella mattinata al Seminario Arcivescovile per sacerdoti e diaconi permanenti e, nel pomeriggio, al Centro La Pace per i laici, si è svolto un convegno per presentare la figura poliedrica del vescovo Tonino Bello.
Sono stati i vescovi della Metropolia Beneventana a volerlo e programmarlo: il metropolita Felice Accrocca, il vescovo di Sant'Angelo dei Lombardi Pasquale Cascio, il vescovo di Avellino Arturo Aiello, il vescovo di Cerreto Sannita Domenico Battaglia, il vescovo di Ariano Irpino Sergio Melillo e l'Abate di Montevergine Riccardo Luca Guariglia.
Un evento che favorirà l'incontro dei presbiteri del Sannio e dell'Irpinia.
Due gli interventi significativi: Quello di monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e già presidente di Pax Christi e quello di Mimmo Cives, medico di don Tonino Bello, stroncato da un cancro a soli 58 anni.
Monsignor Antonio Bello si firmava "Don Tonino" e così tutti affettuosamente lo chiamavano.
Nato il 18 marzo 1935 ad Alessano (Lecce) nella Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, figlio di un maresciallo dei Carabinieri e di una casalinga.
A 18 anni approdò nel seminario dell'Onarmo a Bologna, conseguì la licenza in Sacra Teologia a Milano presso la Facoltà Teologica dell'Italia settentrionale.
Ordinato sacerdote l’8 dicembre 1957 dal vescovo di Ugento, monsignor Giuseppe Ruotolo, educatore e professore nel seminario di Ugento.
Conseguì il dottorato in Teologia Dogmatica nel 1965 presso la Pontificia Università Lateranense, con una tesi su "I congressi eucaristici e il loro significato teologico e pastorale".
Per 22 anni vicerettore del seminario diocesano di Ugento, fu anche assistente dell'Azione Cattolica e, quindi, vicario episcopale per la pastorale diocesana, amministratore della parrocchia Sacro Cuore di Ugento e parroco di Tricase. Il 10 agosto 1982, a 47 anni, fu nominato vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi da Papa Giovanni Paolo II.
Consacrato vescovo il 30 ottobre 1982 da monsignor Michele Mincuzzi.
Nel 1985 la Conferenza Episcopale Italiana lo indicò come successore di monsignor Luigi Bettazzi nel ruolo di guida di Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pace. Intervenne contro il potenziamento dei poli militari di Crotone e Gioia del Colle e contro l'intervento bellico nella Guerra del Golfo.
Operato di tumore allo stomaco, il 7 dicembre 1992, partì insieme a 500 volontari da Ancona per raggiungere Sarajevo, da diversi mesi sotto assedio serbo a causa della guerra civile, per chiedere pace.
Morì a Molfetta il 20 aprile 1993.
Il 27 novembre 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi ne ha avviato il processo di beatificazione.
Assorbì nella Chiesa bolognese una profonda pietà eucaristica e una grande devozione mariana avvertita fin dalla tenera età.
Pietà eucaristica e devozione mariana che non si consumarono in una sterile "spiritualità dell'interiorità" ma, trapassando il cuore, si trasformarono in passione per Dio e per il mondo: Pati divina et pati humana.
Una "passione" per Dio e per l'uomo che è Eucaristia vissuta nella carne e nel sangue e, come Maria, offerta nel silenzio e nella dedizione di un servizio che non conosce soste, non si risparmia e supera ogni ostacolo e ogni barriera. Una tensione spirituale non improvvisata ma maturata nel silenzio della preghiera, in ore di adorazione davanti al tabernacolo e nella Celebrazione eucaristica.
La fame e sete di giustizia e l'attenzione al mondo del lavoro, apprese sempre a Bologna, accanto al cardinal Giacomo Lercaro, pastore illuminato e passionale, socialmente impegnato, grande amico ed estimatore di Padre Pio da Pietrelcina.
Fratello di tutti e specialmente dell'umile gente.
Autore di lettere infuocate. Sincero ed umano. Tutti gli dissero di non esagerare, di essere prudente.
Gli stessi confratelli lo giudicarono un esaltato, la stessa gerarchia non lo comprese, lo richiamò, lo isolò, per la solita necessaria invocatissima “prudenza”.
Davide Maria Turoldo lo incoraggiò e gli fu amico sincero.
Enzo Bianchi lo definì: "Mite discepolo del maestro mite, parabola vivente del Pastore dei pastori che depone le vesti per servire i fratelli, che dona la vita per le sue pecore".
Mite, umile, docile ma mai remissivo, pronto al servizio, evangelicamente audace perché non aveva nulla da difendere.
Vescovo con il grembiule. Un vescovo che profumava di popolo. Illuminato dalla lampada della pietà.
Con Giorgio La Pira era convinto che "La politica è l'attività religiosa più alta dopo quella dell'unione intima con Dio", maniera esigente di vivere l'impegno umano e cristiano al servizio degli altri.
Ho letto in questi anni tutti i suoi scritti e ne sono rimasto conquistato.
Poeta della bontà.
Incorreggibile utopista.
Profeta di una umanità nuova.
Animato da una straordinaria carica profetica.
Come tutti i profeti, fu scomodo e perciò umiliato.
Ma aveva ragione e perciò ora viene esaltato e celebrato.
Presto sarà anche beatificato".

Le foto sono di "Gazzetta di Benevento". Riproduzione vietata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

comunicato n.112174




Società Editoriale "Maloeis" - Gazzetta di Benevento - via Erik Mutarelli, 28 - 82100 Benevento - tel. e fax 0824 40100
email info@gazzettabenevento.it - partita Iva 01051510624
Pagine visitate 400897126 / Informativa Privacy